Memoriale 11 Agosto

11 agosto
EFFEMERIDI C.Ss.R = 1754. Raccomandazioni di S.  Alfonso sull’umiltà e la mansuetudine.

1754. Raccomandazioni di S.  Alfonso sull’umiltà e la mansuetudine.

In questo mese dedicato alla pratica delle virtù della mansuetudine e della umiltà, ricordiamo i consigli che S. Alfonso dà in una sua celebre circolare dell’otto agosto 1754, già citata.

“Quando alcuno ha qualche rancore contro di qualche Fratello o contro del Superiore, procuri di non operare a sangue caldo, ma prima di serenarsi, raccomandarsi a Dio; e poi, se lo stima necessario, operi, oppure vada a parlare o ne scriva al Superiore.
Raccomando, per amore di Gesù Cristo, di stare attento a questo.  Oh quanti difetti si eviterebbero, se ciò si osservasse! perché, a sangue caldo, le cose paiono altrimenti di quelle che sono. E perciò prego anche i Superiori a non fare le correzioni quando l’animo sta esasperato, ma aspettare che l’animo si sereni; altrimenti sempre si eccederà, e le correzioni poco gioveranno. ”

S.  Alfonso raccomanda poi l’umiltà:
“Si guardi ognuno di neppure nominare nella Congregazione stima propria. La maggiore stima, che deve amare un Fratello della Congregazione, è l’amare l’ubbidienza, e l’essere disprezzato e tenuto in poco conto. Ciò è quello che hanno desiderato i Santi: d’essere disprezzati, come è stato disprezzato Gesù Cristo. E chi non si vuol far santo non ci può durare nella Congregazione: Gesù Cristo medesimo, che ama assai questa Congregazione, ne lo caccerà.
Non vuole il Signore che le prime pietre di questo suo edificio sieno così deboli che, non solo non vagliano a sostenere e dare buono esempio agli altri che verranno appresso, ma che dian poca edificazione a coloro che vi sono di presente. Ognuno intenda bene.
Lavoriamo a diventare dei santi ed amiamo molto Gesù Cristo: egli ben merita di essere amato, soprattutto da noi che ha amato più di altri.
P. DUMORTIER, Lettere I, p. 309.

L’umiltà e la mansuetudine in S. Alfonso sgorgano dalla sua contemplazione di Cristo Crocifisso (Particolare del Crocifisso di S. Alfonso).

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1901. Decreto di Leoone XIII che dichiara Venerabile la Serva di Dio Suor Maria Celeste Crostarosa.

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IN MEMORIAM 

P. Francesco Maria Margotta. Napoli, 1764.
Nacque a Calitri (Italia) nel 1699 ed entrò nella Congregazione nel 1747. Un fatto da notare: all’età di trent’anni, cadde gravemente malato ed il suo direttore, il gran Servo di Dio don Giuliani, chiamato in fretta, lo trovò morto al suo arrivo. Giuliani disse a sua madre: “Se Gesù Cristo ve lo rende, glielo consacrerete voi? ” Rispose che era pronta ad ogni sacrificio. Subito Giuliani si gettò sul corpo di Margotta, come hanno attestato testimoni oculari, ed elevò al Signore a più riprese questa preghiera:  ” Gesù mio! lo voglio vita per la vostra gloria; sì lo voglio; è una grazia che vi chiede Giuliani, e voi dovete accordarla a lui”.
Questa preghiera fu ripetuta finché il giovane ritornò in vita e fu reso a sua madre: ordinato sacerdote, entrò in Congregazione. Fu uno dei primi compagni di S. Alfonso e diventò il suo procuratore generale un anno dopo la sua professione religiosa, all’epoca del primo Capitolo generale del 1749.
Le sue grandi qualità gli valsero preziose amicizie: perciò durante la sua malattia fu visitato da personaggi distinti. Il Padre Margotta morì in seguito ad un’epidemia, assistito amorevolmente dai confratelli, con dispiacere di tutto il popolo e soprattutto di S. Alfonso che perdeva in lui uno dei suoi amici più devoti. —”Cor meum et caro mea exultaverunt in Deum vivum. ” Ps 83.
Professione: 2 luglio 1748.
[Ordinazione sacerdotale: 1731]

Il P. Francesco Margotta, redentorista delle origini, godette la stima e la fiducia di S. Alfonso che lo volle Procuratore Generale dell’Istituto.

