S. Alfonso. Carrozza e mule per la misericordia

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66. S. Alfonso. Carrozza e mule per la misericordia. 

Incontri di S. Alfonso con la Misericordia di Dio
(seguendo le sue biografie)

66. S. Alfonso. Carrozza e mule per la misericordia.

♦ Aggravati i dolori della carestia il vescovo Alfonso risolvette di vendere la sua carrozza. Ma gli furono sopra il Vicario, i Canonici, e i Gentiluomini, facendolo carico non solo dei suoi acciacchi, ma anche del decoro della carica. Disse Alfonso: “S. Pietro era Papa e non andava in carrozza, ed io non sono da più di S. Pietro”.
♦ Si oppose per questa vendita, conoscendone il preciso bisogno, anche il fratello D. Ercole da Napoli. Gli riscrisse Monsignore: “Questa vostra attenzione per la carrozza è certa tentazione del demonio per inquietare me e Voi. Io mi consiglio nelle cose dubbie, non già nelle certe; e tengo per certo che Dio non vuole che io tenga inutilmente questa spesa. Io sono vecchio col piede alla fossa, sono carico di debiti, avrei da fare molte spese necessarie per la gloria di Dio, e mi sento morire di non poterle fare, perché bisogna prima levarmi i debiti che tengo con voi, e con il Seminario. Vi prego non inquietarmi più sopra questo affare, altrimenti io più non vi risponderò .
Già sapete, che quando faccio qualche risoluzione, dopo averla considerata, non mi rinnovo più. Non mi fido sopportare la pena di star a vedere quasi tutto l’anno le mule a spasso dentro la stalla, il cocchiere dentro la taverna, e i poveri che mi gridano pietà”.
Avendogli scritto D. Ercole che anche Monsignor Testa la sentiva in contrario, soggiunse Alfonso: “Se Monsignor Testa potesse sentirmi, mi darebbe ragione, ma gli avrei da dir tutto”.
♦  Non si arrese D. Ercole, aggiungendo, tra l’altro, anche il bisogno che ci poteva essere per portarsi in Napoli. Ma Monsignore li scrisse in data del tredici di dicembre: “Sappiate che difficilmente io verrò più in Napoli, avrebbe da essere la disgrazia di qualche chiamata; ed in tal caso vi manderò il mio Vicario, o qualche Canonico; giacché ho pronta la scusa che son vecchio, ammalato, e non esco di casa”.
♦  Come decise, così fece. Il cinque gennaio mandò in Napoli mule e carrozza. Non volendola vedere in mano di altri l’altro fratello D. Gaetano se la prese per sé, pagandola a prezzo troppo caro. Gli riscrisse D. Ercole nel medesimo giorno: “Mi lusingava che aveste mutato pensiero: non mutando pensiero fate capitale: che la carrozza è vostra, e volendola ve la donerò io di mio denaro. Voi siete e sarete sempre, come sempre lo siete stato, l’assoluto padrone di tutta questa vostra casa, che propriamente è vostra”.

(Tannoia, Della vita ed istituto del venerabile Servo di Dio Alfonso Maria Liguori – Libro Terzo, Cap. 19)  Leggi l’originale.

Negli ultimi tre giorni di Carnevale, volendo allontanare il Popolo dagli spettacoli, il vescovo Alfonso soleva esporre il Santissimo Sacramento alla pubblica adorazione. E Dio, gradendo un tal culto, vi concorreva con una speciale misericordia.
“S. Pietro era Papa e non andava in carrozza, ed io non sono da più di S. Pietro…Conoscete la mia risoluzione. Non mi fido sopportare la pena di star a vedere quasi tutto l’anno le mule a spasso dentro la stalla, il cocchiere dentro la taverna, e i poveri che mi gridano pietà”.