Saggese Giosuè redentorista

Mons. Giosuè Maria Saggese  (1800-1852) – Italia.

Non c’è paese, non c’è contrada nella illustre Archidiocesi di Chieti in cui non ci sia un ricordo, una traccia della operosità instancabile, dello zelo veramente apostolico di Mons. Giosuè Maria Saggese, Redentorista.
Nacque in Ottajano, nella felice terra napoletana, il 15 maggio 1800 da Francesco ed Anna De Pascale. A 16 anni entrò nell’Ordine Liguorino, e il 15 giugno 1833 venne ordinato sacerdote. A 35 anni appena, fu nominato Rettore del Collegio di Corigliano in Calabria. Per il suo zelo fu giustamente chiamato «l’Apostolo, l’Angelo delle Calabrie».

A 38 anni fu nominato Arcivescovo, e il 27 settembre 1838 faceva il solenne ingresso in Chieti.
Amantissimo della povertà, da Vescovo la praticò in modo incredibile. Dormiva abitualmente sul duro, anche quando andava in Visita Pastorale. Aveva pochissimi capi di biancheria; e spesso si privava pure di essi per soccorrere i suoi» poveri.
Iniziava la sua giornata con tre ore di preghiera; e dava udienza tutti i giorni. Sotto di lui l’Episcopio divenne «l’Ospizio dei Chierici e dei Laici, il Banco dei poveri, l’erario delle vedove, l’asilo degli orfani».
Quando giunse a Chieti, la Cattedrale era disadorna: fu lui a renderla quale oggi l’ammiriamo. Sotto di lui il Seminario fu ampliato quasi del triplo; a lui si devono la Cappella, la scalinata, il refettorio. Per star sempre vicino ai suoi amati chierici, Mons. Saggese pensò ad un nuovo Episcopio sito presso il Seminario. Con 14.000 ducati acquistò l’attuale Palazzo curiale, che era un’antica casa baronale. Oltre a queste tre grandi opere, si deve a Mons. Saggese la erezione in diocesi di 50 chiese « ex novo» e la restaurazione di oltre 80.

Ma passiamo a considerare le grandi opere morali, che ci rivelano in modo tangibilissimo la santità di tanto pastore.
Seminario. A principio dell’anno scolastico, sembrava che anche lui tornasse a prendere stanza in seminario. Te lo vedevi continuamente in Cappella, a scuola, per i corridoi. Instillò nei suoi Chierici una profonda devozione a Gesù Sacramentato ed alla Vergine Santa. Incrementò gli studi teologici e filosofici. Diede grande impulso alla musica ed al canto sacro.
Devozione alla Eucaristia e alla Madonna. Istituì in diocesi le Quarantore. Egli stesso ne descrive la efficacia: « Il concorso alle chiese è commovente… Circa 12mila persone erano nel Duomo e nella Piazza che lo precede, illuminata da più di 10mila fiaccole, oltre a numerose cappelle erette per le strade, ornate di ceri su argentei doppieri. L’ultima manifestazione era stata preceduta dalla esposizione eucaristica in 14 chiese per 34 giorni, in una crescente e sempre brillante gara. Era l’anno 1846».
Nei riguardi della Madonna, quando parlava di lei trascinava il popolo ove voleva. Ordinò che i Chierici di teologia ne tessessero le lodi, ogni sabato, in cattedrale. Al santo Padre Pio IX presentò il voto per l’Immacolato Concepimento di Maria (5-5-1849). Raccolse dai vescovi d’Italia le opere concernenti la devozione ai Sacri Cuori, e si diede a pubblicarle con dediche, prefazioni e inviti pastorali.
S. Visita. Visitò i sacri luoghi e tutte indistintamente le case religiose; avvicinò tutti i suoi figli. E questo gli costò non poco, specialmente quando si considerino i mezzi di trasporto di quei tempi, la vastità della diocesi, e l’accesso difficilissimo ad alcuni paesi di essa. Era vigilantissimo su quanto concerneva Culto e Morale; fu addirittura scrupoloso nei riguardi del SS. Sacramento: non pretendeva solo pulizia, ma magnificenza e splendore. Spesso diceva: «Non ho piegato le spalle sotto il peso dell’Episcopato per perdere l’anima mia».

Fu vittima di un ricorso alla santa Sede per il suo preteso rigorismo. Il Papa ne fu turbato, e nominò una Commissione Cardinalizia per esaminare il caso: questa proclamò la innocenza del grande Pastore. A Chieti, quando si seppero i motivi per cui era stato chiamato a Roma e la riconosciuta sua innocenza, si allestì una grande festa per il suo ritorno: il popolo tutto gli mosse incontro. Mons. Saggese aveva approfittato della benevolenza del S. Padre per ottenere la insegna della mitra per i Canonici, e il titolo di Prelato per l’Arcidiacono.

Missioni. Animato da zelo ardentissimo, fu un ardente propagatore della Causa Missionaria. E Dio stesso volle premiarlo, concedendogli la grazia della conversione dall’Islamismo del celebre Jouart, figlio di Omar.

