S. Alfonso e l’esperienza ai “Cinesi” 1729

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6. S. Alfonso e l’esperienza ai “Cinesi” – 1729.

Incontri di S. Alfonso con la Misericordia di Dio
(seguendo le sue biografie)

6. S. Alfonso e l’esperienza ai “Cinesi” – 1729.

Viveva Alfonso con troppo rincrescimento nella casa paterna, e molto angustiato, vedendosi in mezzo al Mondo, ed altro non sospirava, per gustare con Dio quella pace, che godere non si può tra i tumulti del secolo, che una cella romita, lontana da ogni occasione.
E Iddio. che sempre lo favoriva ne’ suoi santi disdegni, anche in questo gli diede un mezzo, per cui le sue brame restarono soddisfatte.
Era già ritornato con sua gloria dalla Cina fin dal Novembre del 1724 quel Uomo tutto di Dio, e tutto zelo per le Anime, il famoso Missionario D. Matteo Ripa… portò seco di là un dottor Cinese, con quattro ferventi Giovanetti con idea di voler fondare in Napoli un Collegio di quei nazionali.
Benedisse Iddio le sue rette intenzioni, ed a’ 14 Aprile 1729 aperta si vide in Napoli, non senza suoi gravi stenti e travagli, ma con soddisfazione non poca del Sommo Pontefice Benedetto XIII, e con non minor compiacimento dell Augusto Carlo VI questa Missione Cinese.
Esaminando Alfonso l’eccellenza dell’Opera, e le rare qualità del Fondatore, il gran fervore, che vi era tra quei Congregati, così Cinesi, che Napoletani, e come Gesù Cristo veniva amato da tutti tra la povertà, e l’incomodo, risolvette unirsi al Ripa, e partecipare anch’esso in qualità di Convittore de’ primi fervori di quel santo luogo.
Vi fu ammesso Alfonso con consolazione così sua, che di quei Congregati verso la metà di Giugno del medesimo anno 1729.
Questa risoluzione fuori di aspettativa, anche dispiacque e non poco a D. Giuseppe suo Padre, ricrescendogli il vedersi privo della presenza di un figlio, ch’ei considerava, non più come figlio, ma come Angelo visibile di Casa sua. Se ne afflisse si, ma non ebbe cuore di contraddirlo.
Oltre alle penitenze che Alfonso volontariamente si addossava, vi erano quelle della piccola Congregazione, perché tutto era patimento e miseria.
Tra questi patimenti (e non potevano essere da meno in una Comunità nascente) non solo non si vide in Alfonso alcun rincrescimento, che anzi godeva di patire, e confortava gli altri a volerli soffrire, per così farsi Santi, e dar gusto a Dio.
L’unico cibo fra queste penitenze, che godeva Alfonso e lo sollevavano nello spirito, era pregare, e leggere Vite dei Santi: con queste si istruiva e si animava ad imitarli, e coll’orazione si accendeva di maggior desiderio in amare Dio. 

(Tannoia, Della vita ed istituto del venerabile Servo di Dio Alfonso Maria Liguori – Libro Primo, Cap. XV).
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Ai Cinesi, Napoli 1727 – L’unico cibo che godeva Alfonso e lo sollevavano nello spirito, era pregare, e leggere Vite dei Santi: con queste si istruiva e si animava ad imitarli, e coll’orazione si accendeva di maggior desiderio in amare Dio.