Sellitto Benito redentorista

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In memoria di P. Benito Sellitto redentorista  (1934-2016) – Italia.

Carissimi confratelli,

in questo giorno in cui la Chiesa celebra la festa di san Benedetto da Norcia, abbiamo celebrato alle ore 11 nella basilica di sant’Alfonso in Pagani le esequie del P. Benito Sellitto, che del Patrono d’Europa portava il nome. Dominante è stata l’icona biblica del giudizio finale (Mt 25, 31-46).

Era presente una dozzina di confratelli e una buona porzione di popolo di Dio, tra cui i nipoti con rispettive famiglie. Dopo l’eucarestia, su richiesta dei parenti la salma è stata tumulata nella tomba di famiglia nel cimitero di Costa di Mercato San Severino.

Le ultime ore del P. Benito hanno visto precipitare le patologie che da circa tre anni avevano consigliato la sua permanenza nella nostra infermeria di Pagani. Un picco glicemico, unito a una forma tumorale alla vescica, hanno determinato, nel dopo cena di sabato 9 luglio, prima un riflusso alimentare, e poi emorragie interne che si sono riversate soprattutto con grumi di sangue nelle urine e a livello di vasi capillari esterni. Praticamente il tutto si è consumato tra le 21,30 e le 23,20, quando il confratello ha rimesso lo spirito nelle mani del Padre.

La Chiesa, che già viveva la liturgia della domenica XV del Tempo ordinario, quella del buon Samaritano, affida alla misericordia del Signore questo missionario zelante e generoso.

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Nato a S. Eustachio di Mercato San Severino (SA) il 17 aprile 1934, P. Benito ha speso esattamente metà della sua vita (dal 1972 al 2013) in Argentina. Dopo aver espletato alcuni impegni in campo formativo in Italia, fu il distretto “San Josè di Guaymallèn”, alla periferia di Mendoza, ai piedi delle Ande, a impegnarlo inizialmente come missionario. La sua sensibilità alla pastorale familiare lo portò prima a fondare un “Centro di orientamento della famiglia”, dedicato a S. Alfonso, e poi ad essere incaricato del Segretariato Arcidiocesano della Famiglia. E nello stesso tempo il suo cuore batteva forte in direzione dei poveri, tanto da sperimentare qualche attrito da parte della dittatura militare, che sospettava lui e i suoi confratelli di “comunismo”.

Fu a partire dal 1977 che la sua azione si irradiò verso il vicino deserto de Lavalle. Alcuni iniziali impegni di predicazione di novene patronali furono una “miccia” che incendiarono una passione: quella verso le minorità etniche Huarpe abbandonate dal Governo civile e dimenticate dalla Chiesa, legate solo alla propria terra, per giunta desertica e arida, ricca solo di qualche misero arbusto e poche, ossute capre.

A favore di questa gente e con l’aiuto della comunità (ricordo p. Federico Cascone, P. Rosario Rizzo, P. Francesco La Ruffa e fr. Filippo De Spirito) P. Benito svolse non solo un’azione catechetica e pastorale, ma un’opera di promozione sociale con costruzione di scuole, installazione di pannelli solari, provvista di medicinali e beni di prima necessità, strutture di allevamento e arnie per api. Provvide persino a due cimiteri, tanto per non lasciare nulla al caso.

Si servì di tutto, pur di realizzare il suo obiettivo: convenzioni con Università nazionale, Governo della Provincia di Mendoza e Municipio di Lavalle, un movimento per l’approvazione di una legge Provinciale a favore dei puesteros  (caprai) per il diritto a permanere nella loro terra, e poi di un’altra legge per il riconoscimento del popolo Huarpe e il suo diritto alla proprietà comunitaria della terra. Per tutto questo, anche se con ritardo, P. Benito è stato insignito di vari riconoscimenti civili, tra cui il Leone d’oro attribuitogli come difensore dei diritti del popolo Huarpe, concesso dalla Commissione Relazioni Pubbliche del Comitato “Italiani all’Estero”, nel 2000.

L’amore che P. Benito ha incarnato nei confronti dei poveri è certamente il riflesso più evidente del mistero di Cristo sulla sua vita. Un amore che ha tenuto a cuore ciò che la Cost. 5 chiede ad ogni Redentorista: non solo di proclamare il vangelo ai poveri, ma anche di “promuovere i loro diritti fondamentali alla giustizia e alla libertà”. Su questo P. Benito non conosceva mezze misure, a rischio di non essere compreso da alcuni confratelli e dalla stessa gerarchia, e accusato di fare più politica che pastorale.

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L’altro riflesso molto evidente lo trovo nella sua semplicità, sorella gemella della concretezza con cui agiva. Questo a volte tracimava nel disordine (persino a livello di rendicontazione o di rispetto di processi decisionali) che certamente non era voluto né tanto meno interessato, perché quel che gli stava a cuore era semplicemente la causa dei poveri.

Infine permettetemi di ricordarlo con quel sorriso, irradiazione del vangelo, che l’ha accompagnato fino all’ultimo dei suoi giorni. L’avevo incontrato pochi giorni prima che ci lasciasse. E all’ennesima richiesta se stesse bene, rispondeva come suo solito: “non bene, benissimo!”. Era un uomo semplicemente contento della vita così come l’aveva vissuta, sapendo di averla spesa per una causa alta e nobile, la stessa per la quale Dio aveva deciso di farsi carne e decide ancora oggi di farlo nei poveri e negli emarginati.

Possano sant’Alfonso e tutti i nostri santi e beati, insieme alla Madonna del Perpetuo Soccorso, accompagnarlo all’abbraccio del Padre.

P. Serafino Fiore cssr
Superiore Provinciale
Ciorani, 11 luglio 2016

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