Melchionna Giuseppe redentorista

P. Giuseppe Melchionna (1733-1803). – Italia.

P. Giuseppe Melchionna (1733-1803).

Nacque a Teora presso Materdomini nel 1733.
Fece la sua professione in mano del P. Tannoia il dì 3 Marzo 1753, e morì nell’ anno 1803 in Pagani.

Il P. Tannoia, nella Vita di S. Alfonso, parlando della sua carità con i tentati contra la vocazione, cita la presente lettera del 30 aprile 1760:

«Viva Gesù, Maria, Giuseppe e Teresa !
Si signore, dite al P. Rettore (Tannoia) da parte mia, che vi mandi qui subito che si può; dico qui, a Nocera. S. Paolo eremita a S. Antonio, che lo pregava ad aprirgli la porta, con dire che altrimenti sarebbe morto cosà all’uscio, rispose quando gli aprì: Questo è un bel pregare, pregare minacciando ! Lo stesso dico a voi. Compatisco li flati (spiriti) esaltati. Vi sognate ? Chi mai vi ha mandato per castigo ad Iliceto ?.
“Altrimenti vi cercherò la dispensa!” – Voi la cercate, e chi ve la dà? O mastro Giorgio, che fai che perditempo ? Non v’inquietate per le tentazioni. Le tentazioni non sono peccati. Voltatevi sempre alla Madonna, e non abbiate paura.
Non temete: non comunicherò la vostra lettera al P. Ferrara (vostro zio). Ma per carità, un’ altra volta, non tanta furia!  Se non vi sapessi, vi darei un buon cavallo. Venite presto: v’aspetto.

Sappiate poi che, non solo per causa di difetti, ma per ogni minima causa si mutano i soggetti da casa a casa: e che siamo noi monaci di famiglia? Replico: vi compatisco, perché non siete voi, ma i flati che parlano. Ma un’altra volta dite alli vostri flati che parlino con un poco più di discrezione. – «Vi benedico.
Fratello Alfonso del SS. Redentore.

Nel 1764 il giovane P. Melchionna, bollente, impetuoso, violento fino a mancar di rispetto ai suoi superiori, corse pericolo di far naufragio. Andato a Napoli per affari di famiglia, rimase qualche tempo in casa dei suoi genitori, contrariamente ad un ordine del P. Villani.
Avendolo saputo S. Alfonso, ordinò al colpevole, per santa obbedienza, di tornare immediatamente a Pagani. Il giovane ci si piegò, ma tornato al collegio trovò il Villani e la maggior parte dei consultori irritati dalla sua disobbedienza e risoluti di espellerlo dalla Congregazione. Solamente lo zio P. Ferrara e il P. Cimino si opponevano a questo provvedimento, che sembrava loro eccessivo. Anche S. Alfonso era di parere che, pur infliggendo al Melchionna una punizione severa, bisognava salvare la vocazione di un giovane, pieno di eccellenti qualità, che si sarebbe andato calmando cogli anni, e che avrebbe certamente reso grandi servigi.
Il giovane si umiliò, e S. Alfonso trattò la cosa con tanta dolcezza, che non si parlò più d’esclusione. In grazia della prudente carità di S. Alfonso, il giovane perseverò nella vocazione, divenne un religioso modello, un missionario secondo il cuore di Dio, e morì pieno di meriti dopo aver vissuto 50 anni nella Congregazione.

Il 21 febbraio 1764 S. Alfonso gli scriveva:

«Padre D. Giuseppe mio, la vostra lettera da una parte mi ha consolato ed intenerito; da un’ altra parte quello che avete fatto è stato troppo, persistendo tanti mesi fuori della Congregazione.
«Io so che vi siete umiliato ancora col P. Vicario ( D. Andrea Villani). Vi prego di scrivergli un’ altra lettera, seguitando ad umiliarvi e cercandogli pietà; perché veramente voi lo trattaste troppo malamente con quella lettera che gli scriveste…
V.R. è divoto della Madonna: si raccomandi ad essa, ché la Madonna lo consolerà…».

Il 6 marzo 1764 S. Alfonso lo anima a dar segni di pentimento e gli promette la sua mediazione.

«Viva Gesù, Maria e Giuseppe!
Io fo quel che posso in suo favore; ma mi dispiace sentire che, invece di stare umiliato e ritirato, e di dar segni di pentimento e di umiliazione, dimostra l’opposto. È vero che in ciò non tanto ci colperà V.R. quanto gli altri che le hanno dato troppa mano, ma ciò ha dato agli occhi di molti della Congregazione, ed io ne ho avuti tanti richiami.
Faccia come le dico io. V.R. procuri di star ritirato; non dia udienza né a visite, né a donne che la fanno chiamare; ed alla ricreazione non parli, o dica poche parole. E la prego a star rassegnato ad ogni penitenza che avrà.
Non dubiti, perché io rimedierò al troppo. Ancorché le sia assegnato di fare il noviziato a S. Angelo, l’ accetti senza ripugnanza: sarà cura mia di moderar le cose.
Io so che V.R. è di salute poco sana e patisce colla testa ecc. ma bisogna dare qualche segno notabile e di umiliazione e di ubbidienza; perché gli altri temono che V.R. poi abbia da seguitare a fare o parlare, come ha fatto stando fuori della Congregazione. E in tal modo, dicono, a che serve il restare nella Congregazione, se non per dare mal esempio?

