S.Alfonso, la carità verso Dio

Teologia e pastorale della carità in S. Alfonso Maria de Liguori
2b. La teologia della carità nel pensiero di S. Alfonso
Carità verso Dio

 2. Carità verso Dio

S.Alfonso elabora il suo concetto di carità muovendo da due presupposti principali: 1)
Carità verso Dio; 2) Carità verso il prossimo. Nelle sue opere, però, si nota una certa resistenza ad usare la parola Carità che il più delle volte è “confusa” con la parola Amore. Nelle opere ascetiche, opere per lo più divulgative, dirette al popolo S.Alfonso impiega, per ovvi motivi pastorali, la parola Amore, mentre nelle opere di taglio dommatico è
usato il termine Carità.

Alfonso esortava i suoi confratelli ad amare Gesù con spirito di vera e santa carità: Amate Iddio, figlioli miei. Vi chiamo figli, sì perché vi ama con affezione di carità come padre, sì perché vorrei formare nel vostro spirito la santa carità[1].

Il tema dell’Amore-Carità verso Dio, come sopra abbiamo potuto vedere la sua
derivazione, è molto proficuo negli scritti di S.Alfonso, soprattutto quelli di taglio prettamente ascetico-spirituale, ne ricordiamo solo alcuni:
– Visita al SS.Sacramento ed a Maria SS, per ciascun giorno del mese (1745)[2]
– Avvisi spettanti alla vocazione religiosa (1750)
– Amore delle anime, cioè riflessioni ed affetti sulla passione di Gesù Cristo (1750)
– Del gran mezzo della preghiera (1759)
– La vera Sposa di Gesù Cristo (1760)
– Via della salute (1767)
– Pratica di amar Gesù Cristo (1768)
– Trattato dell’amor divino (1775)[3].

Il ruolo fondamentale che la carità è destinata a coprire nella vita del discepolo di Gesù, viene affermato a chiare lettere da S.Alfonso. Nei suoi scritti, infatti, emerge questa esigenza  di mantenere il contatto “vivo col mistero di Cristo e con la storia della salvezza[4]“, da qui l’esigenza di far emergere l’imperatività del primato della carità direttamente da quel vissuto storico nel quale Dio si autorivela come “amore” che
esige amore (cfr. 1Gv 4,8)[5].

S.Alfonso spesso raccomandava ai suoi missionari di impegnarsi più di ogni altra cosa a
far nascere l’amore divino nel cuore della povera gente, attraverso prediche improntate al racconto della vita di amore-donazione-redenzione di Gesù, vero uomo e vero Dio: L’impegno principale del predicatore nella missione ha da essere questo, di lasciare in ogni predica che fa i suoi uditori infiammati del santo amore. Ma a ciò non arrivano le prediche speculative, con cui si dimostra l’eccellenza dell’amor divino; ad ottener ciò
soprattutto giova far intendere l’amore che ci ha portato Gesù Cristo nella sua vita e specialmente nella sua passione
[6].

Perciò, l’amore dovuto a Dio implica una donazione totale da parte dell’uomo che è al di sopra di tutto e di tutti, anche di se stessi: Forse Iddio non merita tutto il nostro amore? Egli ci ha amati sin dall’eternità… Uomo, dice il Signore, mira ch’io sono stato il primo ad amarti… Da che sono Dio, io t’amo: da che ho amato me, ho amato ancora te[7].
Per Dio bisogna essere disposti a lasciare tutto: chi riserva qualche cosa per sé mostra di non amare Dio perfettamente, di non essere tutto di Dio, di non desiderare solo lui ed il compimento della sua volontà: Non possiamo dunque dubitare che Dio ci ama e ci ama assai; e perché ci ama assai, egli vuole che noi l’amiamo con tutto il cuore. Onde dice a ciascuno di noi: diliges Dominum tuum ex toto corde tuo (Deut. VI, 5)… Si noti in tutte queste parole il desiderio e la premura che ha Dio di essere amato da ciascuno di noi. Vuole che le parole di amarlo con tutto il cuore ci stiano impresse nel cuore: ed  acciocché non mai ce ne dimentichiamo, vuole che le meditiamo quando sediamo in casa, quando camminiamo per le vie, quando ci mettiamo a dormire e quando ci svegliamo da sonno[8].

Per S.Alfonso l’amore verso Dio è una realtà fondante e fondamentale per ogni
battezzato, è una “pratica” preziosa, è un tesoro infinito che permette di diventare e partecipare dell’amicizia di Dio. Di conseguenza, la carità non è solamente la regina della virtù, ma ne costituisce il compimento, perché le porta tutte in sé e le finalizza effettivamente ad una sempre più profonda unione con Dio[9].
L’amore verso Dio, quindi, adegua pienamente e perfettamente la santità: non c’è
perfezione se non nell’amare Dio con tutto il cuore: Tutta la santità e la perfezione di un’anima consiste nell’amare Gesù Cristo nostro Dio, nostro sommo bene e nostro salvatore[10].

