Il Dio dell’amore e della misericordia

18. S. Alfonso: Il Dio dell’amore e della misericordia.

Il pensiero di S. Alfonso richiamato da Giovanni Paolo II
[i titoletti sono redazionali]
Il Dio dell’amore e della misericordia è il tema centrale e fondamentale come ricorda il S. Padre nella lettera che il 24 settembre scorso [1996] ha scritto al nostro padre Generale. Mette in risalto in questa lettera l’importanza di S. Alfonso e, soprattutto, mette l’accento sul suo annuncio evangelico: la misericordia e l’amore di Dio e la comprensione e la misericordia nel sacramento della riconciliazione e della penitenza. 

S. Alfonso de Liguori è sempre vivo nella Chiesa che amò con fedeltà e passione, servì con intelligenza e sacrificio. La vide sofferente, decaduta dall’ideale tracciato da Cristo, combattuta dagli illuministi, assediata dal potere politico, e Alfonso decise di battersi per il suo rinnovamento, per la sua libertà, per la sua santità. A questo compito orientò la sua attività di missionario del popolo, di fondatore della Congregazione del SS. Redentore, di vescovo di Sant’Agata dei Goti. Ma egli sapeva che sono le idee che governano il mondo, muovono gli uomini, fanno la storia. Perciò si impegnò a immettere una nuova linea di pensiero nei rami delle varie scienze religiose: la morale, la dogmatica, la spiritualità.
Anzitutto nella morale dove era più urgente l’intervento, perché essa era dominata dal giansenismo e dal rigorismo, che avevano creato un clima di intransigenza e di durezza, gettando le anime nell’inquietudine e nell’angoscia. Con l’intuizione del genio e il coraggio di un santo, Alfonso operò una svolta, affermando il primato dell’uomo sulla legge, della coscienza sulla norma astratta e impersonale, della benignità pastorale sul rigorismo morale.
Nella Teologia dogmatica la sua opera fu prevalentemente di controversista e di apologeta. Con un procedimento logico, non comune nel Settecento, egli conduce l’incredulo alla Chiesa passando per un triplice grado: all’ateo dimostra l’esistenza di Dio, al deista l’esistenza di una religione positiva, all’acattolico la verità della Chiesa Cattolica. Nel campo della spiritualità S. Alfonso ebbe il merito di ridestare il fervore nel popolo umile, proponendogli come vocazione la santità cristiana.  

Il Dio della misericordia e dell’amore
In questa mia conversazione, come ho detto, parlerò di un tema centrale della spiritualità di S. Alfonso: l’amore e la misericordia di Dio. O meglio del Dio della misericordia e dell’amore, del Dio di Gesù Cristo, come direbbe Pascal.
Ecco il primo pensiero che S. Alfonso scrive nel suo primo libro del 1728, intitolato Le massime eterne: «Considera, o uomo, come quest’essere che tu hai, te l’ha dato Dio, creandoti a sua immagine. Senza tuo merito ti ha adottato per figlio con il santo Battesimo, ti ha amato più che padre e ti ha amato perché lo ami e lo serva in questa vita per poi goderlo in eterno in Paradiso». 

Queste prime parole del primo libro di S. Alfonso rivelano dunque il suo pensiero dominante, la sua certezza fondamentale di fede: Dio creatore e fine dell’uomo; che lo ama come figlio e imprime in lui la sua immagine. Questo sentimento che vediamo apparire nella giovinezza di Alfonso, si protrasse e crebbe nel corso degli anni, divenne il messaggio incessante e gioioso della sua vita e della sua dottrina spirituale: Dio è amore. Fondato saldamente sulla rivelazione, Alfonso proclama che Dio è Padre e ama tutti gli uomini.
Scrive: «L’amore porta con sé necessariamente la benevolenza, così che l’amante non può fare a meno di amare la persona amata. Se Dio ama tutti gli uomini, vuole di conseguenza che tutti gli uomini acquistino la salvezza eterna, che è il sommo, unico bene degli uomini, mentre questo è l’unico fine per cui Dio li ha creati». Dio vuole la salvezza di tutti con volontà vera e sincera e la sua volontà vince sempre. La volontà dell’Onnipotente è sempre vittoriosa. 

