S. Alfonso. Un vescovo umile come il divin Maestro

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117. S. Alfonso. Un vescovo umile come il divin Maestro. 

Incontri di S. Alfonso con la Misericordia di Dio
(seguendo le sue biografie)

117. S. Alfonso. Un vescovo umile come il divin Maestro.

♦ Fece notizia in Città l’arrivo di Monsignor Liguori.

  • Subito che vi giunse, si vide accerchiato da Canonici, da Capi di Ordine, Cavalieri, Avvocati, e Ministri. Anche il Popolo basso vi concorreva a folla, ansioso di ossequiarlo. Quasi tutti i Prelati, che si ritrovavano in Napoli, furono a complimentarlo. Egli però, ritrovandosi in Napoli per affari così urgenti, pregò tutti di averlo per scusato se mancava a suoi doveri.
  • Umiltà e povertà facevano il suo corteggio. Abitò in casa del Fratello, ma non volle tratto cavalleresco. Cedette al segretario stanza e letto nobile, che dal Fratello gli era stato preparato, e per sé prescelse un camerino non curato, e tale che serviva per ripostiglio di vecchie suppellettili. Tutto l’addobbo in questo fu un lettino alla peggio e poche sedie di paglia.
  • Non essendo di funzione in qualche Chiesa, vestiva in casa e fuori la semplice tonaca di sua Congregazione: quella stessa che, ancorché logora, giornalmente vestiva in S. Agata. Le scarpe erano quelle che si fece andando a Roma, ed il cappello, anche di quel tempo, dal costo di tre carlini, smunto e mal tenuto.
  • Più di tutto dispiaceva questo cappello al suo Fratello D. Ercole, che di soppiatto glielo tolse e comprandogli uno di costo. Se ne afflisse Monsignore, non potendo fare il contrario; ma prima di ritirarsi da Napoli, avendolo fatto esitare del ritratto, ne fece comprare quattro, uno ritenendolo per sé, e tre li diede ai nostri.
  • Non avendo cappa, si serviva del mantellone. Essendogli stato detto che non conveniva, mandò alla giudea per una cappa di scottino usata, e si spesero quindici carlini.
  • Non volendo far pompa di sé, si industriava comparire nella maniera la più dimessa. Quando era per funzione in chiesa, che non potette evitare, o per predicarvi o per celebrarvi, vestiva di paonazzo: fuori di questo, usava la tonaca di sua Congregazione.
  • Scherzando un giorno l’eminentissimo Sersale gli disse: “Monsignore, ora mi sembrate Vescovo greco, ora latino, sapessimo cosa siete”. E volgendosi a Monsignor Sanseverino disse: “Io non so come costui, che appena ne porta il segno, possa goderne il foro ed aversi per Vescovo”. – Altro distintivo non aveva che la Crocetta al petto, ma così meschina che neppur compariva.
  • Avendolo taluni trattato di eccellenza, ripigliò Alfonso: “Che eccellenza ed eccellenza, levate quest’eccellenza.”
  •   Curioso fu un attacco, che ebbe per questo con un servente di Monastero. Ripetendogli questi l’eccellenza, gli disse Alfonso: “Via mò, levate quest’eccellenza” – “Come nò – ripigliò il servente- se siete cavaliere, e vi spetta. –  “Finiscila, – soggiunse Monsignore – levate quest’eccellenza. Lo disse con tal tono, che quel poveretto non vede ancora la porta per uscirne.
  • Eccedendo in atti di suo abbassamento anche con persone ordinarie, non mancò dirgli l’Avvocato D. Carlo Melchionna che eccedeva. Ed egli disse: “L’umiltà non ha fatto mai danno”.
  • Una delle sere alcuni musici, essendo venuti a raccomandarsi per qualche novena in Diocesi. Nel licenziarli, li accompagnò fino alla sala. Vari Signori presenti non finirono di ammirare tanta degnazione.

(Tannoia, Della vita ed istituto del venerabile Servo di Dio Alfonso Maria Liguori – Libro Terzo, Cap. 39)  Leggi tutto nell’originale.

Non volendo far pompa di sé in Napoli, Alfonso si industriava comparire nella maniera la più dimessa. Quando era per funzione in chiesa, vestiva di paonazzo: fuori di questo, usava la tonaca di sua Congregazione.