De Vivo Domenico redentorista

P. Domenico De Vivo (1780-1865) – Italia.

P. Domenico De Vivo (1780-1865)

Nacque in Pagani nell’anno 1781 [1780, precisa Minervino]. Entrò in Congregazione a 24 anni.

Fu zelantissimo dell’esatta osservanza regolare. Egli fu uno dei Padri più rinomati del nostro Istituto, specialmente per la predicazione, non risparmiandosi fatiche per attirare anime a Gesù Cristo.

Emulo dei primi Compagni del nostro Santo Fondatore, fu sempre alieno da ogni carica, benché nella stessa Congregazione però fu Consultore Generale più e più anni.

Finalmente carico di anni e di meriti, e munito di tutti i conforti della Religione, moriva il giorno 17 febbraio 1865 a 84 anni d’età e mesi sei, e di Congregazione anni 60. (Libro delle Messe).

Il P. Tallaridi poi lasciò scritto:

«La sera del 17 febbraio 1865 il P. Domenico De Vivo moriva nella sua famiglia di origine, in Pagani, ma assistito notte e giorno dai Nostri. Contava anni 84 e mesi 6 di vita; 60 di Congregazione, e quasi un 50 anni di carriera apostolica.
Si ricordava di S. Alfonso vivente nella Casa di Pagani; ne aveva ereditato lo spirito, specialmente per la minuta osservanza delle nostre Regole, e per la santa povertà, di cui era nostro modello, uno dei primi predicatori dell’Istituto per facondia, zelo, e successo meraviglioso. Già Consultore Generale del Rettore Maggiore Ripoli, e Maestro dei nostri Giovani pel Metodo delle Sante Missioni. I funerali si son fatti in Chiesa nostra». (Libro delle Messe).

Il ritratto del P. De Vivo si conserva in famiglia. Il P. De Vivo da vero poeta, nel 1835, diede alla luce 40 e più Canzoncine devote con altre pregevoli Operette. Questa immaginetta del Crocifisso fu fatta stampare dal P. De Vivo e allegare al libretto delle sue Canzoncine. Ecco la didascalia ed alcuni suoi versi:

“Son Dio, son Padre, son tuo Redentore -Su questa Croce i falli tuoi pagai – Se ingrato sei, soffrir un dì dovrai – Come Giudice tuo, il mio rigore.”
«Alma fedel t’arresta, e guarda in Croce
Di quel morto Signor l’augusta Immago,
Che in dar pruove d’Amor non fui mai pago,
Finché non tel mostrò con morte atroce.
E tu ingrata non piangi? Ed al sembiante,
Ed agli atti, mostrando un cor di gelo,
Potrai tu non amar un Dio si amante?

 Nel 1848, volendosi celebrare nella Parrocchiale del Comune di Pagani una pomposa festività per la ricevuta Costituzione, e renderne i ringraziamenti dovuti all’Autore di ogni bene, fu chiamato il P. De Vivo dal Regio Giudice del Circondario, dal Sindaco, e Decurionato con loro invito a recitare un discorso conveniente alla circostanza.

Si celebrò la Festa nella mattina del dì 24 Febbraio. P. De Vivo ebbe l’onore di parlare alla presenza del Vescovo di Nocera e Canonici, del Clero secolare e regolare, della Piana maggiore dei militari, dei Regi Giudici, del Sindaco e Decurionato ecc.

Il discorso comincia così:

