Il codice deontologico di Alfonso avvocato

Il codice deontologico di Alfonso avvocato
Addio, Tribunali: non mi medrete più.

S. Alfonso fu un celebre avvocato di Napoli, forse il più giovane, avendo conseguito la laurea nel 1713 a 17 anni non ancora compiuti. Dovette aspettare la maggiore età per esercitare la professione forense che gli procurò molte soddisfazioni. Ma nel 1723, per palese ingiustizia, perse una importante causa che lo aveva molto impegnato, quella sul feudo di Amatrice (oggi in provincia di Rieti) conteso dal Duca Orsini e dal Granduca di Toscana. In seguito alla ingiusta sentenza (così la sentì il giovane Alfonso e così è stato dimostrata da successivi studi) Alfonso prende la radicale decisione di lasciare il mondo dei tribunali per dedicarsi a migliori cause.
Ricordo che nel 1998 a Palermo, nel Palazzo di Giustizia dove era stato appena inaugurato un busto di S. Alfonso, l’allora Procuratore della Repubblica Giancarlo Caselli commentava a noi Redentoristi la scelta di S. Alfonso di lasciare i tribunali per dedicarsi al servizio di Cristo e dei poveri: “Felice scelta… ma, francamente, non è pensabile che tutti gli avvocati lo possano imitare, altrimenti come andrebbe avanti l’amministrazione della Giustizia?” E non si poteva essere che d’accordo.
Ma l’episodio curiosamente ci interpella se la santità di Alfonso sia consistita nell’aver esercitato la professione di avvocato o per averla abbandonata. La risposta potrebbe essere:  per l’una e per l’altra. Il giovane avvocato si presentava al combattimento forense avendo occhi ben aperti sulle tentazioni del foro e sguardo ben fisso sui suoi doveri, come testimoniano dodici comandamenti dell’avvocato tracciati per iscritto con l’aiuto, senz’altro, del P. Pagano, suo direttore spirituale. Ancora oggi queste “regole” sono un piccolo trattato di morale professionale, assolutamente non superato e possono costituire un punto di riferimento per gli avvocati di qualunque credo religioso.  Alfonso “li avea in una cartolina, e spesso li meditava”.

  • 1. Non bisogna accettare mai Cause ingiuste, perché sono perniciose per la coscienza, e pel decoro.
  • 2. Non si deve difendere una Causa con mezzi illeciti, ed ingiusti.
    3. Non si deve aggravare il Cliente di spese indoverose, altrimenti resta all’Avvocato l’obbligo della restituzione.
  • 4. Le Cause dei Clienti si devono trattare con quell’impegno, con cui si trattano le Cause proprie.
  • 5. E necessario lo studio dei Processi per dedurne gli argomenti validi alla difesa della Causa.
  • 6. La dilazione, e la trascuratezza negli Avvocati spesso dannifica i Clienti, e si devono rifare i danni, altrimenti si pecca contro la giustizia.
  • 7. L’Avvocato deve implorare da Dio l’ajuto nella difesa, perché Iddio e il primo Protettore della giustizia.
  • 8. Non è lodevole un Avvocato, che accetta molte Cause superiori a suoi talenti, alle sue forze, ed al tempo, che spesso gli mancherà per prepararsi alla difesa.
  • 9. La Giustizia, e l’Onestà non devono mai separarsi dagli Avvocati Cattolici, anzi si devono sempre custodire come la pupilla degli occhi.
  • 10. Un Avvocato, che perde una Causa per sua negligenza si carica dell’obbligazione di rifar tutt’i danni al suo Cliente.
  • 11. Nel difendere le Cause bisogna essere veridico, sincero, rispettoso, e ragionato.
  • 12. Finalmente, diceva Alfonso, i requisiti di un Avvocato sono la Scienza, la Diligenza, la Verità, la Fedeltà, e la Giustizia ”.

(cfr Rey Mermet, Il Santo del secolo dei lumi, Città Nuova 1982, pp.119-120)
P. Salvatore Brugnano

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