Preghiere 67

7 marzo – Quar.15 – Il vanto del cristiano
«Per me non ci sia altro vanto che nella croce del Signor nostro Gesù Cristo» (Gal 6, 14).

· O Figlio dell’eterno Padre, Gesù Cristo Signor nostro, vero Re dell’universo! Qual è l’eredità che tu hai lasciata in questo mondo per noi tuoi discendenti? Che cosa hai posseduto, Signor mio, se non travagli, tormenti e disprezzi?
E per trangugiare l’amaro calice della morte, hai avuto forse più di un legno? Ah! mio Dio, se vogliamo essere figli tuoi legittimi e non rinunciare alla tua eredità, dobbiamo abbracciare la sofferenza!
Le tue insegne sono cinque piaghe! … E quelle piaghe devono essere il nostro stemma, se vogliamo ereditare il tuo Regno! Non è col riposo, con le delizie, con gli onori e le ricchezze che s’ha da guadagnare quel Regno che tu acquistasti con tanto sangue.
(S. Teresa di Gesù, Fondazioni 10,11).

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· Mio Dio, fa’ ch’io mi consideri sempre come il servo di tutti, servo delle anime e servo dei corpi per fare il maggior bene possibile alle une e agli altri, servo nell’obbedire ogni volta che potrò farlo, servo nel prendere l’ultimo posto…
Servo nel non farmi servire ma nel servire sia me stesso che gli altri, la qual cosa si può fare sempre, qualunque funzione si svolga, come hai dimostrato tu stesso, che pur essendo Dio, maestro e Signore, hai saputo stare in mezzo agli Apostoli come colui che serve…
Fa’ che anch’io dia la mia anima, come tu la tua e insieme a te, in redenzione di molti… per mezzo della preghiera, della penitenza, dell’esempio, della comunione dei Santi…; se ti è gradito per mezzo del martirio, per mezzo di tutti i sacrifici che ti piacerà impormi, in tutti i momenti della mia vita che offro a te per la tua maggior gloria… e nell’obbedienza alla tua volontà per la santificazione degli uomini…
O mio Dio, io sono il tuo servo e il tuo schiavo: fare la tua volontà è il mio cibo… Fai di me tutto ciò che a te piacerà, per la tua gloria, per la consolazione del tuo cuore… per la redenzione di molti…
(Ch. De Foucauld, Sulle feste dell’anno, Op. sp. p 296‑7).
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da “Intimità divina”
Roma 1992

Ah Gesù mio, io non ho maggior pena che di averii così poco amato. Deh, dammi parte di quel dolore che avesti nell'orto di Getsemani de' peccati miei. Mi consola l'intendere che mi dai tempo d'amarti. Sì, in amarti voglio spender la vita che mi resta (S.Alfonso).