S. Alfonso. La bilancia di Dio

GiubileoAlfo1

190. S. Alfonso. La bilancia di Dio.

Pagine Alfonsiane sulla Misericordia

190. S. Alfonso. La bilancia di Dio.

♦ Bisogna valutare le cose con la bilancia di Dio, non con quella del mondo, la quale inganna. I beni terreni sono troppo miseri per appagare l’anima e finiscono presto: I miei giorni sono stati più veloci di un corriere, sono passati in fretta come le navi che portano frutta (Gb 9,25-26 Vg).
♦ I giorni della nostra vita passano di corsa e, alla fine, cosa rimane dei piaceri di questa terra? Sono passati in fretta come le navi. Quando passano, le navi non lasciano nessun segno; così è la nostra vita: E’ come una nave che solca l’acqua agitata, senza lasciare traccia.
♦ Se ai ricchi, ai letterati, ai principi e agli imperatori, che ora sono nell’eternità, noi domandassimo cosa rimane loro del lusso, dei piaceri e delle grandezze godute sulla terra, tutti risponderebbero: “Niente, niente”.

♦ Per questo sant’Agostino ci esorta dicendo: “Fratello mio, tu guardi soltanto i beni che quel tale possedeva. Osserva invece cosa si porta con sé quando muore: solo un cadavere e uno straccio di veste, destinata a marcire con lui!”
Quando  i grandi del mondo muoiono, se ne parla per un po’ di tempo, poi se ne perde anche il ricordo: E’ svanito il ricordo di essi, insieme allo strepito (Sal 9,7 Vg).
♦ E se poi questi disgraziati andassero all’inferno? Piangerebbero dicendo: Che cosa ci ha giovato la nostra superbia, o la spavalda ricchezza? …Tutto questo è passato come ombra (Sap 5,8-9): a che cosa ci sono serviti il lusso e le ricchezze, ora che tutto è passato come un’ombra e non ci rimane altro che pena, pianto e disperazione eterna?

Se vogliamo capire quanto valgono i beni di questa terra, guardiamoli dal letto di morte e ci renderemo conto che gli onori, i divertimenti, i guadagni, tutto un giorno finirà. Quindi dobbiamo cercare di farci santi e ricchi solo di quei beni che ci accompagneranno e ci renderanno felici per tutta l’eternità.

(S. Alfonso, Apparecchio alla morte, XIII, 2)
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Mio Redentore, tu hai sofferto tante pene e ignominie per amor mio; io invece ho amato i piaceri e le vanità della terra, e a causa di essi sono giunto a calpestare molte volte la tua grazia! Dio dell’anima mia, d’ora in poi non voglio più darti nessun dispiacere, neppure leggero, e voglio amarti davvero.