Lettera al P. Giovan Camillo Ripoli_2

Lettera n. 91 Al Rett. Magg. P. Giovan Camillo Ripoli, Napoli 1848

91. Al Rev.mo Rettore Maggiore P. Giovan Camillo Ripoli, Napoli[1].
Relazione su alcuni atteggiamenti liberali di alcuni soggetti interni.

 

Mileto, 28 ottobre 1848[2]
Jesus, Maria, Joseph, Sanctus Alphonsus

 

Reverendissimo Padre

Ritrovandomi col P. Pisani[3] a fare gli Esercizj a questo Seminario[4], Don Francesco Tocco[5] mi manda una di Vostra Paternità Reverendissima coll’obbedienza formale intorno alla condotta politica dei noti soggetti[6], scrivere ciocché ho veduto, ed inteso anche con giuramento. Eccomi obbediente.

Il P. Scrugli[7] mentre usciva era aspettato fuori della Città dai suoi parenti, ed altri cosi detti riscaldati, ed i suoi fratelli, ed anche da qualche altro spesso nella sua stanza, in cui si trovavano gli Studenti leggendo fogli, ed  interveniva il P. Taranto[8]. Questo ho veduto. Per quello ho inteso; oh quanto si è detto, e andando in Reggio, e stando in Città! basta dire, che è tenuto Capo Clobista[9], e Consigliere de Liberali, ristoccando nel far il quaresimale i saggi, col dire Eguaglianza, Fratelli. In Reggio prendendosi alcune sentenze delle Monache di S. Chiara, arrestò la causa tanto interessante di molti anni, col pretesto dei conti non per anche dati dalla sua Procura, prima di ritornare fra noi. Più volte avvisato dal Rettore, ma niuna emenda, delle censure che gli si dicevano. E’ denigrato il suo nome,la Nobiltà, ed i buoni ne sono scandalizzati.

E del resto mi rimetto a quello scriverà il P. Tallaridi[10].

Del P. Taranto non ho che dire di positivo, che abbia detto me presente, ma sempre col detto P. Scrugli nella sua stanza, e leggendo fogli. Ha desiderato con onore ritirarsi in Casa sua.

Dello Studente Barone primo[11], sono nella pena di affermare, come con testa rivoltosa ebbe a dire meritare il Re essere strascinato a coda di cavallo. Sanguinario, e che passeggiando sopra la loggia si consolava del sangue dei 15 maggio[12], gongolava di contento nel sentire vittorie de rivoltosi. Avvertito da me, e dal Rettore[13] di non far entrare nella stanza esteri, mi pareva obbediente, ma sapeva tutte le notizie. Niente riverente verso il Papa. E vedendomi inquieto, diceva che pazziava. Oh che pena per me aver avuto in cura questi Tropeani e discepoli dello stravagante Scrugli. Ora è nel timore, è cambiato.

Del secondo Barone[14] ci ho osservato moderatezza, ma non è di differenti sentimenti. Basta dire, che sono della terra dei Masoni, e tra noi non più Tropeani, come santamente Vostra Paternità Reverendissima ha determinato[15].

Dimani, Deo dante, sarò in Collegio, ed intimerò[16] agli altri i vostri comandi[17], e dopo d’avervi baciatala Santa Mano passo a chiedervila Santa Benedizione.

Di Vostra Paternità Reverendissima

Umilissimo Servitore e Figlio in Gesù Cristo
Vito Michele Di Netta
del SS. Redentore


[1] Lettera autografa che si trova presso la Postulazione Generale Redentorista in Roma, Via Merulana – (senza intestazione e indirizzo, perché mandata insieme ad altre lettere richieste dal Rett. Maggiore sul caso in questione).

[2] Formato originale della data: 28 8bre 1848.

[3] Pisani Francesco, di Antonio e di Gambardella Filomena, nato il 14 marzo 1820 ad Atrani (SA); ordinato sacerdote nel 1846condivise alcuni anni di apostolato missionario col P. Di Netta, del quale nel 1839 era stato novizio. Morì il 29 ottobre 1906 ad Angri (SA).

[4] Al tempo del P. Di Netta il seminario accoglieva in media 80 convittori, «ciascuno dei quali paga annui ducati 36 se diocesano, e 48 se di aliena diocesi; ed oltre questa rendita, l’istituto ha l’annuo introito di circa ducati mille da beni stabili e censi. Colà s’insegnano varie lingue, la filosofia e la teologia, ed egregi sono gl’istitutori, per cui la gioventù ricava molto profitto, così nelle lettere e scienze, come nella cristiana morale» (Cf. Francesco Adilardi, Cenno storico sulla Chiesa Vescovile di Tropea, 1849).

[5] Nel catalogo Minervino è segnato con Ettore Raffaele.

[6] I soggetti incriminati erano P. Giuseppe Scrugli, P. Luigi Taranto e gli studenti Barone Giuseppe e Barone Rosario.