Usando un linguaggio tecnico e preciso, l’autore spiega che la volontà di Dio è assoluta da parte sua, anche se condizionata dalla risposta dell’uomo. Dio ha rivelato il suo amore in Cristo, Salvatore del mondo. In polemica con i calvinisti e con i giansenisti, che restringevano il valore dei meriti di Cristo solo agli eletti, S. Alfonso dimostra, con abbondanza di documentazione biblica e tradizionale, che egli è morto per tutti. Reagisce con forza, quasi con irritazione contro coloro che affermano che Dio, con una discriminazione antecedente, assurda, ha escluso alcuni uomini dalla salvezza. Scrive Alfonso: «Se dunque Dio ama tutti gli uomini, come è certo, dobbiamo ritenere che tutti voglia salvi e che nessuno abbia mai odiato a tal segno, che gli abbia voluto questo gran male di escluderlo dalla gloria prima di prevedere i suoi meriti. È proprio della natura di Dio salvare tutti e liberare tutti dalla morte eterna». Ancora, «Dio invita tutti alla conversione. Vuol dire che egli ha la vera volontà di salvare tutti».
Dinanzi all’altezza del mistero occorre assumere un atteggiamento di umiltà e adorare in silenzio. Scrive S. Alfonso: «Dico però che io non lo so intendere, essendo quest’affare della predestinazione un arcano molto profondo. Dobbiamo sottometterci al volere del Signore, che ha voluto lasciare alla Chiesa oscuro questo mistero, affinché tutti ci umiliamo sotto gli alti giudizi della sua divina provvidenza. Quindi, per salvarci, sarà sempre necessario che ci buttiamo nelle braccia della divina misericordia, perché ci assista con la sua grazia ad acquistar la salute, confidando sempre nelle sue infallibili promesse, di esaudire e di salvare chilo prega».  

Tre aspetti da considerare
Tre sono gli aspetti sottolineati da S. Alfonso nei rapporti dell’uomo con Dio.
Anzitutto, il comandamento della speranza, che è valido per tutti e non solo per gli eletti, come vorrebbero i calvinisti e i giansenisti. Ora la speranza teologale è un’attesa certa della salvezza, che si basa sulla bontà e sulla fedeltà di Dio, anche se essa è unita al timore, in quanto l’uomo può cadere e perdersi.
L’altro aspetto è l’atteggiamento del Santo nella soluzione dei casi di coscienza, improntato alla comprensione, alla moderazione, all’equilibrio, alla benignità. Egli fonda tale atteggiamento sull’analisi della psicologia umana, ma anche e soprattutto sul pensiero dell’amore di Dio, il quale non impone cose impossibili, ma solo quelle che sono alla portata dell’uomo.
Il terzo aspetto è la posizione di S. Alfonso nel problema del male e del dolore, problema che è avvolto nel mistero, ma certamente non si oppone all’esistenza, alla potenza, alla bontà di Dio. Il dolore può essere una manifestazione della giustizia di Dio e può assumere a volte il significato di castigo, in quanto egli, come Padre, vuole correggere gli uomini per salvarli. Tra i molti testi sparsi nelle opere del nostro autore ne scelgo uno dal commento al passo di Isaia 1,24. Così scrive S. Alfonso con un linguaggio un po’ antropomorfico, com’è quello della Bibbia: «Ecco come parla Dio quando parla di castigo e di vendetta. Dice che egli è costretto dalla sua giustizia a vendicarsi dei suoi nemici. Ma notate: premette la parola ahimè! Questa parola è una aspirazione di dolore, con la quale vuole darci ad intendere che, se Dio fosse capace di pianto, prima di castigarci, piangerebbe amaramente in vedersi obbligato ad affliggere le creature che egli ha tanto amato fino a dare la vita per nostro amore.  

