Novena Beato Alfonso 1

1. PRIMO GIORNO (23 luglio)
Dalla nascita sino a che veste l’ abito Ecclesiastico.
(dall’ anno 1°  sino al 26° di sua vita).

L’esempio è il più forte stimolo per l’esercizio della virtù. Nella profana istoria si incontrano de’ personaggi, che sono divenuti grandi per seguire l’ altrui esempio. La storia Sacra, con più utile successo, anche è piena di tali esempi. Vaglia per tutti, e specialmente per i nobili, e ben formati animi la virtuosa condotta del Beato Alfonso Maria Liguori.

Nasce egli da ottimi genitori D. Giuseppe Liguori nobile Napoletano, e D. Anna Caterina Cavalieri Dama di Brindisi, ambedue di sperimentata virtù. A 29 Settembre del 1696 riceve il battesimo nella Chiesa de’ Vergini. Il Beato Francesco di Gironimo lo vede, e dice “Questo Bambino arriverà agl’ anni 90: sarà Vescovo, e farà gran cose nella Chiesa di Dio“.
Da fanciullo apprese i principi di un’ ottima educazione.  Imparò con sollecitudine i rudimenti della Religione. Si accostava due volte la settimana al Sagramento della penitenza. Di anni dieci ricevè la Sacra Eucarestia sotto la direzione del Padre Tommaso Pagano dell’ Oratorio. Assistè costantemente alla Congregazione de’ Nobili, e fu l’ esempio di D. Ercole e D. Gaetano suoi minori fratelli. Amò la solitudine. Ubbidì ai suoi Superiori senza contradizione alcuna.
Si portò una volta coi Padri dell’ Oratorio al casino del Principe della Riccia. Fu invitato ad un innocente gioco. Condiscese e vinse. Il compagno vinto proruppe in parole indecenti. Alfonso lo sgridò e lo lasciò. Si buttò in ginocchio innanzi ad un Immagine della Vergine, che egli stesso pose in una spalliera di busso, e verso sera ivi si trovò in estasi con serpresa de’ compagni.
Rapidi progressi egli fece nelle belle lettere, nella Poesia, nella Filosofia, e nel diritto Canonico e Civile. Nel mese di Gennaro del 1713 venne esaminato, e ricevè la Laurea Dottorale di anni 16. Coll’ aumento delle scienze crebbe sempre più nella pietà. Nel dì 15 Agosto 1715 si fè ascrivere alla Congregazione de’ Dottori, e la maggior sua occupazione fu nell’ assistenza degl’ infermi.
Nell’ Esposizione del SS. in tutte le Chiese di Napoli era un dolce spettacolo trovarlo sempre divoto, e fervoroso dell’ adorazione di Gesù Cristo. Si ritirò negl’ Esercizi Spirituali nel Collegio della Conocchia, ed il P. Baglione Gesuita, che ne fu il Direttore lo portava per esemplare a tutta la nobile gioventù. Si applicò alla conversione di uno schiavo, e lo convertì al Cristianesimo.

Sotto i due celebri Avvocati Perone e Jovera acquistò gran credito nell’ esercizio del foro, che dalla Capitale, e dal Regno concorrevano ad  affidare le cause più rilevanti ad Alfonso. Osservando i signori della Capitale le rare qualità di questo giovine ambiva ogni Principe di dargli la figlia in isposa. Il suo padre però aveva fissato le mire sulla nobil donzella D. Teresa di Liguori de’ Principi di Presiccio. Alfonso non rispose a tale proposta, ma si affidò al tempo, al consiglio ed all’ orazione.
Seguitò la sua applicazione del foro, ed in una causa feudale conoscendo, che l’ imiego di Avvocato non poteva eseguirsi senza qualche detrimento della conscienza, una mattina calò dal Tribunale dicendo: “Mondo ti ho conosciuto!”  Si ritirò in casa. Per tre giorni pianse innanzi a Gesù Crocifisso.
Ebbe allora la vocazione allo stato ecclesiastico. Uscì di casa, ed andò nella Chiesa della Redenzione de’ Cattivi; appese la sua spada all’ Altare di Maria Santissima. Si raccomandò a Monsignor Cavalieri suo zio, al Padre Pagano suo parente, e Direttore, ed all’ Abate Mira di S. Severino. Vinse le persuasive, e le minacce del padre. Superò le lagrime della madre. Rinunciò la primogenitura. Ricusò le nozze della Principessina del Presiccio. Si licenziò dal mondo, dalle dignità dalle grandezze, dai piaceri, e nel mese di Ottobre essendo di anni 26 vestì l’ abito ecclesiastico.

