Gaudiello Gioacchino redentorista

Fratello Gioacchino Gaudiello (1719-1741) – Italia.

Il Fratello Gioacchino Gaudiello nacque nella terra di Bracigliano, feudo dei signori Miroballi, Cavalieri Napoletani dei Principi di Castellaneta, nell’agosto dell’anno 1719. Egli fu di prosapia civile, essendo suo fratello, don Andrea Gaudiello, parroco di Ciorani.
Crescendo negli anni, diede subito segno di costumi illibati, e di grande inclinazione alla devozione e alla bontà di vita. Si confessava e comunicava spesso e frequentava le chiese. Si portava spesso da suo fratello a Ciorani; e poiché da poco tempo si era ivi fondata la nostra casa e comunemente si diceva: « Chi si vuole far santo che vada alli Ciorani », invogliatosi, il giovine Gioacchino fece grandi istanze ai Superiori per farsi dei nostri e vivere da Fratello laico. Fu subito ammesso il 2 giugno 1737, alla età di 18 anni.
Appena entrato in Congregazione, Fratello Gioacchino cominciò a camminare di una altra maniera da quanto aveva fatto nel secolo, imitando le virtù proprie di Gesù Cristo, che sono state la umiltà e la obbedienza le principali. Era così dimesso ed umile da dedicarsi agli offici più bassi e più dispiacevoli: scopava la casa, puliva i vasi immondi, serviva a tavola e in cucina; insomma non vi era servizio il più faticoso che egli non intraprendeva per esercitarsi nelle umiliazioni e penitenze.
Il 21 luglio 1740 emetteva la sua oblazione.
Fu esattissimo nella obbedienza; talvolta fino al minuto; ne racconteremo un esempio. Stava egli, una volta, in cucina ove ai forestieri è vietato entrare. Un giorno, dopo la esposizione del SS. Sacramento del sabato, solita a farsi da noi in ogni Casa, cadeva una pioggia così violenta che il sign. don Andrea Sarnelli, figlio del barone del luogo e nostro fondatore, fu costretto a rifugiarsi in detta cucina. Vedendolo Fratello Gioacchino, come se avesse commesso un grave delitto, lo prese per un braccio e lo cacciò fuori. Il signor don Andrea, invece di offendersi, ammirò tanto la sua obbedienza alle Regole, che andò pubblicando per ogni parte la sua grande virtù.

Circa poi la sua mortificazione fu egli certamente eroico in tale virtù, cercando ogni occasione per mortificarsi. Fu modestissimo nel volto, andando sempre cogli occhi bassi, né guardava persona alcuna, specialmente di diverso sesso.

Nel vestire prendeva sempre le vesti più lacere: nel mangiare specialmente era mortificatissimo. Una volta, stando a tavola, trovò una mosca nel suo piatto e si decise a inghiottire quell’animaletto schifoso; ma temendo che non fosse quella la volontà di Dio, si accostò segretamente al Rettore, pregandolo con tutta umiltà che gli avesse concesso di ingoiare quell’insetto. Ottenuta la licenza, lo tranguggiò, come se fosse stato un nettare di paradiso.

Fu egli assai devoto; faceva le novene di Gesù Cristo e di Maria SS. con grande apparecchio, usando confessarsi e comunicarsi prima di cominciare le dette novene, come faceva S. Francesco Borgia.

Insomma F.llo Gioacchino fu ammirabile in tutte le virtù, ma specialmente in queste della penitenza e della mortificazione; talmente che, dal continuo uso di discipline e catenelle, si andò a poco a poco a consumarsi la sua vita, e divenne, nel meglio della sua gioventù, tisico ed etico; per cui fu costretto a mettersi a letto per lunghi mesi, patendo per amore di Gesù Cristo, anzi godendo dei suoi patimenti.
Richiesto dai nostri se gli dispiaceva morire con quel male e così giovane, rispose Fratello Gioacchino: « Come dispiacermi? Io sto allegrissimo, perché sono il primo della nostra Congregazione che muoio, ed io andrò in Cielo a portare lo stendardo ». Parole che intenerirono tutti i circostanti.
Ridottosi pelle ed ossa, ma stando sempre allegro e giulivo, con dispiacere di tutti, placidamente spirò, abbracciato col suo Crocifisso, il 18 aprile del 1741, essendo di età di anni circa 22.

Saputasi la morte di Fratello Gioacchino, non solo per Ciorani, ma anche per Bracigliano, sua patria, e per tutte le parti vicine, concorsero le genti a folla al suo funerale; ed invece di piangere la sua morte, invidiavano la sua felice sorte, per essere così presto passato dalla terra al cielo, e per essere il primo della Congregazione ad avere la bella fortuna, così giovane, a portare la palma in cielo.
Era così bello nel volto che pareva vivo ed aveva un’aria di Paradiso; tutti si affollavano a tagliargli le vesti, tanto che si fu costretti a seppellirlo presto per non farlo ridurre a pezzi. Ma, trascorsi alcuni giorni, per accontentare tante persone pie e devote, che non si erano trovate presenti, i Superiori lo levarono dalla sepoltura e lo ritrovarono bello come era 11 giorni prima di essere sepolto; anzi, salassandolo a un braccio, uscì vivo sangue in gran copia che poté essere distribuito a tutti i presenti.

