Gesù soffrì fin dall’infanzia

14. Gesù soffrì fin dall’infanzia

Ho sempre davanti la mia pena (Sal 37,18). Le pene e le ignominie, che Gesù patì in vita e in morte, gli furono sempre presenti: Ho sempre davanti la mia pena (Sal 37,18), ed egli fin da bambino cominciò a offrirle in espiazione dei nostri peccati, comportandosi fin d’allora come il Redentore. […]
Quale martirio provò sempre il cuore innamorato di Gesù nel vedere tutti i peccati degli uomini! Egli, afferma san Bernardino da Siena, ebbe sempre presente ogni peccato particolare e ogni peccato lo afflisse immensamente.

San Tommaso dice che il dolore di Gesù nel conoscere la gravità dell’offesa che viene fatta al Padre con il peccato e la gravità del danno provocato da esso sulle anime da lui amate, superò il dolore di tutti i peccatori contriti, anche di coloro che sono morti di puro dolore. Infatti nessun peccatore ha mai amato Dio e la propria anima quanto Gesù amava il Padre e le anime nostre. Sicché l’angoscia che il Redentore soffrì nell’orto degli Ulivi alla vista di tutte le nostre colpe, che si era offerto a espiare, egli la soffrì fin dall’infanzia.

Sono povero e sofferente fin dall’infanzia (Sal 87,16 Vg). Per bocca di Davide il nostro Salvatore predisse di sé che tutta la sua vita sarebbe stata un continuo patire. San Giovanni Crisostomo ne deduce che di nessun’altra cosa noi dobbiamo affliggerci, tranne che del peccato; e come Gesù per i nostri peccati fu afflitto per tutta la vita, così noi, che li abbiamo commessi, dobbiamo averne un continuo dolore, ricordandoci di avere offeso un Dio che ci ha tanto amato.

Santa Margherita da Cortona[1] non cessava mai di piangere le sue colpe. Un giorno il confessore le disse: “Margherita, basta col piangere, il Signore ti ha già perdonata”. La Santa rispose: “Come possono bastarmi le lacrime sparse e il dolore dei miei peccati, quando Gesù ne fu afflitto per tutta la vita?”

Preghiera

Gesù mio, ecco ai tuoi piedi l’ingrato, il persecutore, che ti ha tenuto afflitto per tutta La vita. Ma ti dico, con Ezechia: Tu hai preservato la mia vita dalla fossa della distruzione, perché ti sei gettato dietro le spalle tutti i miei peccati (Is 38,17). Io ti ho offeso, ti ho trafitto con tanti peccati; ma tu non hai rifiutato di caricarti sulle spalle tutte le mie colpe. Io ho spontaneamente gettato l’anima mia ad ardere nell’inferno ogni volta che ho consentito ad un peccato grave: tu, a prezzo del tuo sangue, non hai mai smesso di liberarla e di procurare che non restasse perduta. Amato mio Redentore, ti ringrazio. Vorrei morire di dolore, pensando che ho tanto maltrattato la tua bontà infinita.

Amore mio, perdonami e vieni a prendere possesso del mio cuore. Tu hai detto che, se uno ti apre la porta, non rifiuti di entrare da lui e di restare in sua compagnia: Se qualcuno mi apre la porta, io verrò da lui e cenerò con lui (Ap 3,20). Se un tempo ti ho cacciato via da me, ora ti amo e non desidero altro che la tua grazia. Ecco, ora la porta è aperta: entra nel mio povero cuore e non partirtene più. Esso è povero ma tu, entrandovi, lo farai ricco.

O Regina del Cielo, io ho rattristato anche te, che hai condiviso gran parte dei dolori di Gesù. Madre mia, perdonami anche tu e ottienimi la grazia di esserti fedele, ora che, come spero, Gesù è ritornato nell’anima mia.

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da Novena del Santo Natale, Avvento, 12. 

Schmalzl M., Adorazione dei pastori - Particolare dal Messale 1906 (Raccolta Marrazzo).

 


[1] Margherita, detta “da Cortona” perché in questa cittadina toscana si era ritirata a fare penitenza e morì all’età di 50 anni nel 1297. Per nove anni era stata l’amante di un giovane nobile di Montepulciano e si era convertita in seguito alla morte improvvisa di lui.