Ecco un Giovine, nobile, bello, simpatico, erudito, che dà esempio luminoso di virtù alla gioventù, che vuol profittare.

MEDITAZIONE PRIMA
Il Beato Alfonso eroico nel distacco dal Mondo 1. perché pieno d’ inganni; 2. perché pieno di pericoli.

I. PUNTO
Considera che il Beato Alfonso illuminato da Dio conosce il mondo come causa di infelicità, e d’ inganni. Vede i mondani con occhio di compassione. Ripete il detto dello Spirito Santo: Ut quid diligitis vanitatem, et quaeritis mendacium. Compiange la cecità di tanti servi del mondo, che cercano felicità, ma si trovano ingannati.
Egli da giovinetto comprende che il nostro cuore non si sodisfa nel possesso de’ beni del mondo, ma solo nel possesso di Dio. Il mondo per Alfonso e un’ apparenza degna di disprezzo. Il mondo per Lui è un padrone che inganna, promette molto, e nulla dona. Il mondo per Lui è un traditore, che paga con amarezza, ed afflizioni di spirito. Oh  quanti furono ingannati dal mondo, e si trovarono nell’ ultimo della vita senza mondo, e senza Dio!  Alfonso non cura i disprezzi del mondo: non desidera le grandezze del mondo. Lo disprezza,  lo abbandona, lo lascia. La sua mente, ed il suo cuore trova la felicità solo in Dio.
Oh beato chi considera il mondo come causa d’ infelicità, e si applica solamente, a considerare, ed amare la Maestà di Dio!
Mio Dio, fatemi conoscere, e fatemi allontanare dal mondo.

II. PUNTO
Considera che il Beato Alfonso conosce il mondo pieno di pericoli per la salvezza dell’anima. Egli sa che Gesù Cristo l’ ha dichiarato per suo nemico. Si ricorda spesso di quelle parole del Redentore dette ai suoi discepoli: Vos de hoc mundo non estis. Spesso ripeteva Alfonso: Se voglio essere seguace di Gesù Cristo debbo avere per nemico il mondo. Se voglio imitare i discepoli di Gesù Cristo debbo essere perseguitato dal mondo. Lo disse Gesù Cristo stesso. Si odit vos mundus, scitote, quia me priorem odio habuit. Il mondo è nemico dell’ anima.
Il mondo è nemico della grazia. Il mondo è nemico della virtù. Il mondo è nemico del cielo. Il mondo cerca la ruina di tante anime. Chi lo serve resta nella sua rete, e dal mondo è spedito all’ Inferno.
Questi erano i giusti sentimenti di Alfonso. Piangeva tante volte la ruina di tanti mondani: miseri disgraziati, e come non veggono i pericoli della loro dannazione?  Il mondo tiene apparecchiati pericoli nelle conversazioni, ne’ passeggi, ne’ teatri, ne’ cattivi compagni, nelle vanità delle donne, ne’ vili interessi, nell’ acquisto delle dignità: il mondano dove crede di trovare il sollievo ci trova la morte.
Il Beato Alfonso può dirsi di aver conosciuto, combattuto e di aver vinto il mondo. Felice chi siegue un tanto esempio. Metterà in sicuro l’ anima sua. Dunque sia il mondo considerato da noi pieno d’ inganni, e di pericoli, e si cerchi solo Dio, che dona pace, e sicurtà.
Mio Dio, fatemi desiderare ed amare solo Voi sommo, ed eterno Bene.

