Essere Chiesa con gli abbandonati


Essere Chiesa con gli abbandonati  0/5
0. PREMESSA 

Abituati come siamo al rapido affermarsi e scomparire delle mode più diverse in tutti i settori, non restiamo sorpresi se, anche nei riguardi dei Santi, vediamo alternarsi momenti di particolare attenzione ad altri nei quali essi sembrano quasi accantonati. Si tratta di una dinamica storica alla quale non è possibile sottrarsi. Anzi per quanto concerne i Santi possiamo considerarla anche provvidenziale, perché in questa maniera viene sottolineato il ruolo di testimoni e di stimolo all’incontro con Dio in Cristo, l’unico assoluto.
Tutto questo è vero. Occorre però anche chiedersi se l’accantonamento del riferimento ad alcuni Santi non significhi anche una minore attenzione a quegli aspetti del vangelo che essi hanno particolarmente sottolineato. Se infatti è giusto che ogni epoca storica sviluppi una particolare sensibilità ad alcune prospettive evangeliche e articoli su di essa la propria risposta di fede e di carità, non è corretto emarginarne altre che pure sono importanti e decisive. 
Va inquadrata su questo sfondo la poca attenzione che in questi ultimi anni sta ricevendo la figura di sant’Alfonso Maria de Liguori (1696 ‑ 1787). Una domanda però si impone: si tratta solo di una evoluzione della sensibilità ecclesiale che si sente maggiormente a suo agio con altri modelli di vita cristiana, oppure è in atto un mutamento pastorale che rischia di coinvolgere elementi decisivi del vangelo?

La legittimità di questo interrogativo viene dalla storia stessa del diffondersi nella comunità cristiana del pensiero alfonsiano. Gli storici concordano sul fatto che, prescindendo dai diversi fattori che l’hanno favorita, la «vittoria» ottocentesca della proposta spirituale e morale di sant’ Alfonso ha significato l’abbandono di una prassi morale e sacramentale ispirata al rigorismo e l’apertura a prospettive dettate soprattutto dalla benignità evangelica.
«L’opera morale alfonsiana, scrive MARCIANO VIDAL, segnò la fine, non solo cronologica bensì anche e soprattutto causale della crisi del rigorismo, una crisi che aveva sottomesso la coscienza cattolica a una overdose di angustia e di oppressione intollerabili… L’alternativa morale al rigorismo non fu intesa né formulata da Alfonso con un ritorno al lassismo dei secoli precedenti. Consistette piuttosto in una ri‑creazione personale dello spirito evangelico che è ad un tempo benigno ed esigente. Nacque così il progetto morale alfonsiano come una morale della benignità pastorale alternativa al rigorismo morale e canale efficace per l’abbondante salvezza cristiana» (1).

S. Alfonso, nel '700, con la sua Theologia Moralis ha aperto nuove frontiere alla santità del cristiano, figlio di Dio. L'eredità della Morale del Santo è stata rinverdita dal coraggioso P. Bernard Häring e dall'intera Accademia Alfonsiana, voluta dai Superiori Generali Redentoristi quale sede per l'approfondimento e l'attualizzazione delle intuizioni del Santo. In questi ultimi tempi, tra gli altri Redentoristi dell'Accademia, si segnalano i padri Marciano Vidal e Sabatino Majorano.

La crisi morale della nostra società è profonda. Lo costatiamo tutti i giorni e in tutti i contesti. Su di essa Giovanni Paolo II non si stanca di richiamare l’ attenzione e l’impegno di tutti i credenti: siamo sfidati da un contesto in cui 1u scristianizzazione crescente causa «non solo la perdita della fede o comunque la sua insignificanza per la vita, ma anche, e necessariamente, un declino o un oscuramento del senso morale: e questo sia per il dissolversi della consapevolezza dell’originalità della morale evangelica, sia per l’eclissi degli stessi principi e valori etici fondamentali» (2).
Non è cosa agevole individuare le soluzioni più adeguate. Sarebbe ingenuo cercarle semplicemente nel passato, data la novità e la complessità delle problematiche e dei contesti. Dall’autentica tradizione ecclesiale è però possibile attingere stimoli e prospettive importanti. Occorre l’impegno solidale dell’intera comunità ecclesiale in dialogo sincero con tutti coloro che hanno a cuore la qualità della vita e il futuro dell’umanità. 

