Un asilo infantile ante litteram

Il cammino del vescovo Alfonso Maria de Liguori: 1762-1775.
34.
Un asilo infantile ante litteram.

  Un asilo infantile ante litteram

S.Alfonso somiglia ad un sottosuolo ricco di giacimenti preziosi. Ogni tanto chi lo scruta con impegno, scopre sorpreso un nuovo filone che aggiunge altra luce alla sua personalità insigne.
Chi ha pensato mai alle sue iniziative sociali?
Siamo soliti immaginarlo tappato nel suo studio, affondato sopra un seggiolone, accanto ad una pila di volumi teologici, intento a leggere o a meditare.
Faceva anche questo durante la sua giornata lavorativa di circa dodici ore di occupazioni pastorali.
Ma forse nessuno saprebbe figurarsi il settantenne moralista nel cortile soleggiato dell’episcopio tra una frotta di bimbi mocciosi, a cui dispensava carezze o una fetta di pane.
Il missionario redentorista Angelo Gaudino, di passaggio a S. Agata dei Goti, un giorno si imbatté in un bracciante, che facendosi eco di altri operai, si lagnava per la rinunzia della Diocesi avanzata nel 1775 da sant’Alfonso: “Quando noi andavamo alla montagna, lasciavamo i nostri figliuoli nel palazzo di Monsignore, ed eravamo sicuri di esser alimentati; ora che ha rinunziato, e se ne parte, a chi dobbiamo ricorrere?”.

Non esistevano allora gli asili gratuiti, i giardini d’infanzia, o altre istituzioni; i ragazzi scorazzavano per le strade, quando in casa mancava qualche vecchio per custodirli.
Il Santo andò incontro al bisogno dei lavoratori, che usciti all’alba tornavano verso l’imbrunire.
Benché sporadica, era un’anticipazione sintomatica di assistenza sociale..
Quei marmocchi sbrindellati non erano acqua morta: giocavano, si bisticciavano, piagnucolavano, mandavano in pezzi qualche oggetto o impiastricciavano i muri con scarabocchi.
Monsignore li sopportava; non mandava il domestico Alessio a distribuire scapaccioni ai più sbarazzini. Passando tra loro li benediceva, godendo d’insegnare qualche preghieruccia magari per i genitori che si arrampicavano per le pendici del Taburno a raccogliere fieno o a trasportare fascine e carboni.
Non c’erano a quei tempi né banche del latte né aiuti nazionali o internazionali: il vescovo se ne occupava con ispirazione evangelica.
Fratel Francesco pensava ad allestire la mensa “aziendale” per sfamare i figli degli operai, i quali oggi evoluti sembrano dimenticare con disinvolta ingratitudine ciò che la Chiesa cattolica ha fatto per essi in passato.
(da Oreste Gregorio, Monsignore si diverte, p. 108-109).

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Galleria di statue di S. Alfonso vescovo
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Particolare della statua di S. Alfonso a Procida, chiesa di Madonna della Libera.