Affetti e preghiere
Apri gli occhi, o anima troppo ingannata dalle fallaci lusinghe del secolo. Mira a qual precipizio siano incamminati i  tuoi passi, se non richiami il pensiero dagli oggetti fugaci del mondo. Considera che fosti creata immortale. So che impedita da sensi non sei capace di rompere i lacci, che ti tengono avvinta alla terra. Ricorri con confidenza a Dio. digli con Davide: Adjutor meus es tu; Domine ne moreris.
Ricorri al Beato Alfonso, e digli col cuore: “O mio potentissimo Avvocato fate che io mi distacchi dalla terra. Rompete i lacci che mi tengono sotto la tirannia del mondo. Sgombrate da questa mente, e da questo cuore le falsità, che mi circondano. Concedetemi abborrimento a tutti i beni di questa vita. Fate che l’ anima mia trovi la sua felicità, e la sua sicurezza nell’ abisso delle grandezze di Dio. Guidatemi per la via della grazia, della virtù, e della gloria. Come salvaste tante anime nel tempo della vostra vita, così io spero per mezzo vostro vedermi salvo in Paradiso.

CANZONCINA composta dal Beato
Mondo più per me non sei,
Io per te non sono più;
Tutti già gli affetti miei
Gli ho donati al mio Gesù.
Ei m’ ha tanto innamorato
Dell’ amabil sua Bontà,
Che d’ ogni altro ben creato
L’ alma più desio non ha.

Mio Gesù, Diletto mio,
Io non voglio altro che Te.
Tutto a Te mi do mio Dio;
Fanne pur che vuoi di me.
Più non posso, o sommo Bene
Viver senza del tuo Amor:
Troppo già le tue catene
Mi han ligato, e stretto il cor.

L’ alma mia da te mia vita
Più fuggire ormai non può;
Da che fu da Te ferita
Già tua preda ella restò.
Se non sono io verme ingrato
Degno già d’ amarti più,
Caro mio, d’ essere amato
Troppo degno ne sei Tu

Dammi dunque, o mio Signore,
Quell’ amor che vuoi da me;
Ch’ io per paga del mio amore
Solo amor cerco da te.
Ah mio tutto, o mio bel Dio,
Il tuo gusto è il mio piacer;
D’ oggi innanzi il voler mio
Sarà solo il tuo voler.

Vieni o Dio, vieni a ferire
Questo tuo non più mio cor;
Fammi Tu, fammi morire
Tutt’ ardendo del tuo Amor.
Sposo mio, mia vita io t’ amo,
E ti voglio sempre amar:
T’amo, t’ amo, e solo bramo
Per tuo amore un dì spirar.

Massime e detti del Beato

  • Paragonate i beni del mondo a quelli del Cielo, e direte: Ciò che non è eterno è un nulla: Quod aeternum non est, nihil est.
  • Chi ama i beni sensibili è uomo carnale, ma non è ragionevole, né ha religione.
  • I beni del mondo devono servire all’ uomo; ma già l’ uomo deve servire ai beni del mondo.

Miracolo 1
I miracoli sono una pruova autentica della verità. La Chiesa nella canonizzazione dei Santi richiede i miracoli dopo morte, in conferma della vera virtù esercitata in vita. Morto appena il Beato Alfonso Maria Liguori cominciò Iddio a glorificarlo coi miracoli.
Giuseppe Maria Fusco fanciullo di circa un anno era tormentato da una malattia complicata, in modo che i Medici l’avevano già spedito. Una sua zia lo prese tra le braccia e lo portò nella Chiesa di S. Michele ove era esposto il cadavere del Beato. Buttò il fanciullo sul servo del Signore, ed immediatamente si vide guarito. Un suo zio Sacerdote D. Gaetano Fusco pieno di gioia gli diè una immagine del Servo di Dio, il fanciullo che non aveva sciolta la lingua, gridò dicendo: “Alfonso è Santo, Alfonso è in Cielo!”
Ecco come viene confirmata la Santità del Beato Alfonso con una confessione prodigiosa di un innocente fanciullo.

Un miracolo di S. Alfonso: ex voto del sig. Matteo Colavolpe di Atrani del 1847 (Pagani, Museo Alfonsiano).

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