Memoriale 20 luglio

20 luglio
EFFEMERIDI C.Ss.R = 1921. Lettera di Benedetto XV in occasione del cinquantesimo del Dottorato di S. Alfonso.

1921. Lettera di Benedetto XV in occasione del cinquantesimo del Dottorato di S. Alfonso.

In occasione del cinquantesimo anniversario, il Sommo Pontefice scrisse una lettera al R.mo P. Patrice Murray, Rettore Maggiore della Congregazione.

«Caro figlio, salute e benedizione apostolica,
un mezzo secolo è passato da quando il vostro Padre e Fondatore della vostra Congregazione, Alfonso Maria de Liguori, è stato annoverato solennemente tra i Dottori della Chiesa: in questa circostanza ci congratuliamo di tutto cuore con voi per il vostro zelo nel diffondere i suoi salutari insegnamenti.
In verità, da quando gli è stato conferito questo nuovo onore da Pio IX, nostro predecessore di felice memoria, veramente la sua celeste saggezza ha brillato ancora più palesemente e universalmente nel mondo cristiano per il grande profitto degli uomini di studio e per l’utilità delle anime.
E mentre col tempo i migliori libri cadono nell’oblio, i giorni, che susseguono, mettono in luce solamente l’eccellenza e l’opportunità degli insegnamenti di sant’Alfonso.
Così non si trova errore odierno che il santo Dottore non abbia, almeno in sostanza, invincibilmente confutato. Ma il merito principale, è l’impegno posto nel pubblicare così fortemente i principi della fede, che conducono necessariamente alla pratica del dovere.
Perciò egli è utile non solo a quelli che studiano o insegnano, ma anche ai fedeli di ogni categoria, nel dimostrare ed appianare la strada che conduce alle solide virtù ed alla perfeziona cristiana. Insomma in tutta la sacra dottrina sant’Alfonso ha brillato di viva luce, particolarmente nella teologia dogmatica, avendo trattato con chiarezza e scienza le domande più ardue controverse del suo tempo.
Non vi è alcun insegnamento dato da Nostro Signore che Alfonso non utilizzi, non solo commentandolo in modo straordinario, ma ancora adattandolo nella pratica giornaliera della vita per santificarla; quindi è lui stesso per tutti i pastori una regola di vita ammirevole e vivente.

La sua eminente pietà gli rivelava l’amore di Dio, sorgente di ogni virtù, linea di unione tra fede e vita  veramente cristiana, non ha mancato di mostrare il fondamento di ogni santità nell’amore divino.
Per infiammare i cuori, non ha smesso di rappresentare la sovrana amabilità di Gesù Cristo che si manifesta soprattutto nella sua Passione e nell’istituzione dell’Eucarestia, due principali motivi che ci spingono a legarci a lui.
Ispirato da questo spirito ad amore, ha redatto innumerevoli preghiere del tutto serafiche che, tradotte in diverse lingue, si trovano dovunque sulle labbra dei fedeli, e si può dire che centinaia di migliaia di cattolici si servono delle parole di sant’Alfonso per manifestare la loro fiducia verso Dio e verso la Madonna, per pregarli, per ridire loro che li amano.

Perciò è con grande cuore che condividiamo la gioia di questo Giubileo che non è solamente un onore per la vostra famiglia religiosa, ma sotto diversi aspetti appartiene alla Chiesa universale. E per unire l’esortazione alla lode, abbiamo piena fiducia che sull’esempio di un così illustre Padre, vi impegnerete con nuovo ardore per la gloria di Dio come per la salvezza delle anime: questo sarà sicuramente il frutto più prezioso di questo giubileo.
Come pegno delle grazie dall’alto e come prova della nostra paterna benevolenza, vi accordiamo di gran cuore la benedizione apostolica, a voi, caro figlio, ed a tutti i membri della famiglia religiosa che governate con tanta saggezza.
Dato a Roma, da San Pietro, il 20 luglio 1921,
anno settimo del nostro Pontificato.
Benedetto XV, papa.

Benedetto XV ha detto di S. Alfonso: “La sua eminente pietà gli rivelava l’amore di Dio, sorgente di ogni virtù, linea di unione tra fede e vita veramente cristiana, non ha mancato di mostrare il fondamento di ogni santità nell’amore divino”.

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Fondazione della casa di Lione. 1913. 

