L’INFERNO

13. L’INFERNO

Nell’inferno soffriranno le facoltà spirituali. La memoria sarà sempre tormentata dal rimorso della coscienza. Il pensiero di essersi dannato volontariamente per pochi piaceri avvelenati, sarà come un verme che roderà di continuo il dannato.

Oddio, cosa gli sembreranno allora quei momenti di piacere dopo cento, dopo mille milioni di anni d’inferno? Questo verme gli ricorderà il tempo che Dio gli aveva dato per rimediare, le opportunità che gli aveva offerto per salvarsi, i buoni esempi dei compagni, i propositi fatti ma non mantenuti. Allora vedrà che non c’è più rimedio alla sua rovina eterna. Oddio, oddio, che doppio inferno sarà questo!
La volontà sarà sempre contraddetta: non avrà mai niente di ciò che vorrà e avrà sempre quello che non vorrà, cioè tutti i tormenti. L’intelletto conoscerà il bene immenso che ha perduto, cioè il paradiso e Dio. O Dio, perdonami per amore di Gesù Cristo.
Peccatore, che ora non ti preoccupi se perdi il paradiso e Dio, capirai la tua cecità, quando vedrai i beati trionfare e godere nel regno dei cieli, mentre tu come un cane puzzolen-te sarai cacciato via da quella patria beata, dal bel volto di Dio, dalla compagnia di Maria, degli angeli e dei santi.
Allora smaniando griderai: “O paradiso di gioie, o Dio bene infinito, non sei e non sarai più mio!” Suvvia, cambia vita; non aspettare che non ci sia più tempo anche per te. Datti a Dio: comincia ad amarlo davvero.
Prega Gesù, prega Maria, che abbiano pietà di te. (da Massime Eterne, VI, 2)