Memoriale 12 Agosto

12 agosto
EFFEMERIDI C.Ss.R = Umiltà di S. Alfonso nel comporre le sue opere.

Umiltà di S. Alfonso nel comporre le sue opere.

Studiando gli scritti di S. Alfonso, ed in particolare i principi che, secondo la sua stessa testimonianza, lo hanno diretto nella composizione dei suoi libri, sembra che in qualche modo egli abbia messo tutto in opera per trarre dalle sue opere letterarie le qualità brillanti che attirano l’attenzione. Sotto il profilo dello stile, difficilmente la semplicità sarebbe potuto andare più in là.
In quanto al fondamento delle sue opere, S. Alfonso preferisce abitualmente prendere in prestito dagli altri e prestar loro la parola piuttosto che farsi valere da sé.

— La sua grande Teologia morale dapprima non sembrò altro che un commentario del libro di Busembaum. Le sue proprie aggiunte, in verità, sono considerevoli e molto sapienti: non hanno tuttavia, in genere, l’andatura magistrale che si incontra nei grandi scolastici che hanno scritto dopo il Rinascimento; osservazione che parimenti si può applicare alle altri sue opere di teologia morale.

— Le sue opere dogmatiche si distinguono per la loro chiarezza di esposizione piuttosto che per l’apparato scientifico. Del resto, egli non ebbe il vantaggio di essere stato formato alla filosofia scolastica che, nel suo tempo, non godeva il dominio esclusivo nelle scuole di Napoli.

— Nelle sue opere ascetiche il cuore parla più dello spirito; la tendenza pratica lascia abitualmente nell’ombra il metodo e la concatenazione logiche dei pensieri

— Le sue lettere, parimenti, non hanno generalmente l’ampiezza di forma che si ammira nei grandi scrittori… Se lo stile dei suoi scritti è così semplice, senza pompa scientifica, bisogna attribuirlo alla sua umiltà profonda. Alfonso aveva il desiderio di essere ignorato tanto quanto la gloria da Dio e l’utilità soprannaturale del prossimo glielo permettevano.

Ne troviamo la prova autentica in alcune sue parole. Quando, scrivendo la sua dissertazione sui libri proibiti, fece uso dei materiali raccolti dal il dotto Padre Alessandro Di Meo, gli fu chiesto perché non avesse inserito nel suo lavoro tutte le note piene di erudizione del Padre Alessandro  egli rispose: “Volete dunque farmi passare agli occhi del mondo per un scienziato?”.
In altri termini era come dire con San Paolo: “Et ego, cum venissem ad vos, fratres, veni non in sublimitate sermonis aut sapientiae… Non enim judicavi me scire aliquid inter vos nisi nisi Jesum Christum et hunc crucifixum… Et sermo meus non in persuasibilibus humanae sapientiae verbis.  (I Cor II, 1-2-4.)
S. Alfonso spinse fino alla fine le conseguenze di questo principio.
Estratto da “L’ami du Clergé.

S. Alfonso scrisse le sue opere unicamente per la gloria di Dio e la salvezza delle anime, con uno stile semplice che le rende tuttora ben leggibili, a distanza di secoli di due secoli e mezzo dalla loro composizione.

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1903. Espulsione della Comunità di Saint-Nicolas-du-Port.

L’ 8 aprile di questo anno, il commissario speciale di Saint-Nicolas-du-Port era venuto a consegnare al Rettore, P. Ernesto Tailleur,  la respinta di autorizzazione alla Congregazione. Al rifiuto di sciogliersi, i Padri furono citati al tribunale correzionale e condannati: il Padre Tailleaur a venticinque franchi di multa, ed i Padri L’Hôte, Wetzel, Maudru, François, Paulin, i Fratelli Alphonse e Modeste a sedici franchi. Essi fecero appello, ma tutto fu inutile.
Malgrado la loro condanna in tribunale correzionale e il ricorso in appello, i Padri della Comunità avevano rifiutato di lasciare il convento. L’ordine di espulsione allora fu messo in atto manu militari.

Il 12 agosto 1903, verso le tre del pomeriggio, dopo le tre intimazioni legali, la grande porta fu sprangata. Poiché i Padri rifiutavano uscire da se stessi, furono tratti a forza uno ad uno dalle loro camere in manette. Poi, trascinati fino sulla piazza, ci fu una processione indimenticabile dove ciascuno degli otto incriminati, strappato alla sua cella ed al suo convento, era affiancato da due gendarmi e seguito a piedi da due cacciatori. La folla fremente ed indignata, vedendo il brillio delle catene ai loro polsi, esclamò tutto in coro: “Oh! i miserabili, hanno messo loro le manette!”

I sei Padri con i due Fratelli, gettati alla via, furono ricevuti e ospitati presso M. Bonnardel, sindaco del paese, ed alcune onorabili famiglie. Poi seguì la dispersione in Svizzera ed in Belgio, dove li seguì il dispiacere di tutti.
La popolazione di Saint-Nicolas-du-Port, in tutte le circostanze di questo dramma commovente e doloroso, si è mostrata ammirevole per la rispettosa simpatia e la generosa devozione.

Saint-Nicolas-du-Port, Francia – Disegno di un episodio della persecuzione religiosa tracciato da un testimone oculare nel 1938 (Immagine in AGHR).

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IN MEMORIAM 

P. Victor Couttier. Uvrier, 1903.
Nato a Hudivilier (Meurthe), il 20 marzo 1867, il P. Couttier fece i suoi studi alle scuole apostoliche dei Padri Gesuiti, ad Amiens, poi in Inghilterra. Egli poi entrò in Uvrier, condotto dal P. Lorrain.
Diventato missionario, era di un zelo infaticabile per la conversione delle anime ed in modo particolare per la loro perseveranza. La devozione alla Madonna fu sempre il sentimento predominante della sua vita interiore. Sopportò con energia le molte e crudeli sofferenze occasionate da un doppio cancro allo stomaco ed al fegato.
Aveva a cuore di offrire i suoi meriti come offerta alla giustizia divina per ottenere misericordia. in favore dei poveri peccatori. Diceva: “Dio solo sa ciò che soffro; ma desidero solo una cosa: il compimento della sua volontà”.

Durante la sua ultima malattia, agli aspiranti che partivano per il noviziato diceva ancora: “Adesso che sto per morire, ricordo con piacere una parola che il P. Hauger, mio superiore dell’aspirantato, mi ha detto un giorno: “Voi avete delle grandi difficoltà, ma avete una cosa che vi farà perseverare: la lealtà. Sapete riconoscere le vostre miserie e confessarle. In effetti ho avuto delle traversie, delle difficoltà, sono stato esposto a molti pericoli: il buono Dio mi sempre ha fatto la grazia di conoscermi e di farmi conoscere. È ciò mi ha salvato. Amici miei, siate leali, aperti con coloro che sono responsabili delle vostre anime, e voi persevererete”.
Un altro giorno, diceva ancora ad essi: “La mia più grande felicità in questa ora, è di morire Redentorista; ho sempre creduto fermamente alla parola del S. Alfonso: “Chi muore da Redentorista muore predestinato”.
Questo pensiero: morire da Redentorista, morire da predestinato, fu la sua più grande consolazione morendo. —”Beati qui ambulant in domo tua, Domine, in soecula soeculorum laudabunt te“. Ps. 83.
Professione: 8 settembre 1886.
Ordinazione sacerdotale: 4 ottobre 1891.

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Pensiero e testimonianza sulla virtù del mese nelle SPIGOLATURE
UMILTÀ = 12 agosto
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