S. Alfonso. La vendetta dei santi

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181. S. Alfonso. La vendetta dei santi.

Incontri di S. Alfonso con la Misericordia di Dio
(seguendo le sue biografie)

181. S. Alfonso. La vendetta dei santi.

♦ Durante questo tempo [di ricorsi e litigi] succedette un’altra provvista di Canonicato nella medesima Chiesa di Arienzo.

♦ Un giorno, Alfonso si stava facendo fare, come al solito, la lezione spirituale e si venne a leggere nella vita di Innico Caracciolo Cardinale e Vescovo di Aversa, che avendo avuto un grave disgusto da un Prete, egli si vendicò col conferirgli un pingue Beneficio.
Sentendo ciò, Alfonso disse al lettore: “Fermatevi, e tornate a legger lo stesso”. – Quindi fece subito chiamare il Vicario e disse: “Ho deciso di voler dare al Notaro una consolazione”.
Così dicendo, gli impose di dar fuori la provvista del Canonicato in persona del di lui fratello minore.

♦ Rispose il Vicario: “Non voglio impedire questa vostra santa risoluzione; ma non ancora essendosi spiegato il Re soddisfatto di voi per l’ultimo ricorso, si potrà dire, con vostro discapito, che vi siete intimorito”.

Ripigliò Monsignore: “O bella! siamo ridotti al  ‘si dice?. Si pensi, e si dica ciò che si vuole. A me preme guadagnar l’anima del Notaro, non la gloria mia”.
Impaziente, in quel punto, si fece chiamare il Notaro, e come se fosse stretto amico gli disse: “Fate venire vostro fratello da Napoli, che penso io a farlo Canonico!”.
Come disse, così fece.

♦ Questa provvista non solo dispiacque ai familiari, ma generalmente a tutti: cosicché si diceva che chi vuol esser aggraziato e promosso da Monsignor Liguori, si deve far merito con vilipenderlo e maltrattarlo.

(Tannoia, Della vita ed istituto del venerabile Servo di Dio Alfonso Maria Liguori – Libro Terzo, Cap. 46)  Leggi tutto nell’originale.

Si diceva che chi voleva esser aggraziato e promosso da Monsignor Liguori, si doveva far merito con vilipenderlo e maltrattarlo. E Alfonso: “O bella! siamo ridotti a quello che si dice. Si pensi e si dica ciò che si vuole. A me preme guadagnar l’anima del Notaro, non la gloria mia”.