Il culmine della carità verso Dio – per S.Alfonso – trova compimento e concretizzazione
nella persona di Gesù Redentore dell’uomo. La dimensione cristologica – scrive il Papa – è una nota essenziale della spiritualità alfonsiana[11].
In una sua
lettera S.Alfonso scrive: L’amare Gesù Cristo è l’opera più grande che possiamo fare in questa terra: ed è un’opera, un dono che non possiamo averlo da noi: da lui ha da venirci, ed egli è pronto a darlo a chi lo domanda[12]. Per il vescovo santagatese, l’amare Gesù Cristo è un’opera, come per S.Giovanni la fede è l’opera che Dio vuole dagli uomini (cfr. Gv 6,29). La carità è espressa con l’infinito “amare” che reca con sé anche l’idea della fedeltà e della perseveranza. L’amare Gesù Cristo è considerato un dono particolare perché si ottiene solamente se è domandato nella preghiera.

Opera, dono, preghiera, sono i tratti squisitamente alfonsiani che dominano la sua pastorale della carità. Ai suoi giovani raccomandava: Innamoratevi di Gesù Cristo ora che siete giovani… Cercate Dio solo e non altro. Oh che bella cosa quando un giovane sta unito con Gesù Cristo[13].
In S.Alfonso  l’amore a Gesù Cristo è la nota fondamentale  di tutta la sua teologia, dell’apologetica, della morale, dell’ascetica, ma non l’amore sentimentale o settoriale: egli ha visto nell’amore del Cristo crocifisso, un amore forte, sofferto, sostanziato di passione, di sacrificio, di lotta, di impegno.

Per S.Alfonso, allora, l’amore a Gesù Cristo si pone come un valore grande che fonda, sostiene ed avvalora l’intera vita cristiana. E’ dall’amore verso Gesù Cristo che scaturisce, zampillando quasi spontaneamente, il fine principale di ogni battezzato: la santità, la perfezione. Perciò chi ama Gesù Cristo ama principalmente l’essere di Cristo, il suo farsi obbediente al Padre sino alla morte e alla morte di croce (Fil 2,8). Chi ama Gesù Cristo non desidera altro che fare sempre quello che egli vuole per arrecargli piacere. Chi ama Gesù Cristo ha in disprezzo la tiepidezza e usa tutti i mezzi che, come il desiderio della perfezione, la risoluzione di darsi totalmente a Dio, l’orazione mentale, la comunione eucaristica, la preghiera, risultano assolutamente indispensabile per arrivare alla perfezione della santità. Chi ama Gesù Cristo disprezza la superbia, rifugge dall’amor proprio, ama mantenersi nell’umiltà. Chi ama Gesù Cristo vive una vita di grande fede e di ferma speranza. Chi ama Gesù Cristo non si lascia mai travolgere dalle tentazioni ed abbattere dalle desolazioni dello spirito[14].

Subito dopo la morte del santo (1 agosto 1787), l’avvocato della causa di beatificazione,
Giacinto Amici[15], volle tracciare una interpretazione teologica della vita di Alfonso. In merito alla carità verso Dio e verso Cristo, Amici ha rilevato i seguenti momenti nella vita di Alfonso: la fedeltà nell’adempiere i comandamenti di Dio e le prescrizioni del diritto ecclesiastico, l’osservanza religiosa, il voto di non perdere tempo, l’animo pronto al sacrificio nel servizio di Dio, il timore del peccato, la preghiera, la devozione verso l’Eucarestia e il culto del Cuore di Gesù[16].

Francesco Saverio Calenda, canonico-teologo della cattedrale di Nocera de’ Pagani,
nell’elogio funebre tenuto il 7 ottobre 1816 dà una valida e profonda interpretazione teologica-pastorale della vita di Alfonso. Secondo Calenda l’atteggiamento di Alfonso era contrassegnato dalle seguenti caratteristiche: dall’amore generoso verso Dio e verso il prossimo, la lotta contro se stesso per appartenere totalmente a Dio, la sequela di Gesù Cristo, specialmente nella sua totale dedizione al Padre e nel compimento della missione salvifica, la preghiera e la contemplazione dei Misteri di Cristo, anzitutto della sua
Passione. Tra l’altro dice il detto canonico: Liguori è un gran Santo, perché nel cammino di questa vita mortale percorse con coraggio tre regie strade, che guidano alla perfezione: 1) amò Dio per Dio; 2) amò il prossimo per Dio; 3) intimò a se stesso ed alle sue passioni una fiera battaglia, per esser tutto di Dio[17].

