S. Alfonso. Il letto di Monsignore

GiubileoAlfo2

353. S. Alfonso. Il letto di Monsignore.

Incontri di S. Alfonso con la Misericordia di Dio
(seguendo le sue biografie)

353. S. Alfonso. Il letto di Monsignore.

♦ Un corpo affaticato e malmenato, come era quello di Monsignore Alfonso, richiedeva per lo meno il riposo notturno. Ma attesta il Canonico Michella che forse erano più le notti che dormiva sulla terra, che quelle che riposava sul letto.

  • Il letto stesso per Alfonso era di per sé un martirio: un saccone di paglia con scarsa lana tunisina, che posava sulle tavole. Egli se lo accomodava da sé; né c’era verso che smuovesse la paglia.
  • Una mattina il servitore Alessio, dopo aver buttato l’orinale, vedendo sconce le coperte, diede di piglio per rassettarle. Se ne accorse Monsignore, e non volendo che smuovesse la paglia gli disse: “Che golìo ti è venuto? forse io sono cionco?” e lo congedò.
  • Dice ancora il Canonico Michella: “Anche nel rigore dell’inverno, sia io che altri familiari eravamo curiosi di accertarci se Monsignore toccava il letto, o no, e per lo più la mattina non si ritrovava alcun segno di sconciatura nel letto.

♦ Curioso è ciò che accadde al suo Segretario D. Felice Verzella.
Una sera verso l’ora tarda Monsignore lo fece chiamare per confessarsi. Questi, serrato l’uscio della propria stanza, vi si portò con la chiave nelle mani. Senza accorgersene, nel decorso della confessione, posò la chiave sul tavolino a fianco; poi avendolo confessato, uscì dimenticando la chiave e si intrattenne a lungo col Vicario. Senza la chiave… non si voleva rassegnare a restare fuori del proprio letto… ma gli rincresceva svegliare Monsignore. Allora, levatesi le scarpe, ritornò da Monsignore, aprì pian piano la porta, e nell’oscurità si portò a tentoni verso il tavolino. Credeva di aver fatto tutto; ma nel mezzo della stanza intoppò: era Monsignore che dormiva a terra, e gli cadde sopra. Restò spaventato Monsignore, vedendosi un uomo sulla pancia… E più spaventato il Segretario afferrò la chiave,  e, senza dir parola, uscì di camera.
Monsignore era in età di circa settant’anni: così si venne a sapere che la notte per lo più stava adagiato sulla terra: restò afflitto, vedendosi scoperto. La mattina, entrò da lui il Segretario tutto rosso in volto: “D. Felice, quando è notte, non andate girando per le camere degli altri!”.
♦ Più di questo non disse, ma restò confuso, come se avesse commesso grave delitto.

(Tannoia, Della vita ed istituto del venerabile Servo di Dio Alfonso Maria Liguori – Libro Terzo, Cap. 72)  Leggi tutto nell’originale.

“Anche nel rigore dell’inverno eravamo curiosi di accertarci se Monsignore toccava il letto, o no, e per lo più la mattina non si ritrovava alcun segno di sconciatura nel letto”. Dormiva per terra.