Un Dio giusto e misericordioso che cerca l’uomo
Questo Dio che è padre della misericordia e che tanto ci ama, non ha genio di punirci, di affliggerci, ma di perdonare e amare. E se è così, dirà taluno, perché ora Dio castiga o almeno dimostra di volerci castigare? Perché vuole usarci misericordia; il suo sdegno che ora ci dimostra, è tutto pazienza e misericordia. Intendere dunque che il Signore al presente si fa vedere sdegnato non già per castigare, ma affinché noi togliamo i peccati e così egli possa perdonarci». 

È Dio che, con la ricchezza dei suoi attributi, suscita l’amore e la confidenza, come risulta da questa stupenda elevazione che raggiunge i vertici dei Soliloqui di S. Agostino: «Dio è infinito. Dio è eterno. Dio è immenso. Dio è immutabile, Dio è potente, Dio è sapiente, Dio è provvido, Dio è giusto, Dio è misericordioso, Dio è santo, Dio è bello, Dio è splendente, Dio è ricco, Dio è tutto. E però è degno di amore, e di quanto amore. Dio è provvido e rispetto a Dio ogni provvidenza delle creature è ridicolezza. Dio è giusto re rispetto a Dio ogni giustizia delle creature è difettosa. Dio è misericordioso e rispetto a Dio ogni clemenza delle creature è imperfetta. Dio è santo e rispetto a Dio ogni santità delle creature, ancorché eroica, è infinitamente mancante. Dio è bello, quanto è bello Dio ‑ Oh bellezza sempre nuova e sempre antica ‑ e rispetto a Dio ogni bellezza delle creature è bruttezza. Dio è splendente e rispetto a Dio ogni splendore del le creature, ancor del sole, è oscurità. Ah che Dio è santo, degno di amore, ch’egli medesimo è costretto ad amare infinitamente se stesso. E in questo amore così necessario, ma insieme così soave che Dio porta a se medesimo, consiste la sua beatitudine. E noi non l’ameremo?». 

S. Alfonso ha scandalizzato i giansenisti del diciottesimo secolo, scrive un attento studioso delle sue dottrine, Giuseppe Cacciatore: «Che avrebbe detto Pascal, se avesse letto nei suoi libri gli appelli accorati e incessanti, l’invito a saper cogliere nelle creature la parola divina che vi è impressa, l’impronta di quella paternità ineffabile così chiara ed eloquente?».
Scrive S. Alfonso: «Vedendo Dio che gli uomini si fan tirare dai benefici, volle per mezzo dei suoi doni cattivarli al suo amore. Disse pertanto: io li trarrò con legami di bontà, con vincoli di amore. Voglio tirare gli uomini ad amarmi con quei lacci con cui gli uomini si fan tirare, cioè con i legami di amore. Tali appunto sono stati tutti i doni fatti da Dio all’uomo. Egli dopo averlo dotato di anima, di memoria, intelletto e volontà e di corpo fornito di sensi, ha creato per lui il cielo e la terra e tante altre cose, tutto per amore dell’uomo: i cieli, le stelle, i pianeti, i mari, i fiumi, le fonti, i monti, le pianure, i metalli, i frutti e tante specie di bontà. Tutte queste cose, tutte queste creature affinché servano all’uomo e l’uomo lo ami per gratitudine di tanti doni. Il cielo e la terra ‑ esclama S. Agostino ‑ e tutte le cose mi dicono di amarti, o Signor mio. Diceva: quante cose io vedo nella terra e sopra la terra, tutte mi parlano e mi esortano ad amarti, perché tutte mi dicono che voi per amore mio le avete fatte». 

Il pensiero del peccato ossessiona S. Alfonso, come purtroppo ossessiona tanti cristiani, tanti scrupolosi e tanti uomini e donne depresse, ansiose. Egli supera questo scoglio con il pensiero della misericordia di Dio che è la soluzione più vera che io vorrei consigliare a tutti. Scrive S. Alfonso: «Quando mirate quella casa o luogo dove peccaste, voltatevi a Dio dicendo: non ricordate i peccati della mia giovinezza. Ma anche senza questo ricordo, quando voi guardate campagne e marine, fiori frutta che vi rallegrano con la loro vista e con il loro odore dite: Ecco quante creature Dio ha fatto per me, affinché io lo ami. Quando mirate fiumi e ruscelli, pensate che come quell’acque corrono al mare e non si fermano, così voi dovete sempre correre a Dio che è il vostro unico bene. Quando guardate valli, considerate che come esse sono fertili perché vi scolano le acque dei monti, così dal cielo discendono le grazie nelle anime umili e lasciano i superbi».  