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P. Antoine Liagre. Cuenca (Ecuador), 1924.
“Non voglio salvarmi da solo, ma salvare molte anime con me”: fu la massima che santificò la vita del P. Liagre.
Nacque a Tourcoing, Nord, il 20 gennaio 1876, da una famiglia molto onorata in città. Entrò nel Noviziato di Stratum (Olanda) nel 1893, quindi fu mandato allo studentato di Santiago del Cile. Ordinato sacerdote, si dedicò per diciotto anni al ministero apostolico, ed egli godette presto in tutto il Cile di una reputazione incontestata di uomo di Dio e di grande missionario.
Ad una grazia potente, effetto della sua incessante preghiera, il P. Liagre univa un insieme di doni naturali che, sviluppati dalla sua eccellente formazione apostolica, possono spiegare i risultati stupefacenti della sua predicazione. La forza del suo carattere si rifletteva sul suo viso pallido ed energico. Imperioso e dominatore il Padre sarebbe stato nel mondo, ed anche in religione, se si fosse lasciato andare a sé.
Ma fortunatamente, a questa forza di carattere si univa un cuore sensibile, compassionevole, un senso pratico molto sicuro, una preoccupazione della buona creanza che lo mettevano al riparo dagli scatti di violenza. Nelle ore di lotta ardente per il bene delle anime, si rivelava l’incredibile riserva di energia del suo temperamento di apostolo.
Bisognava sentire le sue esortazioni ai fedeli: erano fiamme che andavano ad arroventare i cuori. “Questo Padre parla come un serafino” – diceva un giorno, nella sua ammirazione, uno dei suoi ascoltatori. Non tralasciò niente per propagare in missione il culto della Madonna del Perpetuo Soccorso: “Una missione dove si prega Maria andrà bene – diceva -; senza di lei, non possiamo niente.”
Questo apostolo all’anima di fuoco in convento era un confratello gentile, di una regolarità esemplare. Molto comunicativo, amava nella ricreazione la santa allegria dei figli di Dio e non si tirava indietro davanti ad una battuta o ad una storia piacevole che corredava abitualmente di un’affascinante mimo per divertire i suoi confratelli.
Fuori di queste occasioni, era raccolto come un solitario. Lo studio e la preghiera si dividevano il tempo che gli lasciavano libero le sue numerose predicazioni e le confessioni. Un certo non so che di gentile attirava verso questo religioso così semplice e così modesto, che lasciava indovinava una purezza di anima angelica, frutto della più squisita delicatezza di coscienza e della più rigorosa vigilanza su di sé.
Colpito al cuore da una malattia che non perdona, accettò la morte con perfetta rassegnazione alla volontà di Dio, rinnovando due volte al giorno i suoi voti religiosi. “La nostra vocazione è bella”-  diceva spesso – “Quale felicità essere Redentorista e soprattutto essere in queste terre del Pacifico!”
Sapeva per esperienza quanto il lavoro delle nostre missioni in questo paese corrispondeva all’ideale proposto da S. Alfonso ai suoi figli, e questo pensiero lo riempiva di entusiasmo.
Aveva messo in pratica il motto di tutta la sua vita: “Non voglio salvarmi solo, ma salvare molte anime con me.”—”Et nos debemus pro fratribus animam ponere” I Gv 3-16.
Professione: 8 dicembre 1894.
Ordinazione sacerdotale 22 settembre 1900.

Cuenca (Ecuador) 1922 – Padri e fratelli della Comunità: Monseñor Daniel Hermida. Padri = LIAGRE, Kaiser, Echeverrie, Porret, Deletre, Maret, Supúlveda. Fatelli =  Julio, Pablo, Agustín, Desiderio, Simón, David(foto in AGHR).

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Pensiero e testimonianza sulla virtù del mese nelle SPIGOLATURE
UMILTÀ = 11 agosto
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