S. Alfonso. L’anima in disgrazia di Dio è priva della sua misericordia

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98. S. Alfonso. L’anima in disgrazia di Dio è priva della sua misericordia.

Pagine Alfonsiane sulla Misericordia

98. S. Alfonso. L’anima in disgrazia di Dio è priva della sua misericordia.

♦ Vediamo la miseria di un’anima, che sta volutamente in disgrazia di Dio. Ella è separata dal suo sommo bene ch’è Dio. Ella non è più di Dio, e Dio non è più suo. Anzi lo ha per suo nemico.
Chi ha per nemico un principe della terra, non può mai prender sonno quieto, temendo giustamente ad ogni momento la morte. E chi ha per nemico Dio, come può aver pace? Si può sfuggire l’ira del principe della terra con nascondersi in una selva, o con andar lontano in altro regno: ma si può sfuggire alle mani di Dio?
  Poveri i peccatori ostinati nel peccato! L’essere in disgrazia di Dio importa la perdita di tutti i meriti. La rovina che essa porta: da figlio di Dio lo fa diventare schiavo di Lucifero, da amico diletto lo fa diventare nemico sommamente odiato, da erede del paradiso lo fa diventare un condannato dell’inferno.
Diceva S. Francesco di Sales che se gli angeli potessero piangere, in veder la miseria d’un’anima che commette un peccato mortale e perde la divina grazia, gli angeli si metterebbero a piangere per compassione. Ma la maggior miseria è che gli angeli piangerebbero, se fossero capaci di piangere, e il peccatore ostinato invece non piange.
♦ Dice S. Agostino: Se un peccatore perde una bestiola, una pecorella, ecco che non mangia, non dorme e piange; perde poi la grazia di Dio, ed egli mangia, dorme e non piange.
Ecco lo stato miserabile, in cui io mi son ridotto, o mio Redentore. Voi per farmi degno della vostra grazia, avete speso 33 anni di sudori e di pene, ed io l’ho disprezzata e perduta per niente. Ringrazio la vostra pietà, che ancora mi dà tempo di ricuperarla, se voglio. Sì, voglio far quanto posso per riaverla.
Ditemi che ho da fare per ricevere da Voi il perdono. Volete ch’io mi penta? Sì, Gesù mio, mi pento con tutto il cuore di avere offeso la vostra bontà infinita.
Volete ch’io v’ami? Io v’amo sopra ogni cosa. Per il passato ho troppo male impiegato il mio cuore ad amare le creature e le vanità. Da oggi avanti voglio vivere solo a Voi, voglio amare solo Voi, mio Dio, mio tesoro, mia speranza e mia fortezza.
I meriti vostri, le piaghe vostre, o Gesù mio, hanno da essere la speranza, la fortezza mia. Da Voi spero la forza d’esservi fedele. Ricevetemi dunque nella vostra grazia, o mio Salvatore, e non permettete ch’io vi lasci più.
Maria madre mia, fatemi ardere di amore verso Dio, come sempre ardeste Voi.

(S. Alfonso, Apparecchio alla Morte, Considerazione XIX –  Quale male sia la disgrazia di Dio. Punto III). 
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Poveri i peccatori ostinati nel peccato! L’essere in disgrazia di Dio annienta l’uomo: da figlio di Dio lo fa diventare schiavo di Lucifero, da amico diletto lo fa diventare nemico odiato, da erede del paradiso lo fa diventare un condannato dell’inferno. – Ecco lo stato miserabile, in cui io mi son ridotto, o mio Redentore: da Voi spero la forza d’esservi fedele; ricevetemi ancora nella vostra grazia.