Vangelo e riflessione 23a Domenica Tempo Ordinario_B15

TO23L’annuncio della Parola oggi

            • 1. Vangelo e riflessione della 23a Domenica TO B : “Fa udire i sordi e fa parlare i muti”.
            • 2. Videoriflessione di P. Giuseppe De Nardi – da Gloria.TV.
            • 3. Papa Francesco: l’amore in famiglia riscalda il cuore delle città – da Gloria.TV.
            • 4. Papa Francesco e le Opere di Misericordia – da Gloria.TV.
            • 5. Don Antonio Coluccia e la casa dei poveri  da Gloria.TV.
            • 6. TV Aparecida – Documentário del Perpetuo Soccorso – da YouTube.
            • 7. Testimonianze di S. Alfonso sulla mortificazione.

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“La parola di Dio dimora in voi che avete vinto il maligno” (1Gv, 2,14).

1. Vangelo della domenica –  (Mc 7,31-37).
“Fa udire i sordi e fa parlare i muti”.

In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.
Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.
E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

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Un consiglio per non bloccarsi: aprirli uno per uno e lasciarli terminare.

2. Videoriflessione di P. Giuseppe De Nardi, parroco di Tiberiade – di koinonia (dur. 5,30) – da Gloria.Tv.

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3. Papa Francesco: l’amore in famiglia riscalda il cuore delle città – di Viva il Papa  (dur. 2,34) – da Gloria.TV.

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4. Papa Francesco e le Opere di Misericordia  – di LDCaterina63 (dur. 7,21) – da Gloria.TV.

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5. Don Antonio Coluccia, il prete dei poveri, fonda l’Opera Don Giustino Onlus: una casa per tornare a vivere – di ale40 (dur. 12,31) – da Gloria.TV.

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6. TV Aparecida – Brasile 2008 – Documentário Nossa Senhora do Perpétuo Socorro (dur.28,37) – da YouTube.

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7. Testimonianze di S. Alfonso sulla mortificazione.

Il nostro cuore è un orto in cui sempre nascono erbe selvagge e nocive; bisogna pertanto tener continuamente alla mano la zappetta della santa mortificazione per troncarle e cacciarle fuori; altrimenti l’anima tra poco diventerà una boscaglia di sterpi e di spine. (S. Alfonso in La Monaca Santa).
La mortificazione esterna come l’interna sono necessarie alla perfezione, ma con questa differenza che l’esterna dobbiamo esercitarla con discrezione, ma la interna senza discrezione e con fervore. E a che mai serve il mortificare il corpo, se non mortifichiamo le passioni interne? (S. Alfonso in La Monaca Santa).
O l’anima si ha da mettere sotto i piedi il corpo, o il corpo si metterà sotto i piedi l’anima. Dobbiamo pertanto noi trattare il nostro corpo come un cavaliere tratta un cavallo furioso, tenendolo sempre con la briglia tirata acchiocché non lo precipiti. (S. Alfonso in La Monaca Santa).

