Memoriale 25 Agosto

25 agosto
EFFEMERIDI C.Ss.R = 1738. Soppressione della casa di Scala, culla dell’Istituto.

1738. Soppressione della casa di Scala, culla dell’Istituto.

Dall’inizio della fondazione, i Padri residenti a Scala non erano potuti uscire dalla sistemazione dove erano. Infedeli alla loro promessa, gli amministratori della città non volevano fornire ad essi né abitazione adatta, né chiesa, né redditi sufficienti.
Non potendo durare indefinitamente questo stato di cose, i Padri abbandonarono Scala per Ciorani. I “cattivi” si rallegrarono di questa svolta, ma Dio cambiò le loro risa in lacrime. I missionari erano appena usciti dalla città, che un uragano distrusse tutto il raccolto del paese.
Il popolo, invece, più cristiano e più riconoscente dei suoi magistrati, non perse il ricordo degli uomini di Dio che lo avevano evangelizzato e santificato. Per lungo tempo conservò le sante pratiche che i padri avevano stabilito: la visita al SS. Sacramento, la recita del rosario, la comunione frequente. Si vedeva gli operai, e persino i facchini carichi dei loro pesi, attraversare le strade sgranando la loro corona o cantando devote canzoncine.
Tuttavia, il nostro Padre S. Alfonso non poté abbandonare questa popolazione che non smise mai di amare. Ogni tanto i suoi confratelli ritornavano a predicare la novena del Crocifisso, e lui stesso rivoltò parecchie volte a Scala per dare alle Monache del SS. Salvatore gli esercizi spirituali.
P. BERTHE. Vita di S. Alfonso.  I. 205.

Scala nei primi tempi dell’Istitituto nella tela di G. Capone (Via Merulana).

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1747. La supplica di S. Alfonso che chiede l’approvazione reale, è respinta.

Erano quindici anni che S. Alfonso si era dedicato al salvezza delle anime, e da allora quante tribolazioni aveva egli subito, ma anche quante grazie ricevute!
Aveva visto i suoi primi compagni abbandonarlo, le sue prime due fondazioni fallire, implacabili nemici accanirsi contro le sue opere, la fame affliggere i suoi figli; ma, a dispetto di questi rovesci e di queste opposizioni, l’istituto si era stabilito nel Regno di Napoli; i suoi missionari evangelizzavano le diverse province, uomini di Dio come Mazzini, Sportelli, Cafaro, Villani, mantenevano fermamente lo spirito religioso.
E tuttavia, pur ringraziando Dio delle sue benedizioni, S. Alfonso non poteva trattenersi dal tremare al pensiero che un colpo di vento, un semplice decreto reale bastava a rovesciare l’edificio costruisce con tanta sofferenza. Non avendo alcuna approvazione legale, l’Istituto dipendeva dal buon piacere del monarca e del capriccio del suo ministro Tanucci.
Il nostro santo Fondatore volle tentare un sforzo per ottenere del re l’approvazione tanto desiderata.
Re Carlo III accolse la sua supplica con benevolenza, il gran cappellano Galliano promise di tener conto di questa richiesta, quando l’arrivo a Napoli di un nuovo richiedente venne a complicare la situazione già così difficile.
Era il noto padre  Mannarini che, sostenuto da alte personalità, ricorreva al gran cappellano per proporgli la fusione dei due Istituti e la loro simultanea approvazione. Dopo due mesi di sollecitazioni e di angosce, il 25 agosto 1747 Alfonso apprese che la sua domanda di approvazione era respinta. Probabilmente era un insuccesso, ma insuccesso provvidenziale. Infatti, dopo l’accesso dei “Mannarinisti”, come si sarebbe potuto conservare nell’istituto la fisionomia primitiva?
S. Alfonso adorò la volontà di Dio, e continuò a lavorare alla salvezza delle anime [Vedere il 21 agosto 1779].
P. BERTHE. Vita di S. Alfonso, I, 330-340.

Vincenzo Mannarini, calabrese, nato nel 1700, già associato a P. Matteo Ripa, divenne uno dei primi membri dell’Istituto redentorista, che poi abbandonò per fondare un nuovo istituto.

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1903. Congregazione antipreparatoria per l’esame di due nuovi miracoli proposti per la canonizzazione del Beato Gerardo Majella.

