Lettera a don Felice Villani_6

Lettera n.8 – A don Felice Villani, Vallata – 1816 – Brano

8. Allo zio Don Felice Villani, Vallata[1] – Brano di lettera.
Sull’apostolato missionario e le condizioni religiose della Calabria.

Tropea[2] settembre 1816

«… Nel Novembre usciremo alle Missioni[3]. In quest’anno si può dire, che per sette mesi abbiamo faticato.
Le richieste sono innumerabili, non essendoci in queste Calabrie, che pochi operai nella vigna del Signore[4]; e quei quattro mesi che stiamo dentro, stiamo sempre applicati per panegirici, per discorsi e per novene[5].
Da ciò vedete se ho tempo di scrivervi; la sola estrema necessità mi costringe qualche volta: Tutto ad majorem Dei gloriam[6]…».


[1] Brano di lettera riportato in nelle “Posizioni e Articoli”, op. cit. n. 14 e ripreso anche nella Biografia del Di Coste.

[2] A Tropea era giunto nel dicembre 1811, proveniente da Catanzaro.

[3] Le missioni consistevano in corso di predicazione durava in genere 15-20 giorni (a quel tempo ancora di più, fino a un mese) e tendeva a raggiungere tutte le categorie della popolazione: bambini, mamme, giovanette, uomini, ammalati, autorità e anche il clero… Tutti venivano istruiti e invitati alla conversione. Il centro di tale predicazione era la cosiddetta predica di massima o predica grande, in cui il predicatore annunziava con severità le verità di fede e muoveva gli affetti dei cuori induriti. – La campagna missionaria, preparata con cura, iniziava ad ottobre e finiva a maggio.

[4] Sulla situazione religiosa della Calabria scrive il Di Coste nel Cap. VI della Biografia: “Non è possibile avere l’idea completa di quello che sono le Calabrie, rimirate dal punto di vista religioso; come a formarsela non basta percorrere di volo i litorali; e visitare qualche città capoluogo: occorre penetrare nell’interno di esse, abitarvi, viverci, ascendere le sue montagne, internarsi in certe sue gole selvagge… per osservarne l’abbandono e talora la desolazione e giudicare in conseguenza, delle difficoltà che s’incontrano nell’evangelizzarle. Nei borghi e nei villaggi suoi si incontra bensì una popolazione piena di fede, ma, per l’assenza talora assoluta di soccorsi religiosi, è altresì immersa nella più crassa ignoranza. Il Calabrese poi, pur avendo buon cuore, è insieme sottoposto a delle impressioni di una fantasia ardente e talvolta sfrenata; quindi le passioni che esorbitano, le collere gli odii implacabili, le inesorabili vendette con i delitti compiuti a sangue freddo e lo stesso brigantaggio, che ha dato già materia a tanti e svariati romanzieri”.

[5] Attività “estiva” limitata per il caldo a periodi brevi e, in genere, nei dintorni di Tropea.

[6] Motto di S. Ignazio che egli fa suo. Nelle sue Risoluzioni e Propositi, ripresi dalla Biografia del Di Coste e riscontrati nei Processi Ordinari e Apostolici, così recita il n. IV: “Quanto farai di bene dalla mattina alla sera, tutto devi offrirlo al tuo Dio in isconto dei tuoi peccati; e nel principio, metà e fine di ciascheduna opera dirai: Ad maiorem Dei g1oriam et Beatae Mariae Virginis honorem”.

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        Con cuore integro e fedele
       LETTERE DEL Ven. P. DI NETTA
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Lettera n. 8
legge: Donato Mantoan
[audio:/LettereMp3/008.mp3]

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