La memoria rinnovata di sant’ Alfonso costituisce un contributo prezioso per questo cammino. Egli infatti ha saputo tracciare una strada sicura che permette di fondere insieme l’ assolutezza di Dio con la storicità spesso drammatica e contraddittoria dell’uomo; le esigenze della chiamata di tutti alla santità con la fragilità di ognuno, a causa del peccato personale e comunitario; l’oggettività del bene e del vero con il loro indispensabile riconoscimento, graduale e spesso faticoso, da parte della coscienza personale.
Tra gli estremi del lassismo e del rigorismo, affermava Pio IX il 7 luglio 1871 nella lettera apostolica Qui Ecclesiae, in cui lo proclamava dottore della chiesa, Alfonso ha saputo tracciare la «via sicura» (3). Le parole del Papa erano eco di quelle che lo stesso Santo aveva scritto nella prefazione alla Theologia moralis: dinanzi alla contrapposizione teorica e pratica di posizioni rigoriste e lassiste «ho deciso di dare alla luce questa nuova opera che mantenga una posizione media tra le opinioni troppo benigne e troppo severe» (4).
Questa ricerca di equilibrio resta un’istanza fondamentale per una corretta vita cristiana. Rileggere sant’Alfonso costituisce uno stimolo e un contributo importante, purché si sappia cogliere il suo messaggio più profondo e attualizzarlo nella novità delle nostre problematiche. E’ facile allora scoprirlo ancora oggi come un maestro prezioso per tutto il popolo cristiano.
Lo ha ricordato Giovanni Paolo II nella lettera apostolica Spiritus Domini, in occasione del secondo centenario della sua morte: Alfonso « fu maestro di sapienza al suo tempo e con l’esempio della vita e con l’insegnamento continua a illuminare, come luce riflessa di Cristo, luce delle genti, il cammino del popolo di Dio». Aggiunge inoltre per quanto riguarda più specificamente la proposta morale: «Alfonso fu il rinnovatore della morale: a contatto con la gente incontrata in confessionale, specialmente nel corso della predicazione missionaria, egli gradualmente e non senza fatica sottopose a revisione la sua mentalità, raggiungendo progressivamente il giusto equilibrio tra la severità e la libertà» (5).
Affermando questo, Giovanni Paolo II si è posto in continuità con i suoi predecessori. Pio XII infatti nel 1950 aveva proclamato Alfonso «celeste patrono di tutti i confessori e moralisti» (6). Giovanni XXIII aveva annotato ne Il giornale dell’anima: «Oh! sant’Alfonso, sant’Alfonso! Quale gloria e quale oggetto di studio per il clero italiano! Noi abbiamo familiare la sua vita e le sue opere sin dai primi anni della nostra formazione ecclesiastica» (7). E Paolo VI: « S. Alfonso può essere, anche oggi, di esempio e di guida, sia ai Moralisti, sia a quelli che si occupano di Pastorale per l’esimia santità della sua vita, per il suo amore alla Chiesa, per la sua inconcussa fedeltà alla fede Apostolica e per la sua dottrina sicura e preclara. E in verità il Santo, più di altri Dottori della Chiesa, sembra appartenere ai nostri tempi per le sue magnifiche opere, per le forme di apostolato da lui introdotte e specialmente per i suoi preclari libri» (8). 

Le pagine che seguono si pongono in queste stesse prospettive. Vogliono invitare a riascoltare sant’Alfonso, per riscoprire insieme con lui che il Cristo riapre a tutti il cammino del bene, fino alla santità; che la nostra libertà, quando si lascia illuminare dall’amore misericordioso di Dio, diventa cammino sempre più coerente e genero nella verità; che il Redentore continua a incarnarsi nella nostra fragilità per guarire, liberare, dare pienezza.
Non pretendono, dare una presentazione completa della morale alfonsiana, per la quale è indispensabile ben altro spazio. Vogliono solo presentarne i tratti fondamentali, sperando di stimolare il lettore a volerne conoscere di più e meglio. Sono state inizialmente pensate per degli incontri mensili sulla rivista San Gerardo e ne conservano il tono e le prospettive. Sono state arricchite, grazie alla competenza e alla fraterna collaborazione del P ANTONIO MARRAZZO (che ringrazio sentitamente), con le riproduzioni delle incisioni che sant’Alfonso mette all’inizio delle sue opere come sintesi visiva, pensata soprattutto per il popolo, del loro contenuto fondamentale.
Il titolo evidenzia l’intento della vita di Alfonso: come il Cristo, essere costantemente in ricerca degli abbandonati, condividere le loro difficoltà e speranze, stimolarli e sostenerli perché ritrovino dignità piena. La morale alfonsiana nasce da questo esodo incessante e tende a far sì che tutti possano essere effettivamente e pienamente chiesa. 

