Di Meo Alessandro redentorista

P. Alessandro Di Meo  (1726-1786) – Italia.

Il dottissimo P. Alessandro Di Meo nacque a Volturara Irpina, il 3 novembre 1726. A 18 anni, vedendo un giorno mons. Sanseverino, vescovo della vicina Montemarano, che per onore teneva la staffa del cavallo per far montare S. Alfonso, che trovavasi a passare per quella contrada, disse tra sé: «Dunque la santità è tale che esige rispetto dai medesimi vescovi? ». Ne riportò profonda impressione; vi meditò sopra…; e risolse di farsi seguace del De Liguori.

Fu subito accolto da Alfonso, e inviato al noviziato di Ciorani. Ma non fu costante, e aveva deciso di uscirsene. Stava per cedere alla tentazione , ma nel passare dinanzi ad un quadro dell’Addolorata (esposta al culto dei novizi) si prostrò ai suoi piedi per pregarla e licenziarsi, e la Madonna gli dice: «Figlio, dove vai?… se lasci la congregazione, sei certo dannato». Alessandro è atterrito; egli piange, e risponde alla Madre celeste: «Mamma mia, eccomi qua: ti voglio servire finché io vivo, e voglio amarti per tutta la eternità». E fu così: amò Maria finché visse.
Egli si trovava a contatto con S. Gerardo nel collegio di Iliceto, e ognuno sa quanto amasse Maria un tal santo fratello; e a Pagani era in contatto con S. Alfonso devotissimo di Maria… Il Di Meo copiò dall’uno e dall’altro, diventando singolare anche in questo amore.

All’amor di Maria unì il trasporto per Gesù sacramentato; e, quando aveva un minuzzolo di tempo, si portava in chiesa per adorarlo, imitando i venerabili Blasucci Domenico e Cafaro Paolo, suoi compagni, lampade ardenti di Gesù Cristo prigioniero.

Nella mortificazione dei sensi fu carnefice di sé stesso: disciplinavasi ogni giorno, e spesso facevalo a sangue. Nella mortificazione dello spirito toccò il sublime, soggiogando soprattutto l’amor proprio. Si pensi che, nonostante avesse scritto libri importantissimi, nascose sempre di esserne l’autore. S. Alfonso disse di lui: «La sua grande umiltà farà morire don Alessandro nella nostra congregazione».

La sua scienza era fenomenale: aveva una memoria formidabile, e poteva recitare a memoria un libro studiato da anni. Col suo ingegno penetrava immediatamente nel midollo delle questioni più difficili, oltre a una fibra forte e resistente ad ogni attività intellettuale.
Aveva studiato sotto la direzione di suo zio; ma passò a studiare filosofia e morale nel convitto di Montemarano. Aveva 16-17 anni, e a Fontanarosa entrò in disputa con alcuni Seminaristi. Li ammutolì in un attimo; ed essendo intervenuto il lor professore, il Di Meo avvilì anche lui.

Nel nostro studentato uno dei professori aveva idee alquanto strane; il Di Meo ne riferì al santo Fondatore, che destituì quell’insegnante; e, benché vi fossero soggetti abilissimi, come il P. Rizzi e il P. Paolo Cafaro, Alfonso deputò il De Meo a sostituirlo, nonostante fosse ancora studente.

Il Di Meo ha lasciato un’opera pregevolissima, in 12 tomi in 4°: «Gli annali critico diplomatici del Regno di Napoli nel Medio Evo». In questa storia narra le vicende dell’Italia e d’Europa tutta nel Medio Evo.
Il Di Meo non vide stampata questa sua opera immortale. Alla sua morte, i suoi manoscritti furono depositati, per ordine del Re, nella biblioteca reale, ove giacquero per un decennio. Furono poi pubblicati, col consenso e la munificenza del Re Ferdinando IV, da due suoi nipoti, Giuseppe e Pasquale Di Meo.
Il P. Alessandro aveva solo dato alle stampe un’altra opera: « L’apparato cronologico », che è la chiave degli « annali », ed è un capolavoro nel suo genere. Fu apprezzata e lodata in tutta Europa.

Nonostante il suo ingegno fecondissimo e le molte opere che lo tenevano occupato, egli non trascurò di dedicarsi al bene delle anime, adattandosi alla mentalità delle persone più incolte.