Natura e grazia
Alfonso non si sentiva di condannare la natura per chiudersi nell’ordine della grazia, dove solo è possibile, secondo il giansenismo, scorgere la luce di Dio. Egli è nella linea di S. Paolo che scriveva ai Romani: «Dalla creazione del mondo in poi le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da lui compiute come la sua eterna potenza e divinità».
Vi è una gerarchia stupenda in questo ordine: «Tutto è vostro, ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio». Subordinarsi a questa gerarchia, come mezzo per incorporarci a Cristo, è la filosofia religiosa dei santi, del nostro Santo, collegato in questo alla più sana tradizione, quella degli umanisti cristiani di cui il più illustre rappresentante è S. Francesco di Sales. 

È logico che S. Alfonso non può avere la preoccupazione dei giansenisti né riguardo alla predestinazione né riguardo alla condizione presente del genere umano. «Che serve angustiarsi con dire: chi sa se io sono scritto nel libro della vita; chi sa, se Dio mi dà la grazia efficace della perseveranza. Non angustiatevi per nulla ma in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti. Che serve, dice l’Apostolo, a confondersi in queste angustie e timori. Via! discacciate da voi tutte queste sollecitudini che ad altro non valgono che a diminuire la confidenza. Pregate e avrete la grazia efficace, la perseveranza, la salute e tutto quello che desiderate». Sulla nostra povertà c’è Dio che sorveglia.  

La misericordia vince il peccato
Contro il peccato c’è la misericordia che supera la giustizia. «Pensate rettamente del Signore», con queste parolela Scrittura ci esorta ad avere più confidenza nella divina misericordia, che timore nella divina giustizia, poiché Dio è immensamente più inclinato a beneficiare che a castigare. Quando più vi angustia il pensiero che vi abbiate o no a salvare, se siete o no predestinato, sollevate il vostro animo all’intendere il desiderio che ha Iddio di salvarvi nelle promesse che vi fa». 

Il tema della misericordia e dell’amore di Dio pervade tutti gli scritti di S. Alfonso ed era sempre presente nella sua predicazione, nel suo annuncio missionario.
Ma sono specialmente le lettere che riflettono più immediatamente il suo animo a contatto diretto con le persone viventi. Tra di esse ce n’è una molto commovente che indirizzò ai suoi nipoti: erano rimasti orfani, e Alfonso si dichiarò loro padre, pieno di affetto e di premure: un tocco della sua profonda umanità. Dopo averli esortati vivamente allo studio e alla preghiera, al timore e all’amore di Dio, prosegue: « Vi sia a cuore temere Dio, ma soprattutto e più di tutto amarlo come padre. Sì, egli è vostro Padre. Amatelo perciò con tenerezza». Vorrei pensare in questo momento che S. Alfonso dica a tutti: « Sì, Dio è vostro Padre! Amatelo perciò con tenerezza perché egli ci ama con tenerezza».  