Faccia come dico io, ché non la sgarrerà. – La benedico.
Fratello Alfonso Maria del SS. Red.re».

Il 20 marzo 1764 S. Alfonso scriveva a P. Ferrara: «… Come vado appurando, non solo i Consultori, ma generalmente tutti i soggetti o quasi tutti gridano contro (Melchionna); nè io posso oppormi a tutta la Comunità».

Il 19 aprile poi scrive a P. Cimino rettore di Pagani: «Mi consolo che il P. Melchionna vada a Caposele. Per la penitenza, sì signore, va bene. Rinnovi i voti in pubblico con cercar perdono alla Comunità dello scandalo, e per un mese mangi tre volte la settimana a terra».

Il 6 gennaio 1765 a P. Villani dice: «… In quanto al P. Melchionna, credevo che bastasse averlo detto al P. Caione due mesi prima, cioè che volevo qui il P. Melchionna con un altro Padre per dare gli esercizi a questo popolo… Se sapevo che il P. Melchionna non potea venire per ora, avrei cercato qualche altro Padre. Ora basta: il P. Caione ha portato malissimamente questo affare. Sapendo esso il nostro appuntamento, dovea mandarmi il P. Melchionna… ».

Il 31 marzo 1765 S. Alfonso scrive a P. Melchionna:

«Come vedo, è una gran tentazione del demonio questa colla quale ora vi ha pigliato, pensando che D. Andrea (Villani) vi è nemico e non vi possa vedere. Per carità discacciatela, perché, se no, questa tentazione vi può far perdere di nuovo la vocazione; e per questo è quello che pretende il demonio.

Che per ora D. Andrea non ha voluto che V.R. stesse a Nocera, non è perché vi è nemico, ma per certi suoi giusti motivi e per mantener la pace in quella casa. Il demonio dunque, unito alla vostra ipocondria, vi fanno vedere tante cose coll’ occhiale verde.
In quanto poi alle fatiche di missione ed altre, non dubitate. Io, D. Andrea e tutti sappiamo quanto patite con la salute. Quando vi è imposto qualche esercizio e V.R. non si fida, bisogna che con confidenza di figlio dica al Superiore: Ora non mi fido ecc.  E quando vedete che i Superiori hanno poco riguardo alla vostra sanità, scrivetemi da dove vi trovate; perché procurerò io di rimediare.
Io vi compatisco per le fatiche fatte in questa quaresima, perché sono state troppe e l’ una appresso l’ altra. Ma per l’ avvenire, procurerò io che non vi facciano fare queste fatiche così seguite. Del resto, pensate che state in comunità, dove ognuno ha da patire la sua parte. – Vi benedico.

Fratello Alfonso del SS. Redentore
«(P.S.) Io fo scrivere da letto, dove stanotte mi ha assalito una buona febbre con freddo; e la febbre seguita tuttavia. Faccia Dio!».

Il 3 marzo 1767 gli scrive per l’ ultima volta e lo conforta nei travagli, tra i quali sostiene le lunghe fatiche del ministero :

«Viva Gesù, Maria e Giuseppe !
«Rispondo in fretta, perché sono vicine le due ore di notte. Ho letto i vostri travagli: che voglio dire? Fate come avete scritto, aiutatevi colla punta dello spirito. Assicuratevi però che quel poco che fate in mezzo a tante angosce, Dio lo gradisce più che se lo faceste in mezzo ad un mare di dolcezze e tenerezze.
In quest’ anno però avete fatta una bella tirata: ringrazio il Signore che vi ha dato forza. Che si ha da fare?  così vuole Dio che fatichiate e lo serviate in mezzo ai dolori ed a’ secchezze.
Buttatevi dunque nel pozzo del costato di Gesù Cristo; basta che da quando in quando dite: Gesù mio, aiutatemi; Mamma mia, aiutatemi! – Non dubitate che Gesù e Maria vi vogliono bene assai; ve l’ assicuro io. – L’ abbraccio e la benedico.

Fratello Alfonso Maria del SS. Redentore

 (Lett. I- 434. Berth. 653, 816).

.

__________________________
Profilo tratto da
Biografie manoscritte del P. S. Schiavone
– vol.1 Pagani, Archivio Provinciale Redentorista.

P. Giuseppe Melchionna, redentorista nativo di Teora vicino Materdomini. Era uno spirito bollente e impulsivo che ha messo più volte a rischio la sua vocazione. Ma l'assistenza spirituale ed affettuosa di S. Alfonso lo ha salvato. Nella foto raccolta su internet l'interno della vecchia chiesa madre di San Nicola di Mira. Il terremoto del 1980 ha cambiato la geografia del territorio  e l'abitato.
P. Giuseppe Melchionna, redentorista nativo di Teora vicino Materdomini. Era uno spirito bollente e impulsivo che ha messo più volte a rischio la sua vocazione. Ma l’assistenza spirituale ed affettuosa di S. Alfonso lo ha salvato. Nella foto raccolta su internet l’interno della vecchia chiesa madre di San Nicola di Mira. Il terremoto del 1980 ha cambiato la geografia del territorio e l’abitato.

__________

Vai alla pagina delle Biografie di Redentoristi