E la morte lo colpì sulla breccia: mentre predicava a Nola, fu colpito da un malessere, che, in men di un’ora, lo rendeva cadavere. Aveva 60 anni, e la sua tomba fu gloriosa per moltissimi prodigi.

P. Nicola Saldutti
S. GERARDO, anno XXIV, ottobre-novembre 1926, pp. 313, 335.

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Profilo tratto da
Nella luce di Dio, Redentoristi di ieri.
del P. Francesco Minervino, Pompei 1985

P. Alessandro Di Meo, redentorista dottissimo, nativo di Volturara Irpina (AV), al noviziato di Ciorani non fu costante, e aveva deciso di uscirsene. Stava per cedere alla tentazione , ma nel passare dinanzi ad un quadro dell’Addolorata (esposta al culto dei novizi) si prostrò ai suoi piedi per pregarla e licenziarsi, e la Madonna gli dice: «Figlio, dove vai?... se lasci la congregazione, sei certo dannato». Alessandro risponde alla Madre celeste: «Mamma mia, eccomi qua: ti voglio servire finché io vivo, e voglio amarti per tutta la eternità».

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Atro Profilo

Nato a Volturara Irpina, il 3 novembre 1726, e morto a Nola, la sera del 20 marzo 1786, Alessandro Di Meo svolse tutta la sua vita nella febbrile attività dello scrittoio e del confessionile, della biblioteca e del pergamo, per cui veniva definito dall’immortale S. Alfonso de Liguori: « Prodigio di scienza e Miracolo di santità» .
Il Di Meo scrisse « Raccolta di poesie » in lingua italiana, latina, greca, ebraica, dialettale; scrisse « Vari trattati teologici » nei quali è versato il suo profondo e acuto ingegno, che avrebbe poi, in solenni occasioni, umiliato i teologi e i dottori di grido, che lo avrebbero sfidato a battersi sui punti più scabrosi della grazia; scrisse infine « Varie cronologie » (dei Mansoni e dei Duchi di Amalfi, dell’Egira di Maometto, dei Principi di Salerno ecc.) e l’« Apparato cronologico ».
Ma brillò fulgidamente nel mare magnum della storia, così oscura e sconvolta, del Medio Evo, col suo capolavoro: «Annali Critico -Diplomatici del Regno di Napoli della mezzana età ».
Per scrivere quest’opera -di 12 tomi in folio e di 5013 pagine complessive – dovette leggere, studiare, vagliare col suo « acume critico ed il suo spirito fieramente intraprendente », come di lui scrisse Michelangelo Schipa, le raccolte di diplomi del Leibnitz, Ludwig, Lunigh, Georgisch, Reiner, Marténe… per la Germania, Francia e Italia in genere: per l’Italia in particolare Muratori, Gottola, Pagi, Manzi, Ughelli ed altri. E tutto questo sudato, paziente studio ed enorme, sfibrante lavoro non fiacca né avvilisce l’indomito carattere del Di Meo.
Dotato di prodigiosa intelligenza, egli ama le sublimi altezze della scienza; tenace di volontà, non si sgomenta di fronte alla estenuante fatica delle ricerche; forte del suo ingegno meraviglioso, non si arresta nell’ascesa dell’erta della critica storica; anzi viene coraggiosamente alle prese con gli ardui picchi delle difficoltà; le supera, e tocca finalmente – eroe vincitore – la radiosa vetta della celebrità. Per quest’opera fu chiamato, un po’ ovunque, « l’oracolo », il « portento della natura e della grazia », « la biblioteca portatile », « il dotto impareggiabile », il « genio sublime ».
Non saremmo tentati di facile entusiasmo, se S. Alfonso – così parco e misurato nei suoi giudizi – egli che fu il « Defensor fidei » del secolo XVIII – non avesse detto di lui, con frase lapidaria e scultoria: « Il P. Alessandro Di Meo è tale che fa fare l’idea della sapienza di Dio ».

Nessuna meraviglia se con insistenza e a più riprese, gli fu offerto dal grande Maresciallo Francesco Pignatelli il Rettorato dei Cadetti in Napoli, il titolo di teologo del re, l’ufficio di Bibliotecario Reale. Onori che egli generosamente rinunziò.

