Ammirati Alessandro redentorista

P. Alessandro Ammirati (1815-1896) – Italia.

P. Alessandro Ammirati (1815-1896)

Nacque in S. Gennariello di Ottaviano il giorno 10 settembre 1815. Professò il 29 settembre 1833. Si ordinò Sacerdote il dì 23 febbraio 1839.

Conservò sino alla decrepita età di circa 80 anni tutta la compostezza, la meticolosità, l’agire di un Novizio. Perciò si vede sempre cogli occhi bassi, colle braccia incrociate sul petto.

Era parco nel parlare, umile, ubbidiente sino allo scrupolo, pieno di carità verso il prossimo. Amava la castità e la povertà con una gelosia senza pari.

Fu successivamente per ben molti anni Maestro dei Novizi, Prefetto degli Studenti e Rettore delle Case di Somma Vesuviana e di Deliceto. Nel reggere quest’ultima, durante i tempi difficili del 1860, si seppe così ben comportare che si accattivò gli animi dei Soldati non solo, ma anche di uomini efferati.

Da tutti era tenuto per Santo, e tale si era in realtà.

Morì dolcemente e quasi senza malattia. Morto, ebbe solenni funerali. Il buon popolo di Somma lo pianse amaramente. Da tutti si faceva a gara per strappare pezzi di vesti e di capelli al caro estinto. Il cadavere dopo due giorni era ancora flessibile, ed appariva bello di aspetto più che vivente. (P. Aquino)

Era solito farsi la barba solo quando gli dicevano di farsela per ubbidienza; e sembrava un secondo S. Alfonso. «Perché, soleva dire, volete togliere la Pasqua alla Mortificazione? Io voglio fare come faceva il Nostro Santo Padre che si radeva la barba solo quando glielo comandavano».

In tutto il tempo del suo rettorato, che fu ben lungo, preferiva per se tutto il più faticoso e incomodo di Comunità. Diceva l’ultima Messa, quantunque fosse il più vecchio ed anche malaticcio. Predicava spesso fin anche le Novene intere e faceva la funzione in Chiesa sempre per risparmiare i Padri.

In quanto alla carità era ammirabile, era un vero portento di benedizioni dovunque si accostava: non perdonava né a sonno né a riposo, né a spesa, tutto sacrificava per compiere il bel precetto della carità, ed era solito dire sempre: «Quanto sarà bello quando Gesù Cristo mi dirà: Ciò che hai fatto al tuo fratello lo facesti a me stesso».

In quanto poi agli infermi non ci era limite fin dove si spandesse la sua carità; e quando si trattava di una malattia, o cronica o grave, per lui non c’erano né Regole, né ragioni, ma tutto si studiava per contentare l’infermo e alleggerire i di lui mali.

Molti Padri andavano a Somma per cambiamento di aria. Appena li vedeva faceva gran festa, dicendo: «Ecco, adesso, viene la mia fatica». Li trattava come il Medico gli diceva; li serviva Egli stesso, e faceva quanto più poteva fare per tenerli contenti. Spendeva delle somme favolose per la loro salute. Molte volte era rimproverato dai Padri della Comunità, che gli dicevano perché non chiedesse alle rispettive Case degli infermi ciò che si spendeva per essi. Ed egli loro rispondeva: «Se me lo mandano, me lo prendo, altrimenti ci pensa la Divina Provvidenza. Perché volete togliere questo dritto alla Provvidenza di Dio, se Essa me li ha mandati? Essa ci deve pensare».

Era il consolatore di tutte quelle contrade che circondano la città di Somma, di qualunque ceto e condizione. Non ci era persona o famiglia che non fosse ricorsa a lui nelle proprie necessità: ed ognuna magnificava Iddio di aver trovato un buon Padre ed un vero Consolatore.

Molte volte era tacciato, rimproverato dai Confratelli come scemonito, rimbambito, credulone, ed a tutti rispondeva: «Dopo la fatica, ecco la paga: è segno questo che il mio Padrone è stato contento del mio lavoro. Andiamo avanti. Lasciate parlare.

Molte volte quando si accorgeva che le cose della Comunità non procedevano con ordine, armonia e carità, radunava tutti e li esortava con parole così ben dette, che sembravano tante saette, e nello stesso tempo smorzava il fuoco dei più bellicosi, e così tutto procedeva con somma carità e armonia.

Otto giorni prima della sua morte chiamò a sé il sarto Fratello Giuseppe Gaeta, e gli ordinò di togliere tutto dalla sua stanza, e il Fratello disse: «Perché, Padre, questo sfratto?». «Figlio mio, riprese il Padre, è meglio che lo fate ora con comodo, che da qui a pochi giorni poi dovrete farlo con fretta».

Il Fratello, dopo aver tolto tutto, lasciò le forbici e la spazzola, ma il P. Ammirati gli comandò di togliere tutto e disse: «Io voglio che Satana, se comparirà da qui a poco nella mia stanza, non trovi dove appigliarsi».