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IN MEMORIAM

P. Pierre Rey. Contamine (Savoia), 1893.
Nato a Massonens, Svizzera, il 10 agosto 1810, da una famiglia pia ed agiata il Padre Rey fece il suo noviziato a Wittem (Olanda) nel 1836.
Assegnato per dieci anni a Friburgo, dove si dedicava ad aiutare nel loro ministero i curati dei dintorni, fu obbligato a lasciare la sua patria all’epoca della rivoluzione del 1848. Durante la fuga sfuggì alla morte in un modo miracoloso.
Venne poi a Contamine. Per trenta anni, dedicò la prudente semplicità del suo talento e la paziente carità del suo zelo al servizio delle anime più abbandonate, o in missione o a Contamine, dove era vicario titolare.
Durante tutto questo tempo diede ai suoi confratelli belli esempi di povertà, di fiducia nella divina Provvidenza; la sua profonda pietà e la sua devozione senza limiti al servizio dei malati resteranno nella memoria di tutti quelli che l’hanno conosciuto. Pur non dotato di molto talento, il P. Rey aveva molto buonsenso e tatto.
Come confessore, aveva la fiducia dei fedeli, dei sacerdoti dei dintorni, ed anche dei suoi confratelli che andavano volentieri a trovarlo.
Consumato dalle infermità della vecchiaia, si accasciò tutto di un colpo. Morì senza sussulti, in pace e tranquillità. – Laetetur cor quaerentium Dominum.” Ps. .104.
Professione: 1 febbraio 1836.
Ordinazione sacerdotale: 25 marzo 1837.

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Fr. François (Jules Quéloz). Thury-en-Valois (Oise), 1895.
Il caro Fratello François è nato a Saint-Brais (Svizzera), il 26 novembre 1834. Apparteneva ad una famiglia profondamente cristiana ed aveva due zii sacerdoti di cui uno era il P. Quéloz che per lunghi anni esercitò l’incarico di Procuratore generale a Roma.
Ciò che caratterizzò il fratello Francesco, fu il suo spirito di fede dovuto alla sua primaria educazione, ed il suo grande attaccamento alla Congregazione.
Invitato dal P. Masson, allora Provinciale, a studiare, la sua umiltà gli fece rinunziare a prendere il colletto bianco, anche per timore delle responsabilità sacerdotali e delle sollecitudini del confessionale. Rimase soprattutto nelle case di Contamine, di Dunkerque e di Boulogne, rendendo dovunque segnalati servizi, sapendo fare tutto e bene.
Nel 1886 fu mandato allo Studentato di Dongen (Olanda), per installarvi un laboratorio di rilegatura. Da quel momento non smise di risiedere allo Studentato come rilegatore della grande biblioteca e grande orologiaio della casa e della Provincia.
Negli ultimi tre anni della sua vita, Fratello François patì dolori atroci, e la sua esistenza fu una vera agonia santificata dalla preghiera.
In mezzo alle sofferenze non cessava di emettere atti di rassegnazione e di amore perfetto. – “Afflictionem meam e laborern manuum mearum respexit Deus”. Gen. 31-42.
Professione: 15 ottobre 1869.

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P. Joseph Faust. Téterchen, 1921.
Nato a Rouffach (Alto-Reno) il 30 marzo 1835, il P. Faust entrò nella Congregazione all’età di quarantanove anni. Un difetto di lingua gli impedì di predicare le missioni, ma tuttavia rese grandi servizi come confessore nelle nostre chiese e nelle comunità religiose.
Durante il suo soggiorno a Parigi si dedicò con ardore all’opera degli Alsaziani-Lorenesi. Bisogna riconoscerlo: faceva sempre fatica a dominare il suo carattere autoritario e brusco; ma fu anche un bel esempio di puntualità, di esattezza a seguire in tutto l’ordine del giorno e le prescrizioni della nostra santa Regola fino al momento della sua bella e devota morte.
Qualche tempo dopo, il P. Faust apparve ad una delle sue penitenti per chiederle preghiere. Stese la mano su un libro di pietà in uso a quella persona e vi lasciò l’impronta molto distinta della mano. Questa persona ha raccontato il fatto ai Padri della Comunità di Téterchen e questi ottennero da lei il libro in questione. – “Lucerna pedibus meis verbum tuum e lumen semitis meis”. Ps. 118.
Professione: 9 novembre 1885.
Ordinazione sacerdotale: 18 dicembre 1858.

In questo numeroso gruppo di Redentoristi della Comunità di Echternach (1912) si trova anche il P. Faust (foto in AGHR).

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Pensiero e testimonianza sulla virtù del mese nelle SPIGOLATURE
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