Questo è ciò che ho potuto ricavare brevemente dalla sua vita, e confesso che tutte le volte che ho potuto ammirare il suo ritratto nella portineria del Collegio di Ciorani, mi intenerivo e sentivo animarmi alla virtù, tanto compariva modesto e grazioso nell’apparenza.
Che il Signore si compiaccia mostrarcelo con altri segni, per poterlo venerare come gli altri Beati sull’altare.

P. Giuseppe Landi
Memorie Istoriche, vol. I, cap. 17, pag. 150-157.

Fratello Gioacchino Gaudiello, nativo di Bracigliano vicino Ciorani, volle entrare subito nell'Istituto di S. Alfonso e a soli 22 anni consumò la sua giovane vita: "Io sono il portabandiera dell'Istituto in Paradiso", disse gioiosamente morendo. (tela di Roma-Raccolta Marrazzo).

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Altro Profilo

Il dolce e devoto Fr. Gioacchino Gaudiello morì il 18 aprile 1741, a Ciorani, appena ventiduenne. Pensando di essere il primo a morire in Congregazione, ripeteva graziosamente: Io porto lo stendardo. Volò al cielo sereno, mentre S. Alfonso predicava una missione. Al ritorno in comunità, pianse la scomparsa dell’angelico beniamino, e compose una iscrizione, che venne apposta al ritratto ordinato dall’ecc.mo mons. Falcoja, alcuni giorni dopo la morte.

Ecco parte dell’atto notarile conservato nel R. Archivio di Stato di Salerno (Protocolli notarili: 1741-1742 di Antonio Murino della Terra di Ciorani), che descrive la esumazione avvenuta qualche giorno dopo la morte per ricavarne il ritratto.

Die XXIX mensis aprilis 1741. Iuranis.

Il P. don Giovanni Mazzini, primo Ministro del collegio di Ciorani, questa medesima sera, verso l’ora l’una e mezzo di notte, chiamato i maestri fabbricatori della Terra di Roccapiemonte, i quali attualmente si ritrovano fabbricare in detto collegio, alla presenza del P. D. Saverio e di altri sacerdoti, ordinò di sfabbricare il suolo dove stava sotterrato detto quondam Fr. Gioacchino, come in effetto, sfabbricato detto suolo, cavarono fuori detta cassetta, e la riposero nel suolo di detta cappella, e, schiodato il coverchio di detta cassetta, e vedutosi detto Fratello cadavere intatto, ed immarcito, e toccatoli li membri dal medesimo P. primo Ministro, si sono ritrovati flessibili, le punte delle dite rubiconde, il volto intatto e flessibile, solamente gli occhi concavati, senza esserne marciti, né dava veruna puzza; la sua veduta consolava tutti i circostanti. E avendo detto P. primo Ministro ordinato e precettato a detto cadavere, in virtù di santa obbedienza, che voleva sangue da detto cadavere, ed ordinato al P. D. Saverio Rossi che l’avesse sagnato colla punta delle forbici sopra le mani, e propriamente nella mano sinistra, ne uscì sangue vivo, rosso e colorito; e replicato da detto primo Ministro il precetto di santa obbedienza, dicendo: Fratello cadavere, in nome di Maria SS., dà sangue fuori, sagnato da nuovo da detto P. D. Saverio, uscì sangue della stessa forma e maniera che prima; e replicato il precetto di santa obbedienza la terza volta in nome di S. Luigi Gonzaga, di cui detto quondam Fratello ne era divoto, e, sagnato, uscì sangue dell’istesse maniere; e così la quarta volta precettato in nome dei SS. Apostoli, protettori di detto collegio, diede di nuovo sangue come prima, di maniera che rimasero stupiti tutti i circostanti, e da noi fu benissimamente veduto il sangue tanto sopra la mano sagnata, quanto in uno pannolino di lino, col quale l’avevano asciugato da sopra detta mano; e ciò fatto, da nuovo in presenza nostra fu inchiodata detta cassetta e fu riposta sopra al coro di detta cappella.

S. ALFONSO, 1943, pag. 20.

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Profili tratti da
Nella luce di Dio, Redentoristi di ieri.
del P. Francesco Minervino, Pompei 1985

Fratello Gioacchino Gaudiello fu ammirabile in tutte le virtù, ma specialmente in quelle della penitenza e della mortificazione; si andò a poco a poco a consumarsi la sua vita, divenedo tisico e morendo nel meglio della sua gioventù. (Incisione-Raccolta Marrazzo).

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