Era bello a vederlo in quegli ultimi suoi giorni con la berretta in mano andare dal Fratello sarto, dicendogli: «Fratello, fatemi la carità di darmi una camicia per limosina, oppure un fazzoletto, o altro di urgente bisogno. E perché il Fratello si infastidiva per le sue continue richieste, P. Ammirati col sorriso compiva atti di grande eroismo.

Nell’ultimo giorno di sua vita disse la S. Messa, ma fu obbligato durante la Messa a sedersi più volte, e, assalito da svenimento si dovette chiamare un Padre, per aiutarlo a terminare la Messa. Finita la Messa si pose a letto con tutta la sottana, gli portarono dei cordiali, ma lui appena li assaggiò, mettendosi con le mani in croce si pose in un grandissimo raccoglimento, e così restò fino a mezzodì.

Venuto il Medico Domenico Angrisani, di Somma, egli aprì gli occhi e gli disse: «Avete fatto bene di venire non per visitarmi perché non ci è di bisogno, ma per darvi la mia benedizione a voi ed a tutta la vostra famiglia, la quale sarà l’ultima».

Il Medico ripigliò: «Non sia, che sarà per noi tutti una grande sventura», e Lui sorridendo disse: «No, ma se questa è la volontà di Dio, bisogna che tutti si accomodino».

All’ora del pranzo non prese nulla. I Padri ed i Fratelli non lasciarono più la sua stanza, ma nessuno pensava a una morte imminente.

Tutto il giorno lo passò in fervorose orazioni! Venuta la sera, allora il suo confessore P. Tramontano gli si presentò e gli disse: «Padre, avete bisogno di qualche cosa da me?» E lui rispose meravigliato: «Perché non mi date l’Olio Santo? – Via, gli disse il Confessore, non ci è di bisogno». Il P. Ammirati con dolcezza ripigliò: «O bisogno o non bisogno, fatemelo», e tutto si fece.

Giunta l’ora dell’Esame della sera, la Comunità volle farlo nella sua stanza, e il Padre ebdomadario D’Amelio, giunto alle Litanie, ebbe l’ordine dal P. Rettore Ammirati di dire «Ora pro eo».

Terminato l’Esame, ogni Padre che usciva dalla sua stanza, se lo chiamava vicino al letto e gli diceva: «Padre, datemi la benedizione, ché questa è l’ultima». All’ultimo poi che fu il suo Confessore, gli disse: «Datemi la vostra Assoluzione che sia “in articulo mortis”». E li obbligò ad andarsene tutti a letto.

I Padri acconsentirono perché loro sembrava più sveglio. Entrato Fratello Gennarino De Maria, disse: «Padre, voglio stare qui stanotte», ma il Padre rispose: «Non ci è bisogno, potete andare a riposare» – E perché il Laico insisteva a restare, il Padre gli disse: «Fatemi questa carità, fate come vi ho detto». Allora il Fratello si inginocchiò e gli chiese la benedizione, ed il Padre gli disse queste parole: «Vi ho voluto sempre bene, vi ho aiutato e vi benedico di gran cuore, e vi ringrazio della carità a me fatta. Domani venite un po’ più presto».

La mattina del mercoledì, 5 febbraio 1896, verso le 4.30 Fr. Gennarino andò alla stanza del Rettore P. Ammirati, ed appena entrato lo trovò vestito disteso sul letto, colle braccia in croce e stringendo la Croce sul petto.

Credendo che dormisse lo chiamò più volte, ma era morto, e sembrava a tutti che dormisse. Tutti accorsero per avere qualche suo ricordo e reliquia. Stette insepolto sino al sabato, senza alterarsi menomamente, restando flessibile come allora fosse spirato.
Ebbe funerali particolari prima dal Municipio e poi dal Clero.
(Notizie rilevate dall’Elogio Funebre del P. Salvatore Di Coste)
O anima bella, deh! prega per noi.

Nel Libro delle Ricezioni o meglio delle Consulte Generali sono registrate queste parole con data del 21 agosto 1831:
«Alessandro Ammirati fu Saverio di S. Gennarello di anni 16 è stato ricevuto con unanimità di voti».

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Profilo tratto da Biografie manoscritte
del P. S. Schiavone –
vol.2 Pagani, Archivio Provinciale Redentorista.
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P. Alessandro Ammirati, redentorista di S. Gennariello di Ottaviano, era una figura veneranda e santa: i confratelli lo apprezzavano e amavano. La sua morte, avvenuta nel 1896, fu come una lezione spirituale per chi gli stette vicino per assisterlo.
P. Alessandro Ammirati, redentorista di S. Gennariello di Ottaviano, era una figura veneranda e santa: i confratelli lo apprezzavano e amavano. La sua morte, avvenuta nel 1896, fu come una lezione spirituale per chi gli stette vicino per assisterlo.

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