E questo plebiscito di consensi e di lodi non si spense nel tempo.
Il prof. Edoardo Winchelmann, della Università di Heidelberg, autore degli Acta Imperi saeculi XIII, giudica l’opera del Di Meo « indispensabile per gli storici dell’Italia del Medio Evo »; il dott. Milanesi, Arciconsole dell’Accademia della Crusca e Direttore dell’Archivio di Stato di Firenze, la dice «opera veramente dotta e magistrale »; e, per finire, il prof. Hirsch, della Università di Berlino, così scrive: « Nei miei studi sulla storia dell’Italia Meridionale, al tempo dei Longobardi e dei Normanni, mi sono sempre persuaso che gli annali del Di Meo formano la base, da cui le nuove ricerche devono cominciare per rimontare indietro e progredire. Degne di ammirazione sono la diligenza, la perseveranza, la erudizione e la critica sottile che si riscontrano in questo indagatore della storia della sua piccola patria e per le estese ricerche e per l’uso giudiziario dei documenti ».

P. Mario Loffredo
S. ALFONSO, anno 1937, pag. 127.

P. Alessandro Di Meo: profilo del volto e la statua dedicatagli al suo paese natale. - Egli visse tutta la sua vita redentorista nella febbrile attività dello scrittoio e del confessionale, della biblioteca e del pulpito per cui veniva definito da S. Alfonso: «Prodigio di scienza e Miracolo di santità».

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Altro Profilo

Uno dei primi compagni di S. Alfonso fu il P. Alessandro Di Meo, zelante missionario del Regno di Napoli, autore di molte opere ascetiche e teologiche, ricordato principalmente fra i padri della Storia Napoletana per i suoi volumi ancora oggi consultati dai dotti: «l’Apparato Cronologico agli Annali del Regno di Napoli, 1785 » pag. XVI, 428, e la grandiosa opera in 12 volumi: « Annali critico-diplomatici del Reame di Napoli della mezzana età », pubblicati in Napoli dal 1795 al 1819.

Gli Annali critico-diplomatici trattano degli avvenimenti del Regno di Napoli e Sicilia dall’anno 568 al 1202, fonte meravigliosa per la storia medioevale del Regno di Napoli, di cui particolarmente si sono giovati Bartolomeo Capasso nelle sue opere: Monumenta ad Neapolitani Ducatus Historiam pertinentia, e nella Historia Diplomatica Regni Siciliae ab anno 1250 ad annum 1265, e nelle Fonti della Storia delle Provincie Napoletane dal 568 al 1500; Michelangelo Schipa nella Storia del Principato Longobardo di Salerno; Michele Amari nella Storia dei Mussulmani in Sicilia.

Nel quadro storico letterario della cultura del Settecento il P. Di Meo occupa uno dei posti più prestigiosi, tra i nomi del Chioccarelli, Pelliccia, Mazzocchi, Caracciolo, Giustiniani, Soria, Pecchia, d’Afflitto, Carlo Troia che postillò l’Apparato cronologico del P. Di Meo conservato nella Biblioteca dei PP. Gerolomini di Napoli.

Il valore dell’opera del P. Di Meo è anche attestato dai giudizi dei dotti italiani e stranieri, come il Winkelmann, autore degli Acta Imperii Saeculi XIII, il prof. Hirsch della Università di Berlino, Bartolomeo Capasso, mons. Gennaro Aspreno Galante e molti altri dotti che presero parte alle manifestazioni indette a Volturara Irpina, patria del P. Di Meo, in occasione del secondo centenario della sua nascita (1726-1826): onoranze presiedute da Bartolomeo Capasso che dettò l’epigrafe per la lapide commemorativa apposta alla sua casa natia.

Dal quotidiano a L’AVVENIRE », 7 novembre 1940.

P. Alessandro Di Meo: gli Annali critico-diplomatici, da lui scritti, trattano degli avvenimenti del Regno di Napoli e Sicilia dall’anno 568 al 1202 e sono una fonte meravigliosa per la storia medioevale del Regno di Napoli, di cui si sono giovati successivamente molti autori. (foto Marrazzo).
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