La casa di Lione, capoluogo della provincia dello stesso nome, è del 20 luglio 1913, un anno prima della Grande Guerra. Questa città, preferita a Saint-Etienne, è stata una scelta ovvia come sede della Provincia. Vi si riuscì dopo dodici o tredici anni di attesa, durante il pontificato, troppo breve, del cardinale Sevin, che era nei nostri riguardi estremamente gentile ed insieme aveva un paterno zelo, autorizzò e benedisse la nuova fondazione nella sua città arcivescovile.
Il P. Favre fu il primo Rettore. La comunità ebbe necessariamente modesti inizi sopraggiungendo e prolungandosi la guerra; ma, dopo l’armistizio, si stabilì solidamente prima in via l’Enfance 35, nel quartiere della Croce Rossa, ed ora in via Dangon 7, nello stesso quartiere, con casa sufficientemente spaziosa e giardino piacevole ed utile con una certa superficie.
Di là, valorosi missionari si irradiano in tutta la regione e nelle diocesi vicine, dove la fede è ancora generalmente molto viva. Si offre al loro zelo apostolico un campo abbondante e consolante, per le missioni, ritiri ed altri lavori simili e vari.
La fondazione di Lione si impose dunque non solo da questo punto di vista, ma anche a causa della sua posizione centrale a riguardo di una Provincia che si distende del Sud al Nord-Est della Francia.
La cappella o chiesa della futura casa di Lione, sorgerà nella contrada il centro del culto al Cuore Eucaristico di Gesù.

Foto storica del 2008 della cattedrale di Lione illuminata allo scopo di promuovere la sua salvaguardia come patrimonio dell’umanità (foto da internet).

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IN MEMORIAM

P. Joseph Broger. Dongen, 1888.
Nato a Nordheim, diocesi di Strasburgo, il 10 febbraio 1864, questo giovane studente, per testimonianza dei suoi superiori e confratelli, morì come un santo.
Il carattere dominante della sua vita religiosa fu la volontà incrollabile e costante di essere tutto di Dio per Gesù e per Maria. Lo spirito ed il cuore erano immersi talmente in Dio tanto che, fuori il tempo dedicato allo studio, la conversazione fluiva soltanto sulle realtà spirituali.
Il segreto di questa vita, lo trovava nelle lunghe visite ai piedi del Santissimo sacramento. «Se dovessi vivere ancora per molto tempo – diceva – mi sforzerei di praticare alla perfezione il consiglio di Santa Teresa: starmene costantemente in adorazione davanti al Santissimo Sacramento, come fanno i Beati nel cielo, davanti alla entità divina».
Morì a ventiquattro anni offrendo la vita per la guarigione del  P. Rose, Provinciale, allora gravemente malato. —«Laetetur corno quaerentium Dominum». Sal. 104.
Professione: 8 settembre 1886.
Ordinazione sacerdotale: 18 maggio 1888.

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Jean Guéry (postulante corista). 1918.
Ucciso nella guerra del 1914.
 

Questa dolce ed eroica vittima cadde per la patria prima di vestire l’abito dei figli  di sant’Alfonso. Jean Guéry è nato nel 1897 a Saint-Laurent-des-Autels (Maine-et Loire ).
Studiò al collegio Mongazon ad Angers e seguì i corsi di filosofia e di diritto all’università Cattolica di questa città. Una gioventù straordinariamente devota era pervenuta alla decisione di farsi missionario Redentorista.
Nel 1916 arruolato al 114° reggimento di fanteria, passò sottotenente nel 1918; diceva allora: “Non so dove vorrei essere, ma dove il buono Dio vuole che sia. Che cosa vi è di migliore?”
Ben presto i suoi galloni sono bagnati dal mitragliamento nemico davanti a Verdun. Cinta due volte dai tedeschi, per due volte ruppe l’ assedio. Unico ufficiale superstite delle due compagnie impegnate, ne prese il comando e meritò essere menzionato all’ordine della 11^ divisione: fu decorato della croce di guerra.
Subito dopo, siccome conduceva i suoi uomini all’assalto di un deposito di mitragliatrici, una raffica di queste terribili armi gli crivellò la parte superiore del cranio e l’abbatté morto stecchito.
Jean si era confessato la vigilia. Dio ricevé il nostro giovane eroe nella gloria eterna; i comandanti  hanno onorato la memoria citandolo all’ordine del corpo d’armata. —. «Esto fidelis usque ad mortem e dabo tibi coronam vitae».  Ap. 1,10.

