49 - Deh m’apri, o sorella (dialogo tra Gesù e l’anima amante, tratto dai sacri cantici) Sposo Deh m’apri, o sorella, la porta del core, non soffre l’amore ch’io parta da te. Ingrata mi sei, ma pur mi sei cara; deh a render impara amore ed amor. Sposa Ad una parola del Re mio diletto m’intesi nel petto il cor liquefar. Or quale contento sarebbe mai stato, se meco fermato si fosse a parlar? Vi prego, o sorelle, se a caso vedeste per queste foreste il dolce mio Ben, Deh ditegli voi che mesto il mio core languisce d’amore lontano da Sé. E se poi volete sapere chi sia chi l’anima mia d’amore impiagò, Egli è quel Signore, che porta sul volto già tutto raccolto il bello del Ciel. E’ bianco e vermiglio, sì vago è il Diletto, che Sposo più eletto tra mille non v’è. Ah dove Tu sei, amato mio Sposo? Su, dammi riposo col farti veder. Ti cerco e Tu fuggi? Ti chiamo e non odi? Io piango e Tu godi? Mio Bene e perché ? Ma fuggi, mio Caro, s’è amore il fuggire, per farti seguire, per farti più amar. Sui monti deserti ten volgi, o Diletto, là dunque t’aspetto da solo a parlar. Di sante delizie col dolce tuo odore, o dolce Signore, deh tirami Tu. Che allor dal tuo Amore legata e rapita, non sola, ma unita a Te correrò. Sposo Son fiore del campo, he a tutti mi dono, son bello, son buono; mi trova chi vuol. Son giglio di valli, m’acquista, mi prende chi al fondo discende di santa umiltà. Tu sposa mi sei un vago orticello, sì ricco, sì bello, sì caro al mio cor: Poiché ad altro amore sì chiusa ti vedo, ch’io sol ti possedo, sei tutta per me. Mi sembran dal Cielo quei frutti già usciti gli affetti graditi ch’io traggo da te. Deh più non mirarmi, che i dolci tuoi sguardi son lacci, son dardi che tiranmi a te. Già questi m’han fatto dal Cielo partire, e in terra venire per teco m’unir. Amata colomba, gradita mia Sposa, vieni, entra e riposa nel dolce mio Cor. Deh volgi a me il viso, deh parla veloce, che dolce tua voce già sempre mi fu. E grata in amore con dirmi che m’ami che teco mi brami, consolami tu. Sposa E chi voglio amare se non Te, mio Sposo? Sei tutto amoroso, sei tutto gentil. Sì dolce mi sei, e benché fascetto di mirra, nel petto pur caro t’avrò. Ma Tu che ti pasci tra candidi gigli, tra fiori vermigli di sante virtù: Tu vieni e Tu porta amante al mio core per pegno d’amore quei fiori con Te. Conforme la morte i sensi ella toglie, lasciar fa le spoglie dell’uomo terren, Sì muta l’Amore quell’anima ch’ama, e perder la brama fa’ d’ogni altro ben. Che l’anime accende, l’amore è una fiamma ed atte le rende a sempre operar. Di questo non pago, ispira il desio di far che per Dio si strugga ogni cor. Ma come all’inferno niun fuoco è bastante, neppure all’amante mai basta il suo ardor. Ecco Egli che ascoso mi scorge, mi guarda se pronta, se tarda io son nell’amor. Mi parla il Diletto: deh sorgi, mia bella; passò la procella, su vieni a goder. O cara mia sorte! Felice ho trovato lo Sposo, l’Amato, che ‘l cor mi rapì. Tu dunque, o Diletto, mio sempre sarai; non più partirai, mio caro, da me. Mi ha fatta il mio Sposo entrare già in quella solinga sua cella ripiena di vin. Ognuno m’intenda: la Cella è il suo Core, il vino è l’amore che a bever mi diè. O freddi pensieri del mondo, fuggite, né mai più venite mia pace a turbar. O spirto d’amore, quell’aura ch’è fiamma tu spira ed infiamma in questo mio cor. Sì l’anima mia al dolce spirare odor saprà dare di sante virtù. O santi desiri, o frutti d’amore, a darmi vigore venite voi su. E’ tanta la fiamma che m’arde nel seno. che l’alma vien meno languendo d’amor. Io dormo, ma il core sta desto in amare quel Ben che appagare può solo il mio cor. Che sonno felice! Che quiete! che pace! Per tutto si tace, né sento che Amor. O Spirti beati, che Dio gia godete, temer né potete di perderlo più, Mio Dio, dimmi dove riposi, e d’Amore tu pasci quel core che è amato da Te? Deh quando scoprite a me il mio Tesoro, per cui sol mi moro, sol vivo quaggiù? Ah Cielo, in te solo si svela l’Amato, e a tutti svelato Ei tutto si dà. Sposo L’amata sen dorme, deh non la svegliate, e non le turbate quel sonno d’amor. Sen giace e riposa in pace d’Amore l’amante suo core unito con me. Deh quanto quest’alma or sembra a me bella, che qual tortorella sol visse per Me! Or s’alza qual fumo che al Cielo sen vola, e tutti consola col grato suo odor. Il nobil suo core con pace penando, e fervido orando d’amore bruciò. Di quante mai gioie sen vien’abbondante quest’anima Amante che a Me sol fidò! Sorella mia sposa, il cor m’hai ferito, amante t’invito chi t’ama ad amar. Quell’un tuo desio a me di piacere, quell’umil pensiere il cor mi ferì. Deh vieni, o diletta, dal luogo de’ pianti, laddove i più amanti più penan per Me. Avrai la corona di gigli e di rose! che all’Anime Spose in premio si dà. Frattanto, o mia Sposa! s’è vero l’affetto! che vanti nel petto per Me riserbar; Io voglio che porti scolpita nel core per mano d’Amore l’immagin di Me. E mentre mi vedi trafitto e schernito, da Sposo t’invito in croce a morir.