♦ Grande fu il fervore con cui S. Alfonso si diede a tormentare il suo corpo fin da quando abbandonò il mondo. Non indietreggiava innanzi alle discipline più aspre, digiunava in pane ed acqua tutti i sabati in onore della Vergine.
Il mondo poi da parte sua contribuì largamente a farlo esercitare alla mortificazione interna. Gli antichi suoi amici ostentavano di trattarlo con disprezzo e fingevano perfino di non conoscerlo; divenne la favola degli avvocati, dei signori e dei principi, che prima lo avevano portato alle stelle. Il Presidente di Corte Reale, don Muzio di Maio, che si era mostrato tanto affezionato ad Alfonso, da quando seppe che questi aveva preso la divisa ecclesiastica, gli chiuse la porta di casa sua, col pretesto che un galantuomo non si presenta così davanti a persone rispettabili.
♦  Il papà don Giuseppe, il bravo capitano, arrossiva del suo figliuolo, che sopportò a lungo questi disprezzi soffrendo crudelmente in cuor suo, ma felice di essere trattato come Gesù Cristo.
♦  Stabilitosi alla Casa dei “Cinesi”, Alfonso profittò della sua libertà per darsi alla mortificazione con l’austerità di un S. Pietro d’Alcantara. La regola passava loro a desinare del lesso e dei legumi, ma la carne vi si mangiava di rado per mancanza di mezzi, o quando compariva a tavola, erano poveri avanzi mezzo andati male e comprati per pochi centesimi. Spesso anche dovevano contentarsi di un brodo di rape colte nell’orto o d legumi o di qualche radice.
Alfonso quantunque allevato in mezzo ad ogni delicatezza rendeva peggiore questo misero pasto mescolandovi alcune erbe amare, mangiando quasi sempre in ginocchio o seduto sulla nuda terra, come un povero peccatore, indegno del pezzo di pane nero che gli era concesso.
Alla fine della giornata si sdraiava su di un asse o per terra, come Gesù Cristo che non aveva nemmeno una pietra dove posare il capo.
♦ Le mortificazioni di S. Alfonso, da Vescovo, erano l’ammirazione di quanti lo avvicinavano. «Quanto era buono con gli altri, dice il vicario generale Rubini, altrettanto era crudele con se stesso. Vi farei rabbrividire se vi narrassi le sue macerazioni, se vi parlassi dei suoi strumenti di penitenze, dei suoi cilizi, e catenelle di ferro, che tenevano quel corpo in una continua crocifissione, delle sue sanguinose flagellazioni, delle sue veglie prolungate in una parola di tutti i mezzi inventati da lui per affliggere la sua carne».
Un priore dei domenicani, venuto a S. Agata per gli esami, aveva abitato due giorni in una camera contigua a quella di Alfonso. Terminati gli esami, volle partire all’istante, e siccome fu pregato di rimanere: «No — egli disse — vado via, non mi sento la forza di continuare a udire le flagellazioni di questo santo vecchio».

Il bambino con la faccia nella sabbia si chiamava Aylan: tre anni, pantaloncini al ginocchio, una maglietta rossa, le braccia stese dalla risacca. La corrente lo ha spinto indietro, fino alla spiaggia di Bodrum, Turchia, la stessa spiaggia da cui era partito. Non si conosce ancora la dinamica del naufragio... Si è aperto un dibattito sulla questione del se sia giusto o meno pubblicare le foto dei piccoli siriani annegati. Un popolo in fuga in cerca della pace che gli è stata ingiustamente negata. Il dipinto al centro, pubblicato su Facebook, fa sperare che Aylan sia cullato tra le braccia di Dio.  Il rispetto per questo bambino, che scappava con i suoi fratelli e i suoi genitori da una guerra che si svolge alle porte di casa nostra, pretende che tutti sappiano. Pretende che ognuno di noi si fermi un momento e sia cosciente di cosa sta accadendo sulle spiagge del mare in cui si va in vacanza.
Il bambino con la faccia nella sabbia si chiamava Aylan: tre anni, pantaloncini al ginocchio, una maglietta rossa, le braccia stese dalla risacca. La corrente lo ha spinto indietro, fino alla spiaggia di Bodrum, Turchia, la stessa spiaggia da cui era partito. Non si conosce ancora la dinamica del naufragio…
Si è aperto un dibattito sulla questione del se sia giusto o meno pubblicare le foto dei piccoli siriani annegati. Un popolo in fuga in cerca della pace che gli è stata ingiustamente negata. Il dipinto al centro, pubblicato su Facebook, fa sperare che Aylan sia cullato tra le braccia di Dio.
Il rispetto per questo bambino, che scappava con i suoi fratelli e i suoi genitori da una guerra che si svolge alle porte di casa nostra, pretende che tutti sappiano. Pretende che ognuno di noi si fermi un momento e sia cosciente di cosa sta accadendo sulle spiagge del mare in cui si va in vacanza.