S. Alfonso. Le croci non sono castighi di Dio

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205. S. Alfonso. Le croci non sono castighi di Dio.

Pagine Alfonsiane sulla Misericordia

205. S. Alfonso. Le croci non sono castighi di Dio.

♦ Il tempo della malattia è la pietra di paragone dello spirito, perché in essa si scopre di quale spessore è la virtù di una persona. Se essa non si agita, non si lamenta, non domanda, ma obbedisce ai medici e ai superiori e se ne sta tranquilla, rassegnata alla volontà divina, è segno che possiede salde virtù.

  • Cosa dire invece di un malato che si lamenta di non essere assistito, di soffrire pene insopportabili, dice che la cura non gli fa niente o che il medico è ignorante, e talvolta si lagna anche con il Signore che, secondo lui, sta esagerando?
  •  Questo vale anche nei casi in cui soffriamo la perdita di persone utili al nostro profitto materiale o spirituale. A questo riguardo spesso anche le persone pie mancano molto, non rassegnandosi  alle disposizioni divine.
  • La nostra santificazione non deve venirci dai padri spirituali, ma da Dio. Egli vuole che ci serviamo della loro guida finché ce li dona. Quando invece ce li toglie, egli vuole che ci accontentiamo e che accresciamo la fiducia nella sua bontà, dicendo: “Signore, tu mi avevi dato questo aiuto ed ora me l’hai tolto: sia fatta sempre la tua volontà. Ora supplisci tu e insegnami quello che devo fare per servirti”.

♦ Dobbiamo accettare dalle mani di Dio tutte le altre croci che egli ci manda. Alcuni pensano che certe sofferenze siano dei castighi. Ma non è così.

I castighi che Dio manda in questa vita sono grazie e benefici. Infatti, se l’abbiamo offeso, dobbiamo soddisfare in qualche modo la giustizia divina, o in questa vita o nell’altra. Perciò dobbiamo dire tutti con sant’Agostino: “Signore, brucia, taglia e non risparmiarmi quaggiù, per risparmiarmi poi nell’eternità”, e con il santo Giobbe: Questa sia la mia consolazione: che, affliggendomi con dolori, tu non mi risparmi (Gb 6,10 Vg).

Chi si è meritato l’inferno deve essere contento nel vedere che Dio lo castiga in questa vita, perché così può sperare che Dio voglia liberarlo dal castigo eterno. Nelle prove che Dio ci manda diciamo dunque come il sacerdote Eli: Egli è il Signore! Faccia ciò che a lui pare bene (1Sam 3,18).

(S. Alfonso, Uniformità alla volontà di Dio pp. 301-303)
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Dobbiamo accettare dalle mani di Dio tutte le croci che egli ci manda. Esse non sono castighi. Nelle prove che Dio ci manda diciamo dunque come il sacerdote Eli: Egli è il Signore! Faccia ciò che a lui pare bene (1Sam 3,18).