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Fr. Victor (Calle). Piura. (Perù), 1919.
Victor Calle è nato a Paccha, nelle vicinanze di Cuenca (Ecuador) il 27 giugno 1879. Dopo la professione, egli volle impegnarsi nello studio del trattato del P. Desurmont su “le dieci qualità del buon Fratello”, per metterlo in pratica.
Di lui si può affermare: fu grande orante e grande lavoratore. Amava trascorrere i momenti liberi alla presenza del Santissimo Sacramento, nei suoi andirivieni sgranava continuamente il rosario. Desideroso di rendere grandi servizi alla Congregazione, aveva appreso molti mestieri: falegnameria, calzoleria, cucina…
Qualsiasi incarico gli si affidava: si sforzava allora di compiere il suo dovere con tutta la perfezione di cui era capace. Dotato di grande spirito di famiglia, amava, nei giorni di festa, complimentare e rallegrare superiori e confratelli.
Per temperamento era un violento, ma aveva acquistato tanto dominio di sé, che arrivò a poco a poco ad essere un modello di dolcezza.
In quel tempo a Piura si diffuse la febbre gialla e Fratello Victor ne fu contagiato. Trasportato al Lazzaretto, morì dopo avere rinnovato, in giorno di sabato, i voti nelle mani del P. Albert Rettich.
La morte fu quella di un santo religioso. —«Vigilate… in omni tempore orantes».  Lc. 21,36.
Professione: 6 gennaio 1915.

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P. Louis-Marie Genvresse. Mouscron, 1923.
Il P. Genvresse ha lasciato la memoria di un religioso votato in modo straordinario all’apostolato.
Nacque a Mesnil-Dray (Manica), il 22 maggio 1853, da genitori cristiani devotissimi ed il loro carattere energico fu per lui nella infanzia una salvaguardia.
Fino all’età di quindici anni, si manifestò come ragazzo discolo; malgrado la sua sbadataggine non smise di ascoltare la voce di Dio che lo chiamava al sacerdozio. Ordinato sacerdote, fu nominato vicario di due diverse località. Dieci anni dopo entrava nel noviziato di Stratum.
Diventato missionario, il P. Genvresse fu l’apostolo di un’altra epoca. Si sentiva tagliato ed armato per la battaglia del Signore come i vecchi cavalieri, per agire di punta e di taglio, senza preoccuparsi degli avversari che avesse davanti, se non per convertirli e sconfiggerli.
Con le persone consacrate a Dio, ed in generale con le anime di buona volontà,  l’uomo austero e terribile contro il peccato teneva di riserva tesori di bontà e indulgenza che, senza nuocere alla forte azione del ministero, lo facevano apprezzare altamente.
Sebbene di ordinaria intelligenza, era riuscito, a forza di lavoro, a comporre ottime prediche. Le porgeva con vigore e qualità oratoria che spesso si avvicinava all’arte dell’eloquenza. Questo nuovo Bridaine non attirava la moltitudine di anime del nostro tempo al suo confessionale. Ma si consolava vedendo in ogni caso il bene che si faceva: «Abbatto le noci – diceva –  e gli altri le raccolgono».

Questa nota si applicherebbe bene anche alla lotta interiore che affrontò contro se stesso per diventare e restare santo religioso. Il P. Genvresse fu modello di dignità sacerdotale e di osservanza regolare. L’attenzione, il rispetto al santo altare era pregevole  quanto la scrupolosa fedeltà a tutti gli esercizi religiosi.
La sua immaginazione sempre viva e di più portata al pessimismo, le persone e cose che lo circondavano lo fecero – si dice –  soffrire più di una volta. Ma soffriva in silenzio, al prezzo di quale violenza interiore, Dio lo sa.
Nell’ultima periodo della vita, il Padre, colpito nella salute, viveva ritirato a Mouscron, dove era venuto per prepararsi alla morte. Ricevé i sacramenti in piena conoscenza. La mattina del 20 luglio, al risveglio della comunità, lo si trovò morto nel letto. —«Nos autem praedicamus Christum crucifixum».  1 Cor. 1,23.
Professione: 24 settembre 1888.
Ordinazione sacerdotale: 29 giugno 1877.

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Pensiero e testimonianza sulla virtù del mese nelle SPIGOLATURE
OBBEDIENZA = 20 luglio
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