In definitiva possiamo dire che nella esperienza cristiana di Alfonso la carità verso Dio e verso il Cristo, strettamente legata e collegata con la carità verso il prossimo[18], costituisce il punto focale e fondamentale della sua vita pastorale.
Quest’amore verso Dio, consiste nella sollecitudine costante di appartenere totalmente ed esclusivamente a Dio, “essere solo e tutto di Dio”, e di comportarsi secondo la volontà di Dio: uniformità alla volontà di Dio[19].

S. Alfonso appare a Giacinto Amici, avvocato della causa di canonizzazione. Mons. Amici ha pubblicato un Compendiodella vita del Santo basata sui Processi della canonizzazione (Giacinto Marietti, 1839) ed ha lasciato tre redazioni della sua relazione su S.Alfonso. - Il quadro si trova a Pagani, Museo Alfonsiano.

 


    [1] LETTERE, III, 309.

    [2] La data di apparizione delle “Visite” è controversa: chi  dice nel 1744, chi nel 1745, chi 1748. A mio giudizio è da ritenere corretta la  prima avendo come riferimento la biografia del Cardinal A.Capecelatro, e il  critico lavoro di P.Rey-Mermet: Cfr. A.CAPECELATRO, 270-271; T.REY-MERMET, 487.

    [3] Per un approfondimento delle opere ascetiche, anche nei loro dettagli  Cfr. C.KEUSCH, La dottrina spirituale di  Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, op.cit., 94-102.

    [4] Optatam totius, 16, in EV, I, 805-810.

    [5] R.RUSSO, Carità e vita cristiana  secondo S.Alfonso, op.cit., 70.

    [6] S.ALFONSO, Selva di materie  predicabili ed  istruttive, in Opere Complete, III, 288.

    [7] PRATICA, 2.

    [8] S.ALFONSO, Opuscoli sull’Amore  Divino e dei mezzi per acquistarlo, in Opere
Ascetiche,
I, 268; PRATICA, 1-4; Apparecchio  alla morte cioè considerazioni sulle massime eterne utili a tutti per meditare,  ed a’ sacerdoti per predicare, in Opere
Ascetiche,
IX, 331-333; Via della  salute. Meditazioni per acquistare la salute eterna, in Opere Complete, II, 224-225; 233-234; La Vera Sposa di Gesù Cristo, cioè la monaca
santa per mezzo delle virtù proprie d’una religiosa,
op.cit., 334-335.

    [9] R.RUSSO, Carità e vita cristiana  secondo S.Alfonso, op.cit., 72.

    [10] PRATICA, 1.

    [11] GIOVANNI PAOLO II, Lettera Apostolica “Spiritus Domini“, op.cit., II.

    [12] LETTERE, III, 84.

    [13] A.M.TANNOIA, II, 253-254.

    [14] PRATICA, 40-72; Opuscoli  sull’amore divino, op.cit., 268-281.

    [15] G.Amici ci ha lasciato tre redazioni della sua relazione su S.Alfonso.  Nella prima egli dà una breve descrizione delle caratteristiche della  spiritualità di S.Alfonso. Nella seconda presenta alcuni aspetti della  spiritualità di Alfonso, relative all’amore del Santo verso Dio e verso Gesù  Cristo. Nella terza redazione ha cercato di modellare il contenuto storico  sullo schema teologico-canonico, di cui è costretto a servirsi. G.AMICI, De vita S.D. Alphonsi Mariae de Ligorio  commentarium, in Positio super  introductione causae, Romae 1796, 2-45; Compendio  della vita, virtù e miracoli del Venerabile Servo di Dio Alfonso Maria de’  Liguori, Fondatore della Congregazione del SS. Redentore e già vescovo di  S.Agata de’ Goti, estratto da’ Processi esibiti alla Sagra Congregazione de’  Riti, Roma 1802, 71-75; Cfr. A.BAZIELICH, Spiritualità di S.Alfonso M. de Liguori, in SH, 1 (1988), 334-335.

    [16] G.AMICI, De heroicis S. D.  virtutibus, in Positio super  introductione causae, Romae 1796, 46-76; Cfr. A.BAZIELICH, Spiritualità di S.Alfonso M. de Liguori,  op.cit., 338.

    [17] F.S.CALENDA, Orazione Funebre in  lode del Beato Alfonso Maria de Liguori, Napoli 1817, 7; Cfr. A.BAZIELICH, Spiritualità di S.Alfonso M. de Liguori,  op.cit., 344.

    [18] A.BAZIELICH, Spiritualità di  S.Alfonso M. de Liguori, op.cit., 348.

    [19] S.ALFONSO, Uniformità alla  volontà di Dio, in Opere Complete,  I, 483-499; in Opere Ascetiche, I,  283-312.