La chiamata alla santità

La vocazione all’amore divino investe tutto il popolo di Dio
La chiamata alla santità richiede adeguata risposta

La spiritualità alfonsiana, riccamente ecclesiale e popolare, in alcun modo disattende uno dei problemi più vivi delle nostre comunità cristiane. Pur convinto che tuttala Chiesaè in una situazione vocazionale sant’Alfonso non trascura di segnalare e di approfondire le diverse espressioni della sequela di Cristo con studi e riflessioni sulla vocazione e la formazione dei preti, delle persone consacrate e dei laici.
C’è un messaggio globale del santo che investe tutto il popolo di Dio quando scrive: “Iddio vuole tutti santi, ed ognuno nel suo stato, il religioso da religioso, il secolare da secolare, il sacerdote da sacerdote, il maritato da maritato, il mercadante da mercadante, il soldato da soldato, e così parlando d’ogni altro stato” (cfr Op. Asc., vol. I, p. 793).  

La santità nei seminari
Strettamente dipendenti da questo nucleo vocazionale universale si dipanano le diverse manifestazioni e realizzazioni personali ed ecclesiali.
In tutta la sua azione di scrittore e di pastore il Liguori è entrato nel vivo della vita dei Seminari, delle comunità cristiane, degli Episcopi e di molti monasteri di Suore. È stato fondatore di una Congregazione missionaria. Veramente preziosa è la sua corrispondenza epistolare dalla quale traspare la sua profonda capacità discretiva ed animatrice.
Per i seminaristi scrisse il Regolamento per i seminari, ai sacerdoti delineò la loro identità nella prima e seconda parte della Selva di materie predicabili ed istruttive, ai Vescovi fece dono dell’opuscolo Riflessioni utili ai Vescovi, per i religiosi/e stampò Opuscoli relativi allo stato religioso; La vera Sposa di Gesù Cristo, Opuscoli relativi alle monache.

Al Liguori Fondatore e Vescovo non sfuggivano i problemi concreti del cammino vocazionale e ministeriale. Dopo la Missione iniziata nel giorno del suo ingresso a Sant’Agata dei Goti come Vescovo nel 1762, sant’Alfonso manifestò subito la sua sollecitudine per i seminaristi: “Il seminario è quello che fonda, per il bene della Diocesi, tutta la mia speranza. Se questo non corrisponde ai miei desideri, ogni altra cura è perduta” (Tannoia A., Della Vita, ed Istituto del Ven. Servo di Dio Alfonso M. Liguori, Napoli 1798, III, p. 45). Nelle sue Riflessioni utili ai Vescovi scriveva: “I seminari sono utilissimi per il bene delle diocesi… Ma devesi insieme ben avvertire che se il seminario sarà ben regolato, sarà la santificazione della diocesi; altrimenti ne sarà la rovina” (Op. Asc., vol. III, p. 865).
Il Santo era convinto che solamente buoni sacerdoti possono guidare il popolo di Dio (cfr id., p. 868) e che l’ignoranza dei preti “fa gran danno e per essi e per gli altri” (cfr id., p. 867). Il suo biografo ci tramanda che Alfonso “chiamar soleva il seminario or la Pupilla de’ suoi occhi, ed ora il gioiello della sua Diocesi” (Tannoia A., id., III, p. 52). 

Considerò inoltre qualificante e preziosa la testimonianza della vita consacrata nella comunità ecclesiale. Nel periodo del suo Episcopato a S. Agata eresse il monastero delle Monache del SS. Redentore: l’opera più degna per Gesù Cristo, più onorifica per Monsignore e la più utile per questa città (Tannoia A., id., III, XXIV, p. 119). Nel 1767, durante la campagna antigesuitica a Napoli, fu l’unica personalità che espresse con grande vigore la sua stima ed il suo appoggio alla Compagnia di Gesù (cfr F. J., S. Alfonso M. de Liguori e i Gesuiti, in Societas, XXXVI, 1987, n. 3, p. 50). A tutti poi sono note le sofferenze affrontate dal Santo nella fondazione della Sua Congregazione. 