Il 25 gennaio 1852, Mons. Saggese fu colpito da un favo maligno, che fin da principio si mostrò ribelle ad ogni cura. L’11 marzo ricevette in forma solenne il suo Signore Sacramentato. Al vederlo, gridò con gran fede: «Tu es Christus Filius Dei vivi…». Dopo la Comunione intonò il Te Deum, e volle che tutti i presenti ne alternassero i versetti. Il 24 aprile ricevé l’Estrema Unzione, e all’una e quarto di notte se ne volava al cielo. Da una reliquia dell’allora ven. Gerardo Majella si partì un raggio di luce che illuminò il suo viso angelico.
Conforme ai suoi desideri espressi per testamento fu sepolto sotto la Cappella del SS.mo nella Metropolitana Teatina.

Gaetano M. Eaolo
S. ALFONSO, anno 1952, pag. 97

Mons. Giosuè Maria Saggese, redentorista nativo di Ottaviano (NA), già giovane sacerdote fu inviato come missionario in Calabria: per il suo zelo fu giustamente chiamato «l’Angelo delle Calabrie». - A 38 anni fu nominato Arcivescovo di Chieti e il 27 settembre 1838 vi faceva il solenne ingresso. Amantissimo della povertà, da Vescovo la praticò in modo incredibile.

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Altro Profilo

S. E. Mons. Giosuè Saggese era della Congregazione del SS. Redentore, di un casato nobile, di un carattere dolce ed affabile, di uno zelo instancabile per la salute delle anime.
Nacque ad Ottajano, il 15 maggio 1800; a 15 anni entrò tra i figli di S. Alfonso M. De Liguori. Ordinato sacerdote, per qualche anno insegnò fisica e teologia nel collegio di Corigliano, di cui fu anche rettore.
Ben presto la fama della sua scienza e della sua santità attirò l’attenzione del Sommo Pontefice Gregorio XVI, che nel 1838 lo nominò Arcivescovo di Chieti.
Come buon redentorista, nutrì una devozione tenerissima per i Sacri Cuori di Gesù e di Maria. Diffuse questa devozione in tutte le parrocchie della Diocesi, facendo collocare centinaia e centinaia di immagini dei Sacri Cuori in tutte le chiese.
Merito non piccolo di questo Presule di un secolo fa è quello di aver curato da pioniere la documentazione, la storiografia, l’archivistica. Quante memorie sarebbero andate perdute se accorti ufficiali di Curia, sotto la guida e la personale vigilanza di questo vescovo, non le avessero raccolte, catalogate, custodite, tramandate.
Il suo Regesto è immenso, e si conserva integralmente in molti e poderosi volumi nella Curia Arcivescovile. È una vera miniera per la storia religiosa della Diocesi durante il tempo del suo episcopato. Alla sua penna si deve anche una magistrale pubblicazione sulla chiesa Metropolitana Teatina riportata alla luce nel 1933.
Alla formazione del clero dedicò tutta la passione del suo animo pastorale, rivolgendo cure particolari al Seminario che, sotto la sua guida, segnò il periodo del suo maggiore splendore.

Una gloria veramente insuperabile del Vescovo redentorista resta quella della Esposizione Solenne del SS. Sacramento per tre giorni consecutivi, nel periodo precedente il carnevale. Questa pia pratica eucaristica è comunemente nota col nome di Quarantore. Mons. Saggese ne scrisse personalmente le preghiere, compose tutti i canti e gli inni. L’aureo libretto va ancora per le mani del popolo. Nelle lunghe serate invernali le chiese si affollano per le s acre funzioni dell’ adorazione al Santissimo solennemente esposto. Tra il profumo degli incensi, al chiarore di cento fiammelle, col tripudio del suono dell’organo, salgono preci devote e melodie litanianti.
In una cronaca del 1845 leggiamo: «Circa dodicimila persone erano nel Duomo e in piazza illuminata da più di diecimila fiaccole. Era uno spettacolo mai visto; un complesso tenero di sacri riti e funzioni, istruzioni e discorsi; confessioni e comunioni senza misura, ed un pubblico entusiasmo per questa angelica dimostrazione».

Morì in età immatura, appena a cinquantadue anni. Dové essere un bel Vescovo giovanile e robusto, quando fu consacrato, a cavallo dei quarant’anni! I suoi quattordici anni di episcopato, brevi nel tempo ma intensi nello zelo operoso, si svolsero dal 1838 al 1852. Era il pontificato di Pio IX.
Questo Prelato santo e dotto, di ingegno e cultura superiori, dalle eminenti qualità di pastore buono e zelantissimo, resta uno dei Vescovi più illustri del secolo scorso nel Mezzogiorno d’Italia.

Mario Di Cola
S. ALFONSO, anno 1964, pag. 73.

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Profilo tratto da
Nella luce di Dio, Redentoristi di ieri.
del P. Francesco Minervino, Pompei 1985

L'amabile figura di Mons. Giosuè Maria Saggese e la ricognizione del cadavere fatta nel 1964, presenti alcuni redentoristi. Morì in età immatura, appena a cinquantadue anni. Dové essere un bel Vescovo giovanile e robusto, quando fu consacrato, a cavallo dei quarant’anni! I suoi quattordici anni di episcopato, brevi nel tempo ma intensi nello zelo operoso, si svolsero dal 1838 al 1852. Era il pontificato di Pio IX.
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