[7] Scrugli Giuseppe, di Ignazio e Bagnati Romana, nato il 26 gennaio 1802 a Tropea, professò il 13 febbraio 1820 a Tropea (con P. Di Netta), sacerdote il 24 settembre 1825 in Cava dei Tirreni. Uscito il 10 giugno 1829, per infermità. Riammesso il 30 giugno 1835, rifece la professione il 6 novembre 1836. Dispensato nuovamente, il 3 febbraio 1849, per motivi politici, appunto quelli in questione nella presente lettera.- Fu dispensato dai voti. In effetti era stata decretata la sua espulsione per essersi troppo manifestato in materia di politiche opinioni e perché i tempi erano pericolosi; ma si convenne di accordargli la dispensa da lui chiesta. Aveva un fratello militare colonnello, Napoleone Scrugli, vivace protagonista del risorgimento tropeano e rappresentante al Parlamento. – Nella missione di Tropea del 1842 P. Scrugli impressionò tutti i gentiluomini per la profonda cultura, tanto da essere ricordato con versi poetici da Luigi Barone nell’opuscolo pubblicato sulla missione (Le Missioni in Tropea, Poemetto di Luigi Barone, Napoli 1842).

[8] Taranto Luigi, figlio di Carlo Francesco e Palagano Lucia, nato il 12 febbraio 1817 a Castelluccio Inferiore (PZ); ordinato sacerdote nel 1841, fu missionario in Calabria. per questa vicenda politica fu dispensato il 22 maggio 1849, e a nulla valsero ripetuti interventi in suo favore, come quelli del Padre Generale domenicano, fr. Vincenzo Ajello da Roma, suo parente.

[9] Il Club dei liberali, così veniva chiamato.

[10] Era stato rettore di Tropea fino agli ultimi mesi del 1847.

[11] Barone Giuseppe, figlio di Francesco Barone De Felice e di Alia Gaetana, nacque il 29 aprile 1825 a Tropea, vestì l’abito redentorista il 25 maggio 1843 e professò i voti il 26 maggio 1844 a Ciorani Fu dimesso il 22 maggio 1849 a seguito di questi eventi; il 18 marzo 1848 era stato ordinato suddiacono. Fu a lungo Decano dei Canonici di Tropea e morì il 27 dicembre 1907. – Il Can. Giuseppe Barone era giudice ai Processi Ordinari Tropeani sul P. Di Netta e quindi non potè apparire come testimone. Nondimeno egli ha tracciato la sua personale testimonianza sul P. Di Netta e l’ha inviata alla Sacra Congregazione dei Riti nel 1898.

[12] Si tratta delle barricate di Napoli erette dagli insorti liberali contro il potere di Ferdinando II. Le barricate furono spazzate via; morirono molti insorti, ma il vento dei moti insurrezionali non si arrestò. – Su questa data, c’è una preziosa testimonianza di Don Matteo Rossomando ai Processi (fol. 408): “Il giorno 15 maggio del 1848, nelle ore vespertine m’incontrai col Servo di Dio, il quale era uscito per farsi una passeggiata e proprio nella contrada della Annunziata, Egli sapeva che io doveva precedentemente partire per Napoli e riteneva che io già era partito e quasi maravigliato mi disse: come non sei andato a Napoli? Io gli risposi che il mio Vescovo aveva pensato di differire la partenza ad altri pochi giorni. Ed egli allora soggiunse: Monsignore è stato illuminato da Dio a differire la tua partenza: oggi in Napoli successero cose lacrimevoli, il sangue scorre per le vie della Città. Noto che allora in Tropea, come neppure negli altri paesi, non vi era telegrafo, né strade ferrate.

[13] Quando era ancora il P. Tallaridi.

[14] Barone Rosario Gaetano segue in parallelo la vicenda vocazionale del cugino Giuseppe. Era figlio di Giambattista e Prestia Maria Antonia, nato il 3 marzo 1828, secondo Felice Toraldo in Il sedile e la nobiltà di Tropea, 1896, p. 39. – Anche lui fu dimesso il 22 maggio 1849 a seguito di questi eventi. – Nella Biografia del Di Coste, cap. 22, si legge: “Nel colera del 1854 anche Tropea fu visitata dal morbo e ne restò attaccato il Rev.do Don Rosario Barone, che era stato amico tanto e discepolo del Servo di Dio. La vigilia del Natale era agli estremi e con tutti i sintomi della morte: stato algido, annerimento, granchi ecc. Perduta ogni speranza, la sorella Alfonsina, che conservava un berrettino da notte del Servo di Dio, lo pose sul fratello, invocandone con fiducia l’aiuto. Subitamente apparve la crisi… tornò il calorico, cominciò a sudare e fu salvo”.

[15] P. Di Netta raccomanderà i due giovani Barone al vescovo Michelangelo Franchini, in quanto fondamentalmente buoni. Divennero canonici e occuparono posti di responsabilità ecclesiastica.

[16] Il tono fa intendere che è lui il rettore della Casa di Tropea.

[17] Tra gli atti personali del P. Raffaele Primicerio, che era a Tropea in quel tempo, vi è un documento datato 1848/11/3: da Tropea indirizzato al Rett. Magg. Ripoli: una lunga relazione sul comportamento dei pp. Scrugli e Taranto e dello studente Barone 2° in rapporto alle accuse per motivi politici (APNR).

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              Con cuore integro e fedele
        LETTERE DEL Ven. P. DI NETTA
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Lettera n. 91
Legge: Donato Mantoan
[audio:/LettereMp3/091.mp3]

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Una quadro al giorno sulla vita del Venerabile
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Il P. Luigi Gravagnuolo, rettore della Casa di Tropea, accoglie i pellegrini di Vallata guidati dal parroco don Gerardo De Paola, vivo estimatore del Venerabile P. Di Netta.