L’auspicio è che queste rapide pagine aiutino ad aprirsi alla luce riflessa del Cristo che irradia dalla vita e dall’insegnamento di Alfonso Maria de Liguori. Di essa abbiamo più che mai bisogno per continuare a camminare nella speranza, costruendo insieme un’autentica qualità della vita e un futuro più degno dell’uomo. (9) Soprattutto in questi anni di preparazione al Giubileo del Duemila, che, come sottolinea Giovanni Paolo II, «chiede a tuttala Chiesa un rinnovato slancio per l’evangelizzazione, nutrito di sincera conversione a livello personale, comunitario e sociale», per il quale « la vita e l’insegnamento di S. Alfonso costituiscono uno stimolo prezioso» (10).

P. Sabatino Majorano, redentorista, Professore Ordinario di Teologia morale sistematica all'Accademia Alfonsiana in Roma. Discepolo e collaboratore del grande P. Bernard Häring ha iniziato ad insegnare alla fine degli anni Settanta, particolarmente nel campo della morale fondamentale. Profondo conoscitore di S. Alfonso, da sempre è stato convinto della necessità di continuare a sviluppare ed attualizzare le intuizioni fondamentali del grande Santo, inserendole in una sincera fedeltà al cammino tracciato dal Vaticano II. (Foto Raccolta Marrazzo).

 Il libro offre 5 tappe fondamentali che saranno pubblicate successivamente:

  1. Dalla vita e per la vita
  2. Una morale dell’amore
  3. Il discernimento
  4. In cammino di liberazione e di crescita
  5. Le portanti (preghiera, eucaristia, confessione…)

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(1) Sant’Alfonso. Dal rigorismo alla benignità, Roma 1992, p, 274‑276,
(2) Veritatis splendor, n. 106.
(3) Pii IX Acta, V (1869‑1871), p. 337.
(4) Theologia moralis, Praefatio, ed. GAUDÉ, I, Roma 1905, p. LVI.
(5)  Spiritus Domini, in AAS 79 (1987) p. 1365 e 1367.
(6) Lett. Apost. Consueverunt omni tempore, in AAS 42 (1950) p. 595597.
(7) Il Giornale dell’anima, Roma 1964, p. 462.
(8) Al Capitolo Generale CSSR (22 settembre 1967), in AAS 59 (1967) 961.
(9) Per una visione d’insieme della vita di sant’Alfonso rimando a F. CHIOVARO, S. Alfonso, Materdomini Z 1995; Th. Rey‑Mermet, Alfonso de Liguori un uomo per i senza speranza, Roma 1987; D. Rulz GoNI, Addio Tribunali! S. Alfonso Maria de Liguori (1696‑1787), Materdomini 1995. Le ultime biografie di ampio respiro del santo sono quelle di TH. REYMERMET, Le Saint du Siècle des Lumières. Alfonso de Liguori (16961787), Paris 21987 (trad. italiana IL Santo del Secolo dei Lumi, Roma) e H. SWANSTON, Celebrating Eternity Now. A study in the theology of St Alphonsus de Liguori, Chawton Alton Hampshire 1995. Per quanto riguarda più particolarmente la morale alfonsiana cf. D. CAPONE, La “Theologia moralis” di S. Alfonso: prudenzialità nella scienza casistica per la prudenza della coscienza, in Studia Moralia 25 (1987) p. 27‑78; S. MAJORANO, La teologia morale nell’insieme del pensiero alfonsiano, ivi p. 79‑103 e IL teologo moralista oggi, ivi 33 (1995) p. 21‑44; TH. REY‑MERMET, La morale selon StAlphonse de Liguori, Paris 1987; M. VIDAL, La morale di Sant’Alfonso. Dal rigorismo alla benignità, Roma 1992.
(10) La ricorrenza tre volte centenaria, n. 1‑2, in L’Osservatore Romano,27 settembre 1996, p. 5.

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Ricerca fotografica: Salvatore Brugnano.