«Esulta et lauda habitatio Sion. (Is. XII). La riconoscenza, N.N ai divini benefici sciolse sempre la lingua dei popoli più colti ad Inni di lode al Dator di ogni bene. Valga per tutti l’esempio del Popolo Ebreo.
Vede sotto i suoi piedi l’Eritreo diviso; vedesi salvo dal furor di Faraone all’altra sponda; guarda l’esercito nemico sommerso in quelle onde, ed immantinente si scioglie la lingua del suo Condottiere, che fra gli estri di giubilo chiama tutto il popolo a lodare il Dio degli eserciti con quel sublimissimo poetico Carme, che di tutti è il più antico: Cantemus Domino. ( Ez. XV.)
Il Re Ezechia è ritornato…. ed ecco un Canto…. Habacuc rende grazie a Dio…. Isaia…. La madre di Samuele e cento altri si rivolgono a Dio con Inni di lode….
Anche voi esultate, e cantate le sue lodi, poiché ha mosso il nostro augusto Regnante a concedere a noi una Costituzione novella….
In che consiste? E che dovete fare onde goderne in sen la pace?…
Tutti i Principi della terra non riconoscono la loro Sovranità che da Dio, il quale è l’unico, l’assoluto, e l’Indipendente Monarca dell’Universo….
Quindi è dovere dei sudditi rispettare ed ubbidire ai Principi, accoglierne ed eseguirne le leggi….
Ora il nostro augusto regnante Ferdinando II, Re ammirabile per la sua religione; rispettabile per l’illibata morale; amabilissimo per pietà e clemenza; volendo dare ai suoi popoli un nuovo contrassegno di amore fra la generale allegrezza ha voluto dividere coi sudditi i suoi alti poteri; ha voluto comunicare con essi i suoi dritti con dare e firmare una Costituzione novella.
Ha voluto con questa, che i popoli suoi cari fossero a parte nel governo del regno costituendo due camere, una dei Pari, l’altra dei Deputati che saranno creati dai popoli stessi, e potranno concorrere al buon regime, ed alla felicità del Regno.
Ma questa non dipende che dai popoli stessi, se sapranno serbare la pace; se sapranno deporre ogni spirito di partito e di egoismo; e se volentieri saranno rispettosi ed ubbidienti alle leggi ed alle autorità costituite….
La legge non inceppa l’umana libertà. L’altissimo pregio dell’umana libertà affatto non consiste nel potere operare a capriccio. La libertà non è data da Dio per iscuotere il giogo di ogni legge, ma per operare li bene con merito…
Dove la legge si osserva, ivi si gode di maggior libertà e più perfetta.
La legge è quella che stabilisce e regola i doveri degli uomini, ne frena, e ne modera le sregolate passioni, e ne rettifica pure i costumi, e senza di essa non vi sarebbe che orrendo disordine, ed ogni società rimarrebbe totalmente disciolta…
Volete voi veramente esser liberi? Siate sapienti, cioè padroni di voi stessi. Sarete sapienti se saprete dominare sui vostri insani appetiti, e non farvi dominare da essi; se sarete animati dallo spirito di Dio, ivi è la libertà: Ubi autem spiritus Domini, ibi libertas. Sarete sapienti e quindi liberi, se saprete esser fedeli osservatori della legge divina ed umana….
La Costituzione ha per base la Religione Cattolica e la Legge Vangelica, ed esclude l’esercizio di alcuna altra religione. Dunque amore a Dio e al prossimo. Dio si onora con la Fede, Speranza e Carità…

Nella vita del Ven. P. Ribera, scritta dal Consultore Generale P. Di Coste Antonio si legge che sotto l’illuminata direzione del P. De Vivo il P. Ribera attese assai alacremente ad arricchirsi di un copioso corredo di esercizi predicabili, di cui può avere bisogno in ogni occasione un zelante Missionario.

Fu l’ultimo Padre che ha conosciuto S. Alfonso vivente. (9 nov. 1932 Padre Schiavone)

Il P. Domenico Cianciulli mi diceva che P. De Vivo da bambino alla morte di S. Alfonso gridò: «Alfonso in Cielo» [il bambino, invece, era il piccolo Alfonso Fusco]; ch’era dotto e focoso di capo per cui andava sempre senza berretta e col capo ben tosato; che fu visto una volta tutto lacero e impolverato perché trascurato di sé, salire il pulpito pel panegirico di S. Alfonso in Pagani, e il Vescovo disse: “E che, va un Laico a predicare?” Ma udita la di lui dottrina, ne concepì un’altra idea.
P. De Vivo all’età di tre anni fu benedetto da S. Alfonso nelle braccia della madre.
Era Oratore in ogni genere di predicazione, vuoi popolare, vuoi polemica, e Poeta.

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Profilo tratto da Biografie manoscritte
del P. S. Schiavone –
vol.2 Pagani, Archivio Provinciale Redentorista.
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L’immagine del crocifisso che il P. Domenico De Vivo antepose al libretto delle sue devote Canzoncine. – Una testimonianza vorrebbe che fosse lui il bambino a gridare “Alfonso in cielo!”: in realtà il piccolo si chiamava Alfonsino Fusco.
L’immagine del Crocifisso che il P. Domenico De Vivo antepose al libretto delle sue devote Canzoncine. – Una testimonianza vorrebbe che fosse lui il bambino a gridare “Alfonso in cielo!”: in realtà il piccolo si chiamava Alfonsino Fusco.

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