I poveri e gli abbandonati

  I poveri e gli abbandonati
La vocazione di Alfonso e dei Redentoristi

L’evangelizzazione degli abbandonati e dei poveri costituisce la ragion d’essere dei Redentoristi. Il fine infatti della Congregazione, come ricordano le Costituzioni  fin dall’inizio, è «seguitare l’esempio del nostro Salvatore Gesù Cristo in predicare ai poveri la divina parola, come egli già disse di se stesso:  Evangelizare  pauperibus  misit  me» (n. 1).

La spiritualità, la vita fraterna e le stesse strutture dei Redentoristi vogliono essere espressione delle «inequivocabili parole del Vangelo» che indicano nei poveri una «speciale presenza» del Cristo ed esigono perciò dai credenti «un’opzione preferenziale per loro». Cercano così di testimoniare «lo stile dell’amore di Dio, la sua provvidenza, la sua misericordia» (cf Novo millennio ineunte, n. 49).

«Chi è chiamato alla Congregazione del Santissimo Redentore – scriveva Sant’Alfonso ai giovani Redentoristi – non sarà mai vero seguace di Gesù Cristo né si farà mai santo, se non adempirà il fine della sua vocazione e non avrà lo spirito dell’Istituto ch’è di salvare le anime, e le anime più destituite di aiuti spirituali, come sono le povere genti della campagna» (Opere,  vol. IV, Torino 1847, 429-430).

Il cammino di fondatore percorso da Alfonso costituisce per tutti i Redentoristi un punto di riferimento fondamentale. Lasciata la carriera forense, fece dell’annunzio del Vangelo il perché della sua vita, dedicandosi al servizio dei poveri e incarnandosi tra gli abbandonati del suo tempo. Divenne così, insieme ai primi compagni, comunità evangelizzatrice tra loro e per loro.
È il cammino che i Redentoristi sono chiamati a percorrere incessantemente: attraverso una lettura evangelica della realtà sociale ed ecclesiale, si impegnano a discernere le situazioni e i contesti di povertà e di abbandono per farsene carico con prontezza fiduciosa. Ne deriva che il loro apostolato è «caratterizzato, più che da alcune forme di attività, dal suo dinamismo missionario, cioè dall’evangelizzazione propriamente detta e dal servizio prestato a quegli uomini e a quei gruppi che sono più abbandonati poveri, per le condizioni spirituali e sociali» (Costituzioni, n. 14).

G.E.R. 2009 - S. Alfonso tra i pastori di Scala

Si tratta di situazioni oggettive di povertà e di abbandono dovute a fattori sociali ed ecclesiali che i Redentoristi si impegno a denunziare con franchezza: «Il mandato di evangelizzare i poveri, affidato alla Congregazione, abbraccia tutta la persona umana che deve essere liberata e salvata. I congregati hanno il dovere di proclamare apertamente il Vangelo, solidarizzare coi poveri, promuovere i loro diritti fondamentali alla giustizia e alla libertà, usando tutti quei mezzi che sono insieme conformi al Vangelo ed efficaci»  (Costituzioni,  n. 5).
L’accento è posto sempre sul bisogno di Vangelo. I Redentoristi infatti si sentono inviati in modo speciale a «coloro che non hanno potuto avere ancora dalla Chiesa mezzi sufficienti di salvezza; coloro che non hanno ascoltato mai il suo messaggio, o non lo ascoltano più come “buona novella”; e infine coloro che sono danneggiati dalla divisione della Chiesa» (n. 3).
Si pongono perciò nella Chiesa come presenza e stimolo perché sia sempre più fedele al manda‐to missionario (of. Mt 28,18-20).

P. Sabatino  Majorano
in “Lessico familiare redentorista della PGVR“, Valsele Tip. 2010

Guarda il video dell’apostolato di S. Alfonso tra gli abbandonati nella bella rappresentazione del 12 dicembre 2007 nella Basilica di Pagani [flashvideo file=video/SAlfonsoApostolato.flv /]