La chiamata alla santità è per tutti, ma diventa obbligatoria per chi si consacra al Signore. (S. Alfonso tra i redentoristi e le redentoriste - Particolare di un'antica immagine del Santo nel Monastero OSSR di S. Agata dei Goti).

Vocazione e consacrazione
I temi fondamentali del suo insegnamento sono centrati in modo persistente su: vocazione e consacrazione. In una sua lettera del 1754 scrive: “Prego ciascuno a far conto della vocazione, ch’è il maggior beneficio che Iddio ha potuto fargli dopo il beneficio della creazione e della redenzione”.
Con questa espressione e con un riferimento a Rm. 8,30 il Santo pone la vocazione all’interno del piano della salvezza: predestinazione, vocazione, giustificazione, glorificazione. Egli scrive: “Dio è quello che secondo l’ordine della Sua Provvidenza destina a ciascuno lo stile di vita”. In questo cammino di predestinazione non c’è possibilità di percorso alternativo: “alla vocazione segue la giustificazione, alla giustificazione la glorificazione, cioè l’acquisto della vita eterna” (Op. Asc., I, p. 86). Perciò il Santo conclude: “Chi non ubbidisce alla Divina vocazione non sarà né giustificato né glorificato” (id.). Per lui è necessario conservare quest’ordine e non spezzare questa catena di salvezza. Nell’opuscolo Avvisi spettanti alla vocazione religiosa il Dottore della Chiesa ci fa subito riflettere che nel mondo non è compreso il punto nodale della vocazione perché ad alcuni sembra che “sia lo stesso il vivere nello stato a cui chiama Dio, e il vivere nello stato eletto dal proprio genio; perciò tanti vivono poi malamente. Invece Dio dà a ciascuno la sua vocazione” (Op. Asc., IV, pag. 396). 

Nel suo tempo in cui molti erano sacerdoti, ma pochi chiamati veramente da Dio sant’Alfonso ribadisce la necessità della vocazione, “poiché senza questa, se non è impossibile, almeno è difficile il soddisfare agli obblighi del proprio stato e salvarsi… Nessuno quantunque dotto prudente e santo, può da sé intromettersi nel santuario, se prima non vi è chiamato ed introdotto da Dio”. Il motivo è dettato dal fatto che “Gesù stesso, certamente fra gli uomini il più dotto e il più santo, volle la divina chiamata per assumere la dignità di sacerdote” (Op. Asc., III, p. 79).

Il Liguori perciò invita gli aspiranti agli Ordini Sacri a verificare se la loro vocazione è da Dio, suggerendo alcuni criteri. Egli scrive: “Non sono segni di vocazione né la nobiltà della nascita, né la volontà dei parenti e neppure è segno il talento e l’abilità senza la bontà della vita e la chiamata di Dio”. Per sua esperienza personale l’illuminato direttore di spirito afferma che “i figli sono ben tenuti di ubbidire ai genitori in tutto ciò che appartiene alla loro educazione ed al governo della casa; ma in quanto all’elezione dello stato debbono ubbidire a Dio, in eleggere quello, al quale Iddio li chiama” (id., pag. 81).

Mons. Tommaso Falcoia assiste il giovane sacerdote Alfonso sulla scelta degli abbandonati (Particolare dell'altare di S. Alfonso a Vienna, chiesa Maria am Gestade).

I segni della vocazione sono altri e sintetizzabili in una espressione della Selva di materie predicabili ed istruttive:

  •  “Bisogna entrare nel Santuario per la porta, e questa non è altra che Gesù Cristo” (id., pag. 81): Chi ha l’animo di servire Dio, propagare la sua gloria e salvare gli uomini è veramente chiamato.
  • Il secondo segno di vocazione sono i talenti e la scienza conveniente: i sacerdoti devono essere maestri della fede. Un sacerdote ignorante, e specialmente se confessore, sarà la rovina di molte anime (cfr id., pag. 82).
  • Altro segno è la bontà positiva della vita, cioè lo sforzo di camminare nella via della perfezione propria del Sacramento dell’Ordine e della vita sacerdotale.