La tenerezza di Dio
Leggiamo tante volte nei salmi una parola che forse ci sfugge, ma è commovente: Dio ci ama con tenerezza. Amare Dio con tenerezza: questo è cristianesimo, questo è Vangelo, questa è la parabola del padre misericordioso. La concezione di Dio in S. Alfonso tutta ispirata all’amore e alla misericordia in un clima religioso .contaminato dal giansenismo e dall’illuminismo, è davvero sorprendente ed è segno del suo genio essenzialmente cristiano. Essa scaturiva dalla conoscenza della Bibbia, dallo studio della Tradizione più genuina, dalla sua esperienza mistica e dal ministero pastorale svolto a contatto di tante anime.
Il grande moralista Bernardo Häring aggiunge un’altra considerazione molto suggestiva: «Per S. Alfonso non fu difficile scoprire le caratteristiche bibliche dell’immagine di Dio, perché queste trovavano una risonanza viva, profonda nel suo cuore».
Papa Giovanni Paolo I disse in una delle sue udienze che Dio, oltre che Padre, è anche Madre. Questa sensibilità religiosa del papa si spiega perché egli, come già Alfonso, aveva trovato l’incontro affettuoso con Dio più con la guida della madre che con la guida del padre, il quale era di carattere severo e per motivi di lavoro viveva spesso lontano da casa. Anche il padre di S. Alfonso, capitano della marina imperiale, era spesso assente da casa, e quindi fu la madre che educò Alfonso e impresse in lui l’immagine materna di Dio. Essa lo educò con sapienza. Mattina e sera gli faceva recitare le preghiere; ogni domenica lo conduceva in chiesa per la confessione, ispirandogli un grande amore e timore di Dio. S. Alfonso, dopo molti anni, scrisse queste parole: «Se nella mia vita io non ho fatto il male, se ho fatto il bene, se nella mia vita ho amato Gesù Cristo, lo devo tutto a mia madre».
Nessuna meraviglia, quindi, se Giovanni Paolo I aveva una speciale devozione per S. Alfonso Maria de Liguori. Nel 1971, nel centenario della dichiarazione a Dottore di S. Alfonso, scrisse una lettera pastorale a tutti i sacerdoti in cui proponeva S. Alfonso come il santo della gioia, della misericordia e dell’amore, come pastore di anime, come predicatore. 

La parola di Gesù, secondo la quale il Padre celeste ama i suoi figli come ama Lui stesso, poté trovare un’eco profonda nel cuore di S. Alfonso anche perché un’altra parola di Gesù si era impressa fortemente in lui, e cioè che «coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica», gli sono intimi come sua Madre. Le due affermazioni di Gesù si illuminano e si completano a vicenda. Il rapporto intimo di Gesù con sua Madre è un’immagine dell’amore proprio di Dio tra il Padre e il figlio divenuto uomo; amore nel quale anche noi veniamo coinvolti. La realtà più grande è l’amore del Padre per il suo Figlio che abbraccia anche tutti i figli di Dio, che abbraccia tutti noi.  

C’è ancora posto per Dio
E vengo alla conclusione. In un mondo che professa in gran parte l’ateismo o teorico o pratico è importante riscoprire l’immagine di Dio così come l’ha vista S. Alfonso de Liguori. E noto che, tra le cause che hanno dato origine all’ateismo, una delle più determinanti è l’immagine falsa di Dio proposta dai filosofi, ma anche da varie confessioni religiose; cioè di un Dio che è soprattutto giudice severo, vendicativo, pronto a castigare gli uomini.
Per il fenomeno della rimozione psicologica, gli uomini hanno respinto questo Dio, scomodo, fino a rifiutarlo totalmente. È un Dio che non si può accettare, non è il Dio del Vangelo, è il Dio che non esiste. Il vero Dio è quello di Cristo, quello che S. Alfonso ha ripresentato.
È quanto mai urgente purificare oggi l’idea religiosa e presentare agli uomini il Dio della misericordia, che è morto in croce per convincere gli uomini del suo amore. È stata questa l’intuizione di Giovanni Paolo II quando ha scritto a tutti gli uomini di buona volontà la sua lettera enciclica, che è un documento altamente evangelico: Dives in misericordia: Dio ricco di misericordia.
Che sia con tutti il Signore misericordioso. 

da Frosinone 10 ottobre 1996
P. Giovanni Velocci 

P. Giovanni Velocci, redentorista, già professore di Teologia dogmatica a Cortona poi di Storia della teologia all'Università Lateranense di Roma e di Storia del cristianesimo nell'Università di Cassino. Discepolo di André Combes, è studioso di fama internazionale del Card. H. Newman. Ha dedicato saggi a Rosmini, Kierkegaard e S. Alfonso. Oratore robusto dalla ricca erudizione.