Il Santo si sofferma molto sulla responsabilità di colui che chiede di essere ammesso agli Ordini sacri senza essere sicuro della chiamata: “Il piede che è dato per camminare, è certamente inetto per guardare; l’occhio che è dato per guardare, è inetto per udire. Come potrà pertanto essere atto a soddisfare le parti di sacerdote chi non è stato da Dio eletto al sacerdozio? Il Signore elegge gli Operai che han da coltivare la sua vigna. Perciò non disse il Redentore: “Pregate gli uomini che vadano a raccogliere la messe; ma pregate il padrone della messe che mandi operai a raccoglierla”.
Il Santo perciò avverte: “Chi erra nella vocazione, erra la stessa via” (id., pp. 86‑87). 

L'Istituto fondato da S.Alfonso ha dato splendidi frutti di santità (immagine in AGR).

Alcuni consigli
A coloro poi che sono veramente chiamati sant’Alfonso dice: “Stringetevi con l’amore sempre più a Gesù Cristo. L’amore è quel laccio d’oro che lega le anime a Dio e le stringe tanto che par non possano più separarsi da Dio… Chi ama di cuore Gesù Cristo non ha paura di perderlo… E chi non tiene questa via, facilmente perderà la vocazione: che è la maggior disgrazia che vi può capitare(Lettere di sant’Alfonso Maria de Liguori, Roma 1887, I, p. 466).
Il Santo insistentemente invita a chiedere il dono della perseveranza: “Vocazione e perseveranza sono due grazie distinte. Si può essere chiamato da Dio, anche in mezzo ai nostri demeriti, ma non si può avere la grazia della perseveranza se non ce la meritiamo con la preghiera e con le buone opere” (cfr Tannoia A., o.c., II, p. 363).

Nella formazione del prete dà molta importanza allo studio perché era convinto che “senza del quale i chierici non saranno buoni per la Chiesa” (Op. Asc., III, p. 867). La nota preferita dal Santo negli studi era la pastoralità: “Bisogna studiare, ma lo studio deve essere fatto unicamente per piacere a Dio e per il bene delle anime… Si deve studiare perché siamo operai” (Tannoia A., o. c., II, p. 363).
Bisogna però subito dire che per il Liguori se lo studio è necessario, la santità della vita è l’esigenza prioritaria. Scrive il Tannoia: Alfonso “più che il sapere ricercava nei chierici santità ed amore verso Gesù Cristo. La vera sapienza è sapere solo Gesù Cristo. A che serve la scienza se non è indirizzata per cercare Dio?” (o.c., II, p. 363).

Nell’Appendice al Regolamento per i Seminari l’autore manifesta il criterio di fondo della sua spiritualità: “la scienza mondana quando va unita all’amor divino molto giova a noi e agli altri; ma quando va divisa dalla carità essa fa danno perché ci rende superbi e facili a disprezzare gli altri” (Op. Asc., III, pag. 885).
Applicando questo principio agli studenti egli scrive: “Siccome da un anno all’altro dan prova di aver profittato nelle scienze; così quelli che vogliono farsi santi, debbono attendere, non solo da anno ad anno, ma da giorno a giorno ad acquistare maggiore amore verso Dio” e prosegue: “l’esperienza ben fa vedere che tira più anime a Dio un sacerdote di mediocre dottrina, ma innamorato di Gesù Cristo, che non tirano molti dotti ed eccellenti oratori, che col dire incantano le genti” (id., pag. 886). 

Espressione dell’amore
Da questa premessa vien fuori la convinzione che tutta la formazione, culturale e spirituale, deve essere una crescita nell’amore fino al punto da rendere il sacerdote “tutto di Dio” (Op. Asc., III, pag. 170).
Le riflessioni sulla vita consacrata sono riportate in modo più sistematico nell’opera La Vera Sposa di Gesù Cristo comunemente nota con il titolo di Monaca Santa, scritta all’età di 64 anni a Pagani ed apparsa nel 1750. All’inizio dell’opera sant’Alfonso scrive che essa “propriamente è indirizzata alle monache, ma si deve avvertire che tolte poche cose che riguardano le religiose, tutte le altre cose riguardano anche i religiosi” (Op. Asc., IV, p. 5).
Il tema dominante è la consacrazione. I religiosi/e fanno una scelta radicale per vivere l’amore: “si consacrano a Gesù Cristo e si dedicano tutti/e al suo divino amore” (id., p. 9). Con parole suadenti il Santo esorta i religiosi/e a stimare la propria consacrazione: “Le chiamate divine a vita più perfetta certamente sono grazie speciali e molto grandi che Dio non fa a tutti” (Op. Asc., IV, p. 597).

La consacrazione religiosa richiede fervore ed intimità con il Signore: “Molti vogliono seguitare Gesù Cristo ma da lontano come fece Pietro… Ma così facendo loro accadrà facilmente quello che accadde a Pietro che, posto nell’occasione, rinnegò Gesù Cristo… La religiosa tiepida si accontenterà di quel poco che fa per Dio” (Op. Asc., IV, p. 421).
Per il Santo la vocazione è fonte di gioia quando la persona consacrata sa unire la sua volontà a quella di Dio: “Chi non si unisce alla volontà di Dio non può essere contenta… Una religiosa nel monastero o vive un paradiso anticipato o patisce anticipatamente l’inferno (Op. Asc., IV, pp. 21‑22). Il Santo poi non è avaro nei suggerimenti per rendere la vita religiosa un’occasione di grazia, Egli afferma che l’amore divino è quello che fa diventare il monastero un mondo al rovescio, che lo sforzo continuo per giungere alla santità è la perfezione che può aversi in questa vita e che la vita comune è un bene da custodire gelosamente. 

S.Alfonso, immerso nello studio. Lo studio, per diventare impegno di amore, si deve accompagnare alla santità di vita. (Particolare dell'altare di S. Alfonso a Vienna, chiesa Maria am Gestade).

Maria, il modello
Come modello di ogni vocazione sant’Alfonso addita la Madonna. Tuttoil discorso sull’Annunciazione ha una connotazione vocazionale. La Madonna accoglie e sviluppa nella preghiera la sua Vocazione. All’inizio non ci fu disorientamento in Maria ma solo umiltà. Sant’Alfonso scrive: “La sua profonda umiltà non la fece entrare in questo pensiero di essere stata scelta lei come madre di Dio(Op. Asc., I, p. 181). La risposta di Maria è radicale perché lei comprese che la vocazione era un dono gratuito: “Risposta più bella, più umile, più prudente non avrebbe potuto inventare tutta la sapienza degli uomini e degli angeli insieme. Con gli altri fiat Iddio creò la luce, il cielo, la terra; ma con questo fiat di Maria Dio diventò Uomo” (id., p. 181).
La vocazione conferì alla Madonna la massima dignità ma l’impegnò in una missione per tutta la vita: “La dignità di divina madre è la massima dignità che può conferirsi ad una creatura… Sin dal primo momento la Madonna cominciò ad operare per la gloria sua (di Dio) ma anche per il bene nostro” (id., p. 186).
Con la sua testimonianza la Madonna dice ad ogni chiamato che solo Dio valorizza pienamente la persona umana nel suo essere e nelle sue capacità, realizzando grandi cose nel mondo.

 (Rivista L’incontro, maggio 1988) 

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Riportato in
Sulle orme di S. Alfonso
di Antonio Napoletano
Valsele Tipografica